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venerdì 14 ottobre 2011

Verso il 15 ottobre


Paola mi ha segnalato questo breve documentario trasmesso il 29 settembre in tarda serata su Rai tre nella trasmissione "C'era una volta":

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-00c1e5e7-3157-48c1-8036-f88eba7f2769.html#

Si tratta di una versione accorciata di un documentario del 2007 dallo stesso titolo, "Bambole".

Trovo il documentario di un certo interesse, soprattutto perché a un certo punto mostra un dialogo tra il giornalista - che si finge un gestore di un night club italiano - e un proprietario di un night in Romania. Il giornalista si offre di comprare delle ragazze, smascherando così la condizione di semi-schiavitù delle giovani, che a prima vista sembravano libere. Inoltre, a un certo punto c'è un' intervista effettuata in carcere a un trafficante moldavo, che tra le altre cosa mostra la sua vera concezione di rispetto delle donne: "noi le donne, le prostitute, le rispettiamo, non siamo come i rumeni, perché per noi sono una merce redditizia" - dice più o meno così. Insomma, è raro che si mostrino i veri protagonisti dell'industria del sesso, cioè coloro che la organizzano e ci guadagnano sopra e questo documentario lo fa.

Molto istruttivo poi l'inizio, con l'intervista in Brasile a un uomo che afferma che prostituirsi è una libertà per le donne, perché ormai è stata superata la vecchia morale e le donne hanno il diritto di vivere la loro sessualità con tutti quelli che vogliono e perché no - aggiunge - guadagnarci anche sopra. Un meraviglioso e ipocrita rovesciamento allo scopo di normalizzare la violenza, di nascondere come la prostituzione di queste donne non sia un esercizio di libera sessualità ma piuttosto una sua negazione, un abuso sui loro corpi di una società per la quale sono le ultime degli ultimi. Se nasci nelle favelas e per giunta sei femmina non hai scampo, sei in una gabbia. Sei considerata non una persona, ma una risorsa, da un Paese strozzato dal debito, al pari di qualsiasi altro prodotto da utilizzare nel fiorente turismo sessuale ("hai visto come sono belle le nostre ragazze?" dice a un certo punto un uomo, quasi mostrando la volontà di venderne una al giornalista). Il turismo sessuale non è altro che una nuova forma di colonialismo basata sull'inferiorità socio-economica della donna, sulla miseria di una sessualità maschile ridotta a sfogo e consumo, sullo sviluppo selvaggio del capitalismo neoliberista e sulle enormi sperequazioni planetarie.
Non mi sono stupita di vedere bambine sulle strade del Brasile o in un centro di accoglienza per vittime di sfruttamento sessuale in Romania. Non mi sono stupita, perché ho già letto diverse inchieste in cui se ne parla, ma ogni volta è comunque un pugno nello stomaco.

Nonostante tutto, voglio essere positiva e dire che il 15 ottobre manifesterò anche per loro, per tutte le vittime di tratta e sfruttamento sessuale, perché se vogliamo cambiare questo mondo lo possiamo fare solo in un'ottica globale. Se qualcosa di buono possiamo vedere in questa crisi economica, è forse il fatto che ci costringe, nell'incertezza sul nostro futuro, nell'aumento degli stenti quotidiani, a guardare con più solidarietà al destino degli ultimi del pianeta. Ci fa capire che le forze si devono unire, che equità, solidarietà, sostenibilità, diritti umani, stato sociale, non sono degli optional. Che vanno pretesi ovunque e per tutt*, senza alcuna distinzione. Che il sistema basato sul massimo profitto di pochi, che calpesta la centralità della persona è arrivato al capolinea.
Il cambiamento non è rimandabile e deve partire subito, da ognun* di noi.

