martedì 26 luglio 2011

Appello urgente per Lydia Cacho!!!


Torno da un lungo periodo di assenza per impossibilità di connettermi a internet e trovo questo appello urgente di Amnesty International:

Lydia Cacho, giornalista e attivista dei diritti umani che vive a Cancún, stato del Quintana Roo, nel sud est del Messico, è stata nuovamente minacciata di morte via email e per telefono. Si teme per la sua incolumità.


Il 14 giugno Lydia Cacho ha ricevuto minacce di morte in un'email indirizzata alla Fondazione Lydia Cacho, che ha sede in Spagna. Tre giorni dopo, ha ricevuto un'altra minaccia, questa volta al telefono, da uno sconosciuto. In entrambi i casi è stato fatto riferimento al suo lavoro come giornalista; le è stato chiesto di non parlare altrimenti sarebbe stata uccisa e chi l'ha minacciata ha sottolineato che quello era l'ultimo avvertimento. Le minacce sono state denunciate sia in Messico (presso la Dirección General de la Policía) sia in Spagna (presso la Guardia Civil).


Lydia Cacho ha iniziato a subire minacce e intimidazioni dopo la pubblicazione di un libro nel 2005, nel quale denunciava un circuito di pedopornografia, che operava nonostante politici e uomini d'affari dello stato di Quintana Roo e di Puebla ne fossero a conoscenza e, anzi, con la loro protezione.


Dopo essere stata accusata di diffamazione e a seguito di procedimenti giudiziari irregolari, Lydia Cacho è stata arrestata, nel dicembre 2006, stata minacciata e maltrattata. Conversazioni telefoniche registrate, e successivamente pubblicate da alcuni organi di stampa, hanno dimostrato il coinvolgimento di ex funzionari governativi di alto livello dello stato di Puebla nell'arresto e nei maltrattamenti della donna. Negli anni successivi ha continuato a ricevere minacce, spesso come ritorsione al suo lavoro di giornalista e attivista dei diritti umani delle donne in una struttura di Cancún.


Nel 2009 la Commissione interamericana dei diritti umani ha chiesto al governo messicano di fornirle misure di protezione. Nel 2010, Lydia Cacho ha pubblicato un altro libro, portando alla luce ancora una volta la tratta di donne e ragazze e facendo i nomi delle persone presumibilmente legate a queste reti criminali.


Lydia Cacho è stato nominata per il premio Martin Ennals 2007, che viene assegnato ai difensori dei diritti umani.


Roberto Saviano, che è stato tra i primi ad aver aderito aderire al nostro appello, ci ha parlato di Lydia come "un esempio per chi vuole fare giornalismo. [...] una donna coraggiosa che ha sopportato prigione e tortura per aver difeso una minoranza cui nessuno prestava ascolto, per aver portato attenzione sui soprusi che le donne e i bambini sono costretti a subire in Messico e nelle aree più disagiate del mondo. Ha fatto informazione dove non ce n'era e coraggiosamente si è esposta a enormi rischi denunciando imprenditori criminali e uomini politici. L'importanza del suo atto di denuncia ha valenza universale perché ovunque lo stato è debole, ovunque c'è spazio per l'illegalità, le prime vittime sono le donne e i bambini...".

Approfitto per segnalare una recensione che mi è molto piaciuta di Schiave del potere trovata qui


