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venerdì 30 settembre 2011

Come tornare indietro di cinquant'anni

Da un po' di tempo ho notato la grande diffusione in articoli di giornali e portali online, in affermazioni di opinionisti e nella letteratura per teenagers, di una sorta di apologia e normalizzazione della prostituzione femminile, come se si trattasse di una manifestazione di libertà sessuale e nel contempo di furbizia consistente nel "far fruttare la fortuna su cui sei seduta". Sì, ho trovato scritto proprio così, non ricordo dove.

Un esempio particolarmente scioccante mi è venuto dalla lettura qualche giorno fa sul "Corriere dell'Università job", un mensile che arriva nel mio ateneo, di un articolo che mostra la prostituzione delle studentesse come una simpatica e più remunerativa alternativa ai vecchi lavoretti part-time:

Ecco due passi particolarmente "illuminanti":

"Diverso è invece quando le incontri su internet, quando raccontano di volersi aprire a nuovi incontri perché hanno bisogno di pagare l’affitto anche questo mese o perché hanno semplicemente capito che il divertimento a volte paga. Di mattina sono testa, di sera quando si collegano in chat o lasciano annunci e foto in siti creati apposta per loro, diventano corpo."

"Non dimenticare che come sugar baby parte di ciò che offri risiede in una relazione leggera e divertente, scevra di conflittualità. Una delle principali ragioni per cui si cercano le sugar babies è il sollievo di una donna che ti allontani dallo stress."

Quest'ultimo brano è preso dal decalogo di Brandon Wade (interamente pubblicato dal giornale) un uomo che negli Stati Uniti ha creato un sito (e ci si è arricchito) che è un vero e proprio bordello online e a cui il giornale non si preoccupa di fare indiretta pubblicità, nonostante in Italia sfruttamento, favoreggiamento e induzione alla prostituzione siano (ancora?) reati.

Del resto, che esista lo sfruttamento anche nell'ambito della prostituzione studentesca è confermato dalle cronache quotidiane ( che purtroppo sfuggono ai più) come in questo articolo:

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/06/18/news/reclutavano_prostitute_tra_le_studentesse_bologna_arrestati_due_sfruttatori-17879296/

Dei due brani sopra faccio notare solo una cosa: come viene presentata oggi la sessualità e il ruolo femminile, nonostante la rivoluzione femminista e le grandi conquiste che ci sono state verso la parità socio-economico-culturale. Per una giovane ragazza a quanto pare dovrebbe essere addirittura motivo di divertimento intrattenersi - invece che con uno o tanti uomini che la attraggano - con un vecchio o maturo signore facoltoso non cercato da lei per attrazione fisica, ma subendo il suo corpo dietro compenso monetario. Addirittura, questo significherebbe per lei "diventare corpo". Insomma, ancora una volta il corpo femminile visto come inerte oggetto del desiderio, non capace e desideroso di soddisfazione soggettiva. E quale deve essere alla fine il suo ruolo? Essere di sollievo a un uomo ricco allontanandolo dallo stress, secondo l'illuminante pensiero di Wade. Non quindi reclamare il proprio diritto - nell'ambito di una crisi economica che si sta facendo pagare particolarmente alle giovani donne - a un lavoro ben retribuito che la renda autonoma e le faccia dispiegare il proprio talento. Ma, ancora una volta, far dipendere il proprio mantenimento, sia pure per gli svaghi e il lusso da un uomo o tanti uomini che siano, loro sì detentori di loro proprie ricchezze.

E questa sarebbe la modernità, la libertà sessuale contro ogni moralismo bacchettone?

Come più di cinquant'anni fa, come se la storia non fosse mai andata avanti, questi signori insomma mostrano di ritenere ancora la sessualità e il corpo della donna, semplici strumenti di servizio per l'unico desiderio che conta, quello maschile. Da che mondo patriarcale è mondo, la donna è sempre stata mutilata della sua propria sessualità, diventando o casta sposa vergine fino al matrimonio o prostituta e quindi addetta per lavoro o costrizione al piacere maschile, per contratto soffocando ogni necessità del proprio corpo.

