sabato 25 febbraio 2012

Trafficking delle nigeriane: un articolo della Maris Davis Foundation


Pubblico qui l'incipit di un interessante articolo della Maris Davis Foundation for Africa, a cui rinvio, sulla tratta delle nigeriane in Italia, dove si può leggere anche l'inizio della tesi di laurea sull'argomento scritta da Giuseppina Frate. Questa tesi - che sto leggendo - è una vera miniera di informazioni e ringrazio di cuore l'autrice e la Maris Davis Foundation che mi hanno dato l'opportunità di conoscerla.

Nelle ultime settimane abbiamo dovuto affrontare notizie drammatiche relative a "Ragazze Nigeriane" uccise e abbandonate sui marciapiedi o sui bordi delle strade di periferia. L'ultimo caso è accaduto a Palermo e ha molto coinvolto l'intera comunità nigeriana di quella città e non solo. Il caso di Loveth, uccisa e poi abbandonata seminuda, ha coinvolto molto anche tutta l'Italia perché avveniva appena poche settimane dopo l'analogo caso di Favour, altra ragazza nigeriana assassinata a Palermo in circostanze tutte da chiarire.
In questo contesto noi stessi siamo rimasti piuttosto perplessi per la pubblicazione di un articolo, apparso nei giorni scorsi su "Giornalettismo.com" che con superficialità pubblica foto sulla condizione delle ragazze nigeriane costrette a prostituirsi in Italia, foto corredate da commenti senza approfondire il contesto di schiavitù e di estrema povertà in cui queste ragazze sono costrette. È evidente che articoli simili, che non chiariscono, inducono l'opinione pubblica a pensare che le ragazze siano semplicemente "ragazze di colore, immigrate clandestine che si prostituiscono volontariamente" .. così come, d'altro canto, è scritto nell'articolo stesso.
Questo è l'articolo apparso su "Gionalettismo.com" - clicca qui -
Questa è la nostra risposta pubblicata nel nostro Forum. - clicca qui -
Qui di seguito pubblichiamo la premessa di uno studio sul trafficking delle ragazze nigeriane verso l'Italia di Giuseppina Frate che ha condotto un'indagine approfondita sul fenomeno nella sua tesi di laurea presso l'Università degli Studi del Molise e che ci ha messo a disposizione il suo lavoro.
(continua a leggere l'articolo)

lunedì 13 febbraio 2012

Lettera di protesta a Corrado Augias per "Le storie" con Giuseppe Scaraffia


Condivido anche qui la lettera inviata da me al programma Le storie di Corrado Augias (lestorie@rai.it), segnalatomi da Paola, lettrice attenta di questo blog (grazie, Paola!). La trasmissione è visibile a questo indirizzo e penso vada vista, per rendersi conto di cosa viene veicolato e come alle nuove generazioni.

Gentile Corrado Augias,

sono rimasta spiacevolmente sorpresa dal tenore della trasmissione "Le storie" da lei condotta il 3 febbraio scorso con ospite in studio Giuseppe Scaraffia.

Il tema della prostituzione è stato banalizzato, affrontato in modo superficiale, con diverse approssimazioni e inesattezze, tra risatine compiaciute e allusive che rimandano a un modello vecchio di uomo. Un uomo intento a compiacersi di un secolare preteso privilegio del proprio genere, e a crogiolarsi in comodi stereotipi sessisti.

Troppo comodo nascondere infatti le responsabilità di un'intera società e il problema sempre taciuto della grande domanda maschile di sesso a pagamento, dietro luoghi comuni come "il mestiere più vecchio del mondo". Che, tra parentesi, è semmai il protettore, come ricorda con saggezza la famosa giornalista messicana e attivista dei diritti umani Lydia Cacho nel suo libro "Schiave del potere" che, posso immaginare, né lei né Scaraffia avete letto.

Durante la trasmissione, è stata portata avanti la tesi della inevitabilità di uno scambio sessuo-economico come fondamento dei rapporti donna-uomo, come se per le donne la migliore condizione possibile possa essere divenire la favorita di un uomo molto potente, da cui ricevere graziosi benefici, scambiando "bellezza" e sesso con denaro. A quanto pare decenni di lotte delle donne di tutto il mondo sono passati invano e caduti nell'oblio, in buona compagnia con la senatrice Lina Merlin di cui neanche ricordavate il nome, mentre Scaraffia si produceva in una parodia su Marthe Richard, senza rispetto alcuno di figure che hanno fatto la storia.

Mi chiedo soprattutto cosa ha potuto imparare quella classe di liceo ospite in studio da quanto ascoltato. Soprattutto penso alla giovane ragazza, la cui domanda legittima - quale background socioculturale fa sì che una donna possa vendere per necessità il proprio corpo, la parte più nostra che possediamo? - è stata liquidata come mal posta, senza essere accolta ed elaborata, senza neanche meritare una risposta.