lunedì 20 giugno 2011

La prostituzione non è quello che pensi


Pubblico qui un interessante video-clip di un minuto realizzato in tutte le lingue europee nell'ambito della campagna della European Women's Lobby - organizzazione per la parità di genere che unisce più di 2500 associazioni in circa 30 Paesi - dal nome "Insieme per un'Europa libera dalla prostituzione". La campagna tende a far conoscere come la prostituzione non è quello che si pensa - un rapporto commerciale paritario e magari un po' glamour - ma è un sistema che produce violenza spesso molto grave, sfruttamento, violazione di diritti umani basilari. Un sistema che è figlio delle discriminazioni di genere che a sua volta contribuisce a perpetuare. Un'Europa che vuole mettere in primo piano la promozione delle pari opportunità e mettere fine alla discriminazione sessista deve mettere l'impegno contro il sistema dello sfruttamento della prostituzione all'ordine del giorno. Non con i provvedimenti repressivi contro le prostitute di cui vediamo esempi quotidiani nel nostro come in molti altri paesi europei oppure liberalizzando lo sfruttamento come di fatto è avvenuto in Olanda. Ma con un orientamento che metta al centro la riduzione della domanda di prostituzione e l'educazione a un diverso rapporto tra i generi.
L'EWL raccoglie anche delle firme per questa campagna a questo indirizzo.
Mi sembra interessante in questo video l'aver rappresentato un uomo che si prostituisce. Perché a volte far vedere una realtà rovesciata, fa capire meglio le cose, in un mondo come il nostro in cui un'ottica sessista generalizzata non permette a volte di percepire la realtà.


Prostitution def italien from Black Moon prod on Vimeo.


venerdì 20 maggio 2011

500 storie vere


E' uscito da poco il secondo libro di Isoke Aikpitanyi, coraggiosa attivista nigeriana che opera a favore delle vittime della tratta nel nostro Paese, fondatrice col suo compagno del progetto "La ragazza di Benin city".
Lo segnalo, nell'attesa di leggerlo al più presto e di recensirlo qui sul blog.

Si tratta di una inchiesta molto ben documentata con 500 storie vere di ragazze schiavizzate nel nostro Paese dal connubio tra criminalità nigeriana e italiana e nella pressocché totale acquiescenza delle istituzioni, delle forze dell'ordine - che troppo spesso diventano a loro volta carnefici - e dei media che poco denunciano il fenomeno, compresi i tanti omicidi di molte ragazze.

La schiavitù a fini di sfruttamento prostituzionale riguarda le nigeriane, ma anche tante altre ragazze immigrate dai paesi dell'Est Europa, dalla Cina, dall'America latina. Troppo spesso da noi il dibattito sulla prostituzione non tiene conto a mio avviso abbastanza di questo aspetto del problema da cui invece dovrebbe partire ogni analisi sul tema. Si oscilla su questi argomenti tra l'approccio liberale e quello ipocritamente scandalizzato per la decenza sulle strade, entrambi drammaticamente errati e dannosi quando si assume il punto di vista delle vittime dell'industria del sesso.

Riporto di seguito una interessantissima intervista del 2008 ad Isoke Aikpitanyi, e un link a un'intervista più recente.

IN STRADA NON CI SONO PROSTITUTE MA SCHIAVE

Il problema non è la prostituzione e non è la clandestinità

La maggior parte delle ragazze che si prostituiscono nelle strade italiane sono vittime della tratta e sono schiave. Bisogna liberarle e basta, il che vuol dire offrir loro una concreta via di uscita. La via di uscita non può esser permetter loro di prostituirsi in quartieri a luce rossa o in aree "protette", perché saranno sempre i trafficanti a gestire tutto. E non può essere proporre loro di fare delle cooperative e di autogestirsi come prostitute, perché non sono venute a fare le prostitute, quindi se offriamo loro solo questa opportunità, non le liberiamo. Molte "sembrano" determinate a prostituirsi solo perché si sono rassegnate e adattate, perché non possono fare altro, spesso non hanno istruzione e sempre sono respinte dalla società.

Non sono delle criminali, ma delle vittime. Non sono io a dire queste cose, non io sola. Sono solo una voce, ma sono la voce dell’unica associazione vittime ed ex vittime che esiste. Perché politici, operatori sociali, preti e suore, poliziotti, giornalisti tutti vogliono dire la loro e non ascoltano noi? Come si può affrontare un problema e pensare di risolverlo senza ascoltare i protagonisti.

Io, come tante, come quasi tutte quelle che sono uscite dalla tratta, ho atteso a lungo prima di trovare una via di uscita che non mi era offerta; neanche quando mi hanno quasi uccisa perché ho detto il mio NO ai trafficanti, qualcuno mi ha teso una mano e allora è chiaro che da anni ciò che si fa "a favore" delle vittime della tratta è sbagliato o non risolve un bel nulla. Questa è la verità.