Ci sarebbe quasi da ridere – seppur amaramente - se non fosse in atto una strategia mondiale del capitalismo neoliberista globalizzato per aumentare il giro d’affari dell’industria del sesso, come si legge nell'interessantissimo "Prostituzione:globalizzazione incarnata" di Richard Poulin che sto leggendo in questi giorni. Interi stati dell'Africa, America latina, Sud-est asiatico, Europa dell'est, impoveriti o indebitati e divenuti ostaggio del Fondo monetario internazionale, basano ormai una notevole parte delle loro economie sulla prostituzione e sulla tratta di donne e bambine/i, nonostante l'adesione formale ai protocolli internazionali anti-tratta. Così da togliersi di mezzo il problema dell'occupazione femminile e contemporaneamente ricavando enormi profitti dalla mercificazione del corpo delle donne. Come è facile immaginare, le potenti multinazionali del sesso hanno tutto interesse al mantenimento di una condizione femminile arretrata e inferiore dal punto di vista economico, dell’ istruzione e della percezione sociale. Checchè se ne dica - accostando prostituzione e libertà delle donne - la stragrande maggioranza delle donne reclutate da questa industria provengono infatti dai paesi in cui la condizione femminile è più arretrata, la violenza sessuale è più diffusa e le ragazze, reclutate in età sempre più giovane, spesso spinte o vendute dalle proprie famiglie, scoprono di frequente prima la violenza del bordello che la loro propria sessualità. Questo è il vero volto della mercificazione del corpo della donna e penso che noi occidentali abbiamo una grande responsabilità, noi che potremmo agire, noi che dovremmo avere gli strumenti per farlo. Se forse troppi colpevoli intellettualismi non impediscano ormai persino di vedere la realtà per quella che è.

giovedì 20 gennaio 2011

Uno sguardo globale

Richard Poulin è un professore di sociologia di Ottawa che ha curato un libro che mi sembra molto interessante e che purtroppo devo ancora riuscire a procurarmi: Prostituzione. globalizzazione incarnata, uscito con Jaca books nel 2006.
Il libro - di cui alcune pagine possono leggersi su Google books - raccoglie i contributi di autori africani, asiatici, italiani, tra cui l'ex prostituta cambogiana Somaly Mam (nella foto) oggi attivista dei diritti umani e fondatrice della Somaly Mam foundation, la più grande organizzazione del Sud-est asiatico contro lo sfruttamento e il turismo sessuale.
Non appena si lascia la nostra ottica occidentale e si dà la parola a persone che vivono il lato più duro della globalizzazione e del capitalismo neoliberista, si apre un mondo nuovo con cui siamo chiamati a fare forse i conti, una volta per tutte.
Tanto più che - come possiamo vedere nelle nostre strade, ma lo è anche al chiuso degli appartamenti o nelle vetrine sul web - la prostituzione è sempre più connessa alle tematiche delle sperequazioni planetarie e dell'immigrazione nei paesi occidentali o dell'offerta di "intrattenimento" ai nostri turisti, sempre più spesso con l'abuso di bambine e adolescenti.
Africa, Sud-est asiatico, America latina, Europa dell'est sono le zone più colpite, i paesi di origine delle "consumabili". E questo parla di enormi guadagni, di una voce ormai strutturale su cui si fonda l'economia globalizzata. Interessata fortemente a normalizzare la prostituzione, facendola diventare sempre più di massa, col ricatto della povertà, con il rafforzamento di stereotipi sessisti, con l'imposizione di una idea di sesso femminile come di una merce da far fruttare nel mercato globale.

Riporto qui la quarta di copertina del libro (il grassetto è mio):

