Torno sul blog dopo un periodo molto intenso, in cui ho avuto molte importanti occasioni di approfondimento e riflessione che spero di riuscire a comunicare quanto prima anche su questa pagina.
Qui metto giù una riflessione suggeritami da uno scambio con una mia cara amica, che ringrazio, e che nasce da una certa stanchezza nel vedere il continuo riproporre l'esercizio di vecchi poteri sotto una falsa vernice di novità.
Sempre
più spesso nei dibattiti pubblici, in televisione, sui giornali e in
Parlamento, gli "utilizzatori finali" (come ama definirli il noto
avvocato nella foto) del mercato della prostituzione sono presenti a discettare
indisturbati di prostituzione, di prostitute, di ciò che piace a noi
donne o non ci piace, di ciò che vogliamo o non vogliamo fare. Sono
secoli del resto che gli uomini del potere si sono parlati addosso sulle
donne in mille modi, sprecando fiumi e fiumi di inchiostro a insegnarci
cosa è buono per noi, come siamo sexy, come siamo belle, come possiamo
aver successo, come possiamo essere buone donne di casa, ecc..
Oggi
si atteggiano finanche a paladini della nostra libertà e ci vengono a
insegnare che la prostituzione e' un libero scambio nel libero mercato
della domanda e dell'offerta, che è un'attività "naturale" per noi come
per loro lo è l'"utilizzo", ci danno addirittura lumi sulla storia della
prostituzione nei secoli (ovviamente guardandosi bene dal nominare il
patriarcato che per loro non esiste..).
Sotto la falsa
insegna dell'antiperbenismo e della libertà individuale si stanno
intanto assicurando - grazie a potenti gruppi di interesse mondiale (come questi) -
nuove leggi che li aiutino a "utilizzare" meglio, promuovendo ghetti a
luci rosse e ritorno delle case chiuse, perché sia tutelata la LORO
riservatezza (o meglio ipocrisia), la LORO salute (mentre contagiano
lavoratrici del sesso, compagne, amanti), il LORO preteso diritto a
scegliere donne e ragazze di ogni età, sesso e nazionalità, come fossero
prodotti da supermercato.
Questi solo alcuni esempi recenti:
- Lasse Braun, cliente con interessi affaristici nell'industria del sesso, autore di pilastri del cinema come "Zozzerie di una moglie in calore" intervenuto tra i relatori della Conferenza sulla legalizzazione della prostituzione del 21 aprile. Il suo intervento si può ascoltare nella registrazione della conferenza su Radio radicale. Qui una sua intervista ai margini della conferenza dove - in aggiunta alla violenza sulle schiave, celebrata come grande atto di democrazia di Solone verso i maschi poveri che non si potevano permettere i "servizi" di lusso, celebra anche la pederastia degli antichi.
- Giuseppe Scaraffia da Augias, di cui ho parlato abbondantemente
- I parlamentari di Grande Sud, che propongono una legge di regolamentazione della prostituzione e criminalizzazione delle prostitute di strada (con carcere fino a tre anni). Si atteggiano a paladini della libertà delle donne di prostituirsi, facendo notare che "i costumi sono cambiati". Quali costumi?? Non sembra i loro, visto che difendono come negli anni '50 - e come dal Medioevo e prima del resto - il "vizietto" dei "padri di famiglia" (parole testuali) la cui salute va tutelata. Padri a cui consigliano di buttare le ricevute, per salvare la loro discrezione (o ipocrisia?) dagli occhi di mogli e compagne.
E' giunta ora di delegittimare questi soggetti e isolarli!!
Se
i clienti vogliono parlare, venissero a parlare non delle prostitute,
non di noi donne, MA DI LORO. Venissero a spiegare perché cercano il
sesso a pagamento quel 60% e più di clienti sposati, e i turisti del
sesso perché cercano donne e ragazzine dei paesi più poveri del mondo.
Vengano
a raccontarsi coloro che magari stanno male per una "dipendenza dal
sesso" o per problemi di relazione misconosciuti da un potere
interessato a che gli uomini siano sempre più in massa "consumatori" di
sesso e di persone, senza curarsi del benessere di nessuno.
Se
non hanno da mettersi in discussione, allora tacciano. Perché la loro
malafede, il loro interesse evidente nella faccenda, li priva totalmente
di qualunque credibilità.