Retate, CPT, galera, rimpatri… quel che sta facendo o vuol fare il governo non è una novità, lo hanno fatto tutti i governi, solo che oggi se ne parla di più e se ne faranno di più.

Ma non si dica che così si liberano le schiave, perché è vergognoso raccontare bugie così grosse a persone che muoiono come mosche per arrivare qui, che qui sono uccise da trafficanti e balordi (più di 200 in tre anni), che qui sono massacrate di botte e solo a volte vanno in ospedale, che quando ci vanno è perché sono in condizioni gravissime, che abortiscono in modo terribili, che partoriscono e si vedono togliere i figli o dai servizi sociali o dai trafficanti che li tengono come ostaggi, che devono pagar un debito che arriva a 80 mila euro, che sempre più spesso sono minorenni, che sono senza istruzione e senza cultura, che credono in demoni tribali, che qui si ammalano, che qui sono stuprate ogni giorno, ecc. ecc. E il problema sarebbe la prostituzione?

Gli italiani vedono solo quella, e questo è vergognoso… non il fatto che tante giovani stiano in strada. Queste ragazze non sono un pericolo, ma vivono ogni giorno in pericolo. E i clienti? Ci si renda conto che il maggior numero di ragazze che esce dalla tratta è sostenuta da un cliente-ex cliente-amico-fidanzato-marito. Ma come? I clienti alimentano la domanda e sono responsabili della tratta ma sono anche la risorsa più concreta per le ragazze che vogliono tirarsi fuori? Segno evidente, anche questo, che la risposta data dalla politica e dalla società al problema delle vittime della tratta in genere non è adeguata.

Isoke Aikpitanyi

Associazione vittime ed ex vittime della tratta del Progetto la ragazza di Benin City


da http://www.storiemigranti.org/spip.php?article300


Link a un'altra intervista:


http://www.noppaw.net/?p=261

mercoledì 18 maggio 2011

Dieci fatti sulla prostituzione


Sul sito di Turn off the red light - campagna per l'abolizione di prostituzione e tratta in Irlanda - è riportato un interessante decalogo di dieci fatti sulla prostituzione che smitizzano altrettanti dieci miti, diffusi nel senso comune. Il decalogo è preso da una campagna inglese di ispirazione simile, Demand change.
Sotto ne riassumerò i punti.

Un breve preambolo: la campagna irlandese - promossa da associazioni anti-tratta, associazioni di donne, di uomini, di immigrati e che trova l'appoggio di diversi esponenti politici - mira all'approvazione di una legge simile a quella svedese (leggi di questo tipo oltre che in Svezia, dove è in vigore dal 1999, sono già state approvate in diversi paesi del nord Europa, come Lituania, Estonia, Islanda e Norvegia). In pratica si tratta di rendere punibile penalmente l'acquisto di prestazioni sessuali - e ovviamente lo sfruttamento - decriminalizzando invece completamente la vendita e quindi non perseguendo chi si prostituisce. Notevole passo avanti rispetto ai provvedimenti repressivi per la "decenza stradale" del nostro Paese dei sindaci-sceriffi (per fortuna su questo punto il pacchetto sicurezza ha recentemente avuto uno stop dalla Corte costituzionale) che vanno a colpire chi si prostituisce, mentre ipocritamente non si fa nulla, anzi, si finisce per favorire la domanda diffondendo ovunque un'immagine di donna-merce a disposizione e troppo poco si perseguono gli sfruttatori. Il progetto francese Choisir, che promuove l'approvazione nei paesi dell'Unione europea delle 14 leggi più favorevoli alle donne, ha scelto sulla prostituzione la legge lituana.