Forse bisogna iniziare a non parlare di prostituzione e di prostitute, ma dare al fenomeno mondiale che abbiamo davanti agli occhi il suo unico nome: la tratta.
Noi forse consideriamo la tratta degli Africani un evento del passato, una barbarie dell’inizio del mondo moderno. Una barbarie lo è stata e ha costituito il maggior traffico di schiavi unitamente a forme di sterminio. Oggi siamo di fronte a un evento analogo, anche se alcuni schematismi economici ci direbbero che la tratta dall’Africa era per «produrre» e che l’attuale tratta planetaria di donne e bambini è per «consumare». Sarebbe come dire che la prima fu per arricchirsi e questa è per i ricchi, ma anche questo atroce «distinguo» non è vero, perché questi nuovi schiavi servono al PIL di molti Paesi e sono ormai un traffico mondiale sotto gli occhi di tutte le nazioni e delle potenze economiche che regolano il mercato. Si tratta di una vera «ricchezza» internazionale, una «ricchezza vergognosa», una «ricchezza criminale», una «tratta». Ma una ricchezza che non viene messa in discussione dagli organismi preposti al libero mercato, mentre è un flagello che penetra i più sperduti posti della Terra, scardina le comunità, deporta le persone. Questa mondiale mercificazione delle persone ogni italiano la vede non solo andando in Asia o in America Latina per commerci di piacere, ma la vede in Italia, se non altro dal finestrino dell’autobus o dell’auto, anche se non cerca personalmente i servizi coatti di schiave africane o dell’Europa dell’Est.
Il volume affronta i flussi mondiali della nuova tratta e fa un quadro di quanto avviene in Italia, con autori esperti e impegnati a livello internazionale. Le vittime, le persone in schiavitù, vanno liberate. Il dibattito politico su questo tema non può che partire da una constatazione: il termine prostituzione non è adeguato, siamo di fronte a una mondiale tratta di schiavi. Ogni decisione deve partire da questo e non mascherarsi dietro una edulcorata letteratura sul libero commercio dell’amore o ancor peggio su problemi di sicurezza e buon costume che portano solo alla costituzione di ghetti, dove relegare e legalizzare la tratta. A tema non resta che la schiavitù e la tratta e gli schiavi vanno liberati perché gli unici non colpevoli, anzi vittime da risarcire, se mai risarcimento esista per un crimine così efferato.



Riporto ancora un brano dall'introduzione di Richard Poulin:

Non si può analizzare il capitalismo attuale ignorandone gli effetti concreti su donne e bambini, passando sotto silenzio l’impatto della rete prosseneta mondiale legata allo sfruttamento della prostituzione, e non tenendo conto dell’industrializzazione del commercio del sesso e della sua capacità di trasformare donne e bambini in merce sessuale esportabile in tutto il mondo. La monetarizzazione dei rapporti sociali e il traffico di persone sono il cuore della globalizzazione neoliberale e dello sviluppo dell’industria del sesso. Il rafforzarsi delle disuguaglianze sociali, l’impoverimento di numerosi popoli, che colpisce particolarmente donne e bambini, causandone la massiccia migrazione, sono fattori propizi al traffico di persone a scopo prostituzionale. Sfruttando le nuove tecnologie, il turismo di massa e le occupazioni militari, le industrie del sesso hanno beneficiato di un processo di legittimazione e di normalizzazione. Diversi Paesi hanno recentemente legalizzato le attività di queste industrie, il che ha loro permesso di espandersi e di aumentare i propri profitti. Solo una politica femminista abolizionista è in grado di combattere questa globalizzazione neoliberale della prostituzione.
La globalizzazione neoliberale è il fattore dominante dell’attuale sviluppo della prostituzione e del traffico di donne e bambini a scopo prostituzionale: accresce il divario sociale e sfrutta gli squilibri tra uomini e donne, rafforzandoli notevolmente; è caratterizzata dalla mercificazione degli esseri umani e dal trionfo della commerciabilità del sesso; inoltre, rappresenta il raccordo tra le relazioni commerciali di stampo capitalista e l’oppressione delle donne, due fenomeni strettamente legati. Sviluppato su quindici tesi, questo testo tenta schematicamente di evidenziare alcuni elementi d’analisi necessari alla comprensione del fenomeno della globalizzazione delle industrie del sesso”.


Per finire questo è il link a un'intervista a Repubblica di Poulin del gennaio 2007:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/01/20/la-schiavitu-del-sesso.html

Mi hanno colpito due frasi:

A quanto pare, però, è stato sempre così professor Poulin - chiede la giornalista - A parte la crescita esponenziale dovuta alla globalizzazione.
«No. E' così "solo" da diecimila anni, cioè da quando esistono la società patriarcale, le città, e il mercato. Ma la storia dell' uomo sulla terra ha dodici milioni di anni».

"Non mi aspetto che non ci siano resistenze, così come ce ne furono negli Stati Uniti per abolire la schiavitù. Allora ci fu una guerra sanguinosa, ora può accadere di tutto. Ma prima o poi una società che vuole definirsi civile deve arrivarci."