venerdì 2 settembre 2011

Un libro scritto con i nervi e col sangue


Non avevo mai parlato in pubblico prima di allora e avevo sempre temuto di ritrovarmi di fronte a degli intellettuali o a una folla di persone eleganti. Allora, mi buttai. Cominciai a ricordare la condizione delle donne, soprattutto in Cambogia, la mia vita, quella delle ragazze rinchiuse nei bordelli. Il detto popolare afferma che la prostituzione è il mestiere più antico del mondo e che si fonda su uno scambio: il piacere verso il denaro. Volevo smentire con tutte le mie forze quel tragico camuffamento della realtà, che nasconde la disperazione delle ragazze su cui si esercitano tremende violenze.

da "Il silenzio dell'innocenza", Milano, Corbaccio, 2006, p. 82

"Il silenzio dell'innocenza" di Somaly Mam è un libro che sconvolge, perché è uno di quei libri veri, scritti col cuore, con l'urgenza di riversarci la propria verità e la propria anima, anche la propria rabbia, anche il politically uncorrect. E' un libro scritto da una vittima dello sfruttamento e della violenza sessuale che ha deciso di riversare la disperazione dovuta al male subito nel salvare ragazze come lei e nel dar loro la possibilità di sanare le proprie ferite (ma guarire del tutto è impossibile) e di costruirsi un futuro.Proprio per la sua verità questo libro ti trasporta e ti immerge dritto in una realtà che generalmente sentiamo troppo lontana, come se - a torto - non ci riguardasse. Ti senti come se fossi stato sul posto e in un certo qual modo avessi conosciuto quei volti, quelle sofferenze, quelle vite ingiustamente spezzate.. Devo ammettere che ho pianto mentre lo leggevo e ho sentito ancora più forte l'urgenza di fare qualcosa.

La storia di Somaly Mam, per chi non la conoscesse, è quella di una ex vittima di tratta e prostituzione forzata nonché di innumerevoli stupri a partire dall'età di 12 anni, che ha messo su insieme al marito francese un'organizzazione partita con poco nel 1996 e che è poi diventata la più grande del sud-est asiatico che si occupi di questo problema:l'AFESIP. Questa organizzazione ha oggi sedi in Cambogia, Vietnam, Thailandia, Laos. Esiste inoltre la Somaly Mam Foundation, negli Stati Uniti, che mira a dare respiro internazionale alla lotta alla tratta. L'AFESIP Cambogia fornisce accoglienza, assistenza giudiziaria (che in Cambogia è difficilissima essendo un paese completamente corrotto in cui spesso la polizia copre gli sfruttatori e i giudici assolvono sistematicamente gli stupratori incolpando ragazze e bambine), possibilità di lavoro (sartoria, parrucchiere, lavoro nel campi), percorsi di reinserimento in famiglia e di rimpatrio per le ragazze straniere, specie vietnamite, percorsi di educazione sessuale per gli uomini.

Ovviamente non è tutto facile: gli operatori e Somaly Mam ricevono minacce quotidiane e nel libro si racconta anche di tanti fallimenti e in particolare dell'impossibile liberazione delle tante ragazze chiuse nei grossi bordelli, quelli frequentati dai politici di cui non si possono fare i nomi. L'eroismo di Somaly Mam colpisce tanto e lei stessa afferma che non potrebbe condurre una vita del genere per sua scelta se non avesse conosciuto sulla sua pelle cos'è l'inferno.

Trovo che sia importante leggere le parole di una vittima per capire questo fenomeno. E' difficile che queste ragazze parlino, come dice Somaly Mam, perché spesso non hanno studiato, perché sono provate e chiuse nel loro silenzio, perché si sentono finite e senza via d'uscita.

Questo libro dovrebbero leggerlo tutti, a mio parere. Pur se parla di luoghi lontani, di violenze particolarmente efferate - in un paese dove è realtà quotidiana la vendita ai bordelli delle bambine povere anche di 4-5 anni - a ben guardare ci si accorge che situazioni simili sono anche qui, nella nostra bella Italia che fa finta di non vedere ciò che accade alle tante ragazze nigeriane, moldave, rumene, albanesi, ecc.. spesso e volentieri minorenni vittime di tratta e di sfruttamento sessuale e di terribili violenze. L'Italia che tratta la prostituzione come un problema di decoro urbano oppure come regno delle libertà individuali degli "adulti e consenzienti "senza saper andar oltre l'apparenza.