Sono convinta che qualunque legge possa fare ben poco o rivelarsi addirittura un boomerang, se non supportata da una complessiva azione socio-culturale ed educativa per le giovani generazioni che miri a un diverso rapporto tra i generi e a una libera sessualità, non manipolata dagli affaristi dell'industria del sesso, abbattendo gli stereotipi a causa dei quali la donna è vista come oggetto da poter comprare, usare o abusare.
Mi sembra tuttavia più che positivo che lentamente si stia affermando una visione diversa della prostituzione: non più un fatto inevitabile e "naturale" - il cosiddetto mestiere più antico del mondo - ma un prodotto "culturale", nato da una società da secoli organizzata secondo il dominio maschile, dominio che nuoce alle donne, ma anche agli uomini e che mina e imbriglia la libera espressione sessuale e temperamentale di ogni essere umano. Come acutamente afferma Lydia Cacho, il vero mestiere più antico del mondo è quello del protettore, non quello della prostituta.
Il secondo aspetto positivo mi sembra lo spostamento del focus dalla prostituta alla domanda di prostituzione, il cui abbattimento soltanto può davvero incidere sulla lotta alla tratta e allo sfruttamento sessuale di tante donne e bambine nel mondo.

Veniamo ai punti del decalogo, che qui si può leggere integralmente.

1. Il primo punto afferma che la prostituzione non è una questione di "scelta", come comunemente si dice. Si tira in ballo sempre la libera scelta della donna, così da lavarsi la coscienza, dimenticando che "molte donne hanno "scelto" di entrare nella prostituzione a causa della mancanza di scelta e che un grande numero è stata costretta da protettori o trafficanti". Inoltre sono altissime le percentuali di prostitute che hanno avuto abusi a partire dall'infanzia e la grande maggioranza delle intervistate in diverse inchieste dichiara che vorrebbe uscirne, ma spesso non sa come. In ultima analisi, l'unico che esercita di sicuro una libera scelta è l'uomo che acquista sesso e la sua scelta non fa che espandere la prostituzione e alimentare la tratta per lo sfruttamento sessuale.

2. Il secondo punto - molto interessante - è che la prostituzione non ha nulla a che vedere col sesso. Spessissimo si allude alla prostituzione come qualcosa di "libero" e "glamour", piacevolmante trasgressivo. Ma la prostituzione ha invece molto più a che fare con lo sfruttamento, la violenza e l'abuso. Le percentuali di donne prostitute che subiscono strupri da clienti e protettori è altissima, così come quella di prostitute dipendenti da droghe o affette da disordine da stress post-traumatico.

3. Nel terzo punto si demitizza la convinzione che liberalizzare del tutto la prostituzione (come attualmente in Olanda, ad esempio) possa rimuovere i danni e gli abusi causati dalla prostituzione sulle donne.

4. Nel quarto punto si dice che non è necessario regolamentare o decriminilazzare completamente la prostituzione per ottenere una migliore protezione per le donne. Sarebbe sufficiente che le forze dell'ordine facessero semplicemente il loro dovere nel punire la violenza, indipendentemente da chi la subisca. La legalizzazione conduce all'espansione dell'industria del sesso, senza eliminare le violenze.

5. Nel quinto punto si dice che c'è unanime accordo tra tutti i gruppi attivi di donne sul fatto che chi vende atti sessuali non deve essere colpito in alcun modo.

6. Nel sesto punto si smitizza la credenza diffusa che legalizzare la prostituzione possa rimuovere lo stigma che esiste contro queste donne. Lo stigma in effetti è proprio strutturale a un sistema che notoriamente è misogino e basato su una visione della donna in generale ben diffusa tra protettori e clienti come oggetto di piacere da usare e disprezzare allo stesso tempo. Si dice in questo punto che "normalizzare la prostituzione rende invisibile l'abuso, e trasforma protettori e clienti in affaristi e legittimi consumatori". Riconoscere la prostituzione "un lavoro come un altro" chiude gli occhi sulla violenza, la povertà e l'emarginazione che conducono generalmente le donne nella prostituzione e ostacolerebbe l'azione di tutte le associazioni che supportano le donne per aiutarle a uscire dal giro. "Perché dovrebbero servire strategie per uscire da un normale lavoro?".

7. Nel settimo punto si dice che legalizzare la prostituzione indoor non mette al sicuro le donne, essendoci spesso maggiori violenze e controllo delle donne proprio al chiuso.

8. Nell'ottavo punto si dice che decriminalizzare la prostituzione diffonde il messaggio che quest'ultima è innocua.
"Legalizzare o decriminalizzare completamente l'intera industria diffonde un messaggio per le giovani generazioni di ragazzi e uomini che le donne sono oggetti sessuali e che la prostituzione è un innocuo divertimento. E' questo che vogliamo, che i giovani uomini crescano con l'idea che è normale per un uomo avere il diritto su una donna di usarla come merce sessuale? Che significato hanno i nostri sforzi per combattere le molestie sessuali e la violenza domestica maschile, sul lavoro e in strada se gli uomini possono comprare il diritto ad esercitare lo stesso tipo di atti su donne e bambine prostituite? Legalizzare o decriminalizzare l'intera industria della prostituzione normalizza un'estrema forma di subordinazione sessuale, legittima
l'esistenza di donne di "serie b", rinforza il dominio maschile, e mina le lotte per la parità tra i generi. E' tempo ormai di iniziare a contrastare gli atteggiamenti di chi trova accettabile vedere e trattare le donne come oggetti sessuali contrastando la domanda di servizi sessuali a pagamento".

9. 10. Negli ultimi due punti si dice che, mentre la legalizzazione ha portato ad un'espansione dell'industria del sesso e della tratta, leggi come quella svedese che colpisce l'acquisto di sesso a pagamento, hanno invece portato a una riduzione notevole del fenomeno. "In Nuova Zelanda la completa decriminalizzazione ha portato a un'espansione del settore illegale che ammonta all'80% dell'industria complessiva e secondo il sindaco di Amsterdam "è impossibile creare una zona sicura e controllabile per le donne che non sia suscettibile a infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali". Al contrario in Svezia "c'è stata una significativa riduzione della tratta e della prostituzione con una stasi nel reclutamento di nuove donne".

giovedì 12 maggio 2011

Il corpo delle donne

Da un po' di tempo è iniziata da parte della redazione del programma "Striscia la notizia" un'azione aggressiva e mistificatoria contro il lavoro di Lorella Zanardo e dei suoi collaboratori che - per primi nel nostro Paese - hanno sollevato il problema della rappresentazione umiliante, mercificante e caricaturale della donna nella televisione italiana.
L'azione è andata da un vero e proprio plagio del documentario "Il corpo delle donne" (autoprodotto dal basso senza sponsor e visto da milioni di persone in Italia e all'estero) fino alla recentissima "aggressione fisica" ai danni di Lorella Zanardo.


Trovo questi espisodi di una gravità inaudita e sono anche convinta che questa denigrazione non potrà fermare il vasto movimento e dibattito che si è creato nel web e nel Paese in seguito al documentario (e poi al libro omonimo) sulla necessità del rispetto dei diritti basilari delle donne ad una rappresentazione mediatica non oltraggiosa, stereotipata e sessista. Necessità peraltro promossa da diverse risoluzioni europee, come quella del 3 settembre 2008.


Anzi, tutto questo rumore fa capire quanto il lavoro della Zanardo sia stato davvero dirompente e importante, dando fastidio a molte persone di potere che lucrano sull'uso e abuso del corpo delle donne nella comunicazione mass-mediatica.

In questo post mi unisco alle tanti voci che esprimono in queste ore solidarietà a Lorella Zanardo.

Innanzitutto riposto qui il link al documentario, che diffondo e continuerò sempre più a diffondere tra tutti quelli che conosco:


http://www.ilcorpodelledonne.net/?page_id=89


Invito inoltre tutti ad aderire alle azioni di protesta in atto, come scrivere a Striscia la notizia e soprattutto alle ditte che pubblicizzano i loro prodotti all'interno del programma per comunicare che si aderisce al boicottaggio.
Qui sotto un
modello che è stato diffuso in rete e gli indirizzi utili a cui scrivere:

"Spettabile Ditta ***

Scrivo per segnalare che “Striscia La Notizia”, uno dei programmi Mediaset da voi sponsorizzato, da molte settimane sta intraprendendo un tentativo di intimidazione e stalking mediatico ai danni di alcune giornaliste e blogger che, da anni, portano avanti una campagna di sensibilizzazione riguardo ai diritti delle donne e delle bambine e alla loro rappresentazione mediatica.