Inoltre, non dimentichiamo i tanti italiani che proprio nel Sud-Est asiatico, Cambogia inclusa, ma non solo (anche America Latina, Europa dell'Est) si recano a fare turismo sessuale, facendosi complici di tutti questi orrori. Riporto qui un articolo su questo tema dove si sottolinea come solo in minima parte si tratta di veri e propri pedofili, al contrario di quanto si pensa generalmente:
http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2011/08/19/news/turismo_sessuale_il_mercato_delle_bambine_dal_sud_est_asiatico_all_america_latina-20607104/index.html?ref=search

Concludo dicendo che guardare in faccia l'orrore più profondo a cui può portare la concezione della donna come di un oggetto, del suo corpo e del suo sesso come una merce da cui trarre profitti, sia fondamentale per capire perché questa concezione vada combattuta in tutte le sue manifestazioni che non sono mai innocue, come a volte sembra. Trovo lodevole anche sotto questo aspetto qualsiasi battaglia venga condotta contro il sessismo - anche ad esempio le numerose campagne delle blogger sulla pubblicità sessista e sulla rappresentazione mediatica del corpo delle donne come oggetto sessuale. Il cambiamento vero - ne sono convinta - si gioca sul piano culturale, dell'educazione sessuale, oltre che ovviamente nella lotta per il miglioramento delle condizioni economiche e delle opportunità per le donne.

venerdì 12 agosto 2011

Stop child sex tourism


Segnalo questa iniziativa dalla Svizzera per combattere il turismo sessuale a danno di minori, in cui purtroppo - come evidenziato dalle statistiche delle associazioni che lo combattono come ECPAT- gli italiani hanno un triste primato in molti paesi come Brasile, Colombia o Kenya.

Sul sito si può trovare un modulo di notifica in cui è possibile segnalare ogni caso sospetto di abuso sessuale su minori. Il modulo è presente anche in versione italiana.

Questo è il video di presentazione del servizio:

http://stopchildsextourism.ch/web/it/category/rubriken/download-film

Il turismo sessuale è ben presente in molti paesi dell'Asia, America Latina, Africa, Europa dell'Est e si alimenta della miseria delle popolazioni locali e soprattutto della voglia di facili guadagni - da capogiro - degli affaristi locali e a volte anche dei locali governi che si reggono su questa "industria" e non mettono le popolazioni, specie femminili, in condizioni di poter studiare, crescere, scegliere per la propria vita, difendere e vivere la propria sessualità.

Il turista sessuale poi è solo in minima parte un vero e proprio pedofilo (dalle statistiche di ECPAT del 2008, il 3%) per la maggior parte si tratta di persone - in larga maggioranza uomini anche giovani - in cerca di esperienze "estreme" oppure in viaggio d'affari.

Sono certa che la crescita della domanda di turismo sessuale si nutra soprattutto di una certa "normalizzazione" del mercato del sesso nell'immaginario collettivo, nei messaggi dei mass-media, come se fosse un aspetto qualunque dell'esercizio della sessualità, e dall'altra parte un "lavoro come un altro", ignorando del tutto cosa ci sia dietro quel "mercato", le vite spezzate di tante giovanissime che subiscono enormi danni psicofisici.

E' la logica del "lì così vivono", "lì si usa così", in fondo stanno là per loro scelta, altrimenti morirebbero di fame. Ma sì, si sentono persino dei benefattori, come ad esempio si vede in alcune interviste condotte da Lydia Cacho.

Il relativismo e il liberismo selvaggio odierno hanno fatto molti danni, a mio parere, se si giunge in alcuni casi a legittimare la violenza sessuale ripetuta su ragazze/i sempre più giovani, nascondendosi dietro al discorso del denaro e del consumo. Come se lo scambio monetario potesse giustificare ogni cosa, anche l'annientamento psicofisico di un essere umano, come se consumare ed esercitare il proprio desiderio sessuale a prescindere dall'altra/o fosse una nuova religione della libertà e non la forma più vergognosa di riduzione in schiavitù del nostro tempo.