“Striscia La Notizia” ha piu’ volte attaccato la giornalista di Newsweek Barbie Nadeau, la scrittrice e giornalista Loredana Lipperini, la blogger Lorella Zanardo, assieme anche ad altre intellettuali e scrittrici rifiutando tuttavia sistematicamente un confronto diretto e civile con chi si batte per il miglioramento della condizione femminile in Italia e ha come unica colpa il fatto di aver esercitato il proprio diritto di critica nei confronti del programma di Antonio Ricci. I tentativi intimidatori sono culminati, ieri sera, con un’aggressione verbale alla signora Zanardo, dopo ore di appostamento (il servizio sulla signora Zanardo dovrebbe essere trasmesso stasera o nei prossimi giorni).

A causa di quanto premesso, ritengo che sia estremamente dannoso per l’immagine di qualsiasi azienda sponsorizzare o associare la propria immagine a quella del programma “Striscia La Notizia”. Per questa ragione ho deciso, da questo momento in poi, di evitare di usufruire dei prodotti e dei servizi delle aziende che acquistano spazi pubblicitari all’interno di “Striscia La Notizia” o decidono di utilizzare conduttori e collaboratori del suddetto programma come testimonial. Cerchero’ inoltre di diffondere fra amici, conoscenti e in rete quanto esposto in questa mail, in modo da coinvolgere in questa iniziativa quante piu’ persone possibili, poiche’ il modo in cui la televisione propone l’immagine delle donne e delle bambine e’ un problema di tutti ed influenza pervasivamente anche aspetti delle nostre vite che con la televisione non hanno a che vedere. Vi suggerisco, in conclusione, di considerare altri programmi per i vostri spazi pubblicitari.

Gentili Saluti,

Firma"

Ditte a cui inviare la missiva:

1) Per NUTRIETICA potete usare questo link

www.nutrietica.org/?page_id=4

2) Per Vision Ottica, ho trovato indirizzi cartacei, fax e una mail

SEDE LEGALE E UFFICI AMMINISTRATIVI

Piazza della Vittoria 15/1

16121 Genova

Tel. 010 5954 900 begin_of_the_skype_highlighting 010 5954 900 end_of_the_skype_highlighting

Fax 010 5954 914

UFFICIO COMMERCIALE

Via Ripamonti 44

20141 Milano

Tel. 02 92885 300 begin_of_the_skype_highlighting 02 92885 300 end_of_the_skype_highlighting

Fax 02 92885 348

info@visionottica.it

3) Per Gabetti (Tree Group), ho trovato questo link

www.gabetti.it/Contattaci/index.aspx

4)Per Professione Casa (Tree Group)

Direzione Professionecasa SpA

via Quaranta 40

20139 Milano

Telefono +39 02-89046800 begin_of_the_skype_highlighting +39 02-89046800 end_of_the_skype_highlighting

Fax +39 02-00625893

professionecasa@professionecasa.com

5) Per Grimaldi (Tree Group), potete usare il link:

www.grimaldifranchising.it/grimaldi-contatti.asp

6) Per maxdesign ho trovato l’email:

info@maxdesign.it

per le vendite in Italia info.italia@maxdesign.it

presi da qui, ci sono anche numeri di telefono http://pdf.archiexpo.it/pdf/maxdesign/new-colours-2010/5005-52051-_33.html

venerdì 22 aprile 2011

Altri schiavi


Segnalo un interessante articolo di Alessandro Leogrande sul nuovo schiavismo contemporaneo del capitalismo neoliberista globalizzato.
L'articolo fa riferimento oltre che all'inchiesta di Skinner Schiavi contemporanei. Un viaggio nella barbarie al libro di Lydia Cacho Schiave del potere, la cui lettura ha dato ispirazione a questo blog e di cui Leogrande fa una recensione molto ben fatta.
Sul nostro argomento cito dall'articolo due passi che mi sembrano molto acuti (il grassetto è mio):

La schiavitù di centinaia di migliaia di donne e bambine – scrive l’autrice – è strettamente intrecciata al maschilismo e alla misoginia su scala globale, al dominio sul corpo delle donne. La prostituzione schiavistica è solo la punta dell’iceberg di un enorme processo di reificazione del corpo delle donne, che in altre parti del mondo e in altri luoghi assume connotati più soft, benché altrettanto inquietanti (basti pensare a quanto emerge dall’inchiesta in corso che riguarda le “feste” del nostro presidente del Consiglio). È solo l’altra faccia della medaglia del dominio della pornografia nelle immagini e nei linguaggi, televisivi e reali.


Per questo, come scrive Lydia Cacho, serve non solo il lavoro delle associazioni non governative (e, per il lavoro forzato, dei sindacati), ma una grande rivoluzione culturale. In un caso contro il maschilismo e le forme più retrive del dominio maschile. Nell’altro contro le forme più insopportabili di controllo e annientamento fisico e psicologico dei lavoratori.


Qui un'intervista di un paio di anni fa a Leogrande sul suo libro Uomini e caporali che tratta delle nuove forme di caporalato e lavoro schiavistico che coinvolgono immigrati dell'Europa dell'est in Puglia.

mercoledì 20 aprile 2011

A.A.A. Offresi schiava del sesso prezzi modici


Sto leggendo da un po' di tempo "Sex trafficking" di Kara Siddarth, una interessante inchiesta molto ben documentata sulla tratta a scopo di sfruttamento sessuale, fenomeno di dimensioni mondiali e in continua crescita.
Nel libro c'è anche un capitolo dedicato all'Italia di cui tornerò senz'altro a parlare nel blog.
Tra le mille contraddizioni di un Paese che non fa praticamente nulla per combattere lo sfruttamento della prostituzione pur sulla carta perseguibile penalmente, Kara si è imbattuto, grazie all'amica Daniela Mannu dell'associazioneTampep, negli annunci personali (cuori solitari, amicizie, ecc..) presenti sui principali quotidiani. Secondo la Mannu, questi annunci sono una miniera per scovare lo sfruttamento della prostituzione indoor (in appartamenti, club, centri massaggi e simili) molto più invisibile ovviamente di quello di strada.

Scrive Kara:

In annunci come "Susy bellissima ventenne, appena arrivata, dolce e sexy" Daniela mi ha fatto notare la parolina magica "appena arrivata" che spesso significa "fresca vittima di tratta". Un'altra espressione come "no stop tutto il giorno" significa che nell'appartamento/bordello lavorano diverse ragazze. "


In effetti, ho potuto constatare di persona quanti annunci di questo tipo ci siano sui quotidiani con la cronaca della mia città, scritti incredibilmente in perfetto italiano a nome di ragazze dei più svariati paesi del mondo. La nazionalità viene infatti sempre riportata, come se si trattasse di una varietà di prodotto da supermercato.
In Spagna - incontrando non poche polemiche - il governo Zapatero ha proposto una legge che vieta gli annunci "hot" sui quotidiani, proprio perché dietro di essi si nascondono non di rado crimine e violenza contro donne e ragazzine che fruttano profitti enormi a sfruttatori e trafficanti. E' interessante notare come, oltre che da alcuni collettivi di prostitute, la reazione negativa sia venuta dagli stessi giornali, che in Spagna su questo tipo di annunci guadagnano in entrate pubblicitarie la non modica cifra di 40 milioni di euro l'anno.
Senza entrare nel merito dell'utilità o meno della proposta spagnola nella lotta alla tratta di donne, mi chiedo però come è possibile dare per scontato e pacifico che possa essere permesso pubblicizzare dei crimini in modo tra l'altro anche abbastanza evidente. E che spesso e volentieri lo stesso quotidiano che ospita quegli annunci e ci guadagna disquisisca poi di diritti umani.