Di certo quei ragazzi non hanno potuto imparare da voi chi sono gli sfruttatori della prostituzione, da cosa si genera la domanda, chi sono le ragazze sulle nostre strade, argomenti che non sono stati neanche sfiorati. Neanche un accenno è stato fatto alla tratta di donne e ragazze ai fini di sfruttamento sessuale e alle gravi violazioni di diritti umani basilari che l'accompagnano. Proprio qualche giorno fa, altre tre giovani ragazze nigeriane sono state uccise, il corpo di una buttato in una discarica di spazzatura, la notizia pressocché ignorata dai principali quotidiani. Ma tanto l'importante è che ci siano "discariche sessuali" - proprio questo il termine usato da Scaraffia e da lei non contestato - in posizione strategica nelle periferie, così da assicurare una funzione sociale ritenuta da sempre necessaria da parte del potere, ma rigorosamente lontano dagli occhi delle persone "perbene" e salvaguardando l'urbano decoro e il "valore del proprio immobile". A proposito, visto che il suo programma racconta storie italiane,mi permetto di suggerirle di invitare per una prossima puntata Isoke Aikpitanyi, che può raccontarle stavolta "500 storie vere" realmente accadute oggi nel nostro civile paese.

Gentile Augias, mi duole dirle che mi sono vergognata per lei,soprattutto perché davanti a voi c'erano quei giovani ragazzi incolpevoli che oggi si stanno aprendo al mondo e a cui Scaraffia ha suggerito in conclusione quasi esplicitamente di fare anche loro "quest'esperienza".Così che i giovani, prima ancora di aver scoperto la loro propria maschilità, diventino magari le nuove leve che riconfermino negli anni a venire il triste primato italiano per il turismo sessuale nel mondo.

Stia certo che una nuova generazione di donne e di uomini sta crescendo che si fa molte più domande, che non si limita a recepire passivamente il vecchiume secolare della società sessista che ci è stata tramandata. Che non si riconosce nei modelli dominanti e li rovescia e ridiscute, che sente forte la responsabilità che abbiamo per i figli e le figlie che verranno.

domenica 5 febbraio 2012

Intervista a Isoke Aikpitanyi

Pubblico qui un'intervista a Isoke Aikpitanyi del novembre scorso.
Più di tante parole, ascoltare direttamente la sua voce ci fa capire come si faccia troppo poco, quasi nulla per fermare la schiavitù della tratta e gli schiavisti, soprattutto, né per dare aiuto vero e concreto da parte delle istituzioni a chi cerca di uscirne. Trovo vergognoso che ci sia comunque un certo impegno nel contrastare l'associazione di stampo mafioso e il traffico di stupefacenti, nonostante tante corruzioni e connivenze, ma su questo tema ci sia tanta ignoranza e tanto lassismo.
Quelle delle nigeriane è attualmente una delle forme di tratta più feroci presenti nel nostro Paese, forse la più feroce, e voglio ricordare che è una delle tante (ci sono anche ragazze rumene, albanesi, moldave, cinesi, ecc.. in situazioni simili). Isoke dà voce alle vittime, una voce che non viene diffusa adeguatamente. In particolare, Isoke ricorda Maris Davis, scomparsa prematuramente l'estate scorsa, connazionale vittima di tratta sfruttata tra Italia e Spagna, nel cui ricordo è stata fondata la Maris Joseph Davis Foundation, allo scopo di portare avanti i progetti per l'Africa da lei intrapresi e la lotta alla tratta in Italia. Come dice Isoke al termine di questa intervista, la tratta a scopi di sfruttamento sessuale non è ancora riconosciuta come una delle più gravi forme di violenza sulle donne.



giovedì 2 febbraio 2012

Tratta di persone e industria globale del sesso

Noto in giro una generale confusione relativamente alla tratta di persone, a cosa essa sia realmente. Spesso poi la tratta a scopi di sfruttamento sessuale viene confusa con la prostituzione. Oppure, al contrario, non si riescono a percepirne i legami con l'industria globale del sesso, come se si potesse veramente cancellare con un colpo di spugna l'esistenza della riduzione in schiavitù di tante donne e bambini senza mettere in discussione l'intera industria e le sue basi socio-culturali, anzi, promuovendo giornalmente questa stessa cultura sessista.
Lydia Cacho, la coraggiosa giornalista messicana, femminista, attivista dei diritti umani e presidente del CIAM di Cancun (qui un interessante resoconto della sua recente visita all'Istituto Cervantes con la presentazione della versione italiana di Memorie di un' infamia) in Schiave del potere prova a tirare le somme di una sua indagine di cinque anni in giro per il mondo per capire come realmente funzioni la tratta e chi ne muova le fila. Lo fa con grande duttilità e con un argomentare che non cade mai nel dogmatismo, ma che prende in considerazione tutte le voci che ha ascoltato negli anni dell'indagine e nella sua esperienza concreta al fianco delle donne e bambine coinvolte.
In questo post mi limiterò a una prima disamina di un argomento comunque molto complesso, con l'aiuto di definizioni e brani tratti dal libro della Cacho. In successivi post mi propongo di affrontarne i legami con la tematica dell'immigrazione e i problemi posti dalle norme restrittive e repressive in particolare nell'Unione europea, col tema del razzismo, con il sistema del riciclaggio di denaro - colonna portante del nostro capitalismo e dell'intreccio inestricabile tra legalità e illegalità - e, soprattutto, su cosa fare per combatterla.

Innanzitutto, ecco una definizione di tratta di persone, tratta dal breve glossario in appendice al libro basato sulle definizioni legali contenute nei trattati e convenzioni internazionali: è il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'alloggio o l'accoglienza di persone, mediante la minccia, l'uso della forza o altre forme di coercizione, il rapimento, la frode, l'inganno, l'abuso di potere o di una situazione di vulnerabilità, dando oppure ricevendo somme di denaro o benefici al fine di ottenere il consenso, di un soggetto che ha il controllo su un'altra persona, per fini di sfruttamento.Lydia Cacho spiega poi che, poiché la maggior parte degli studi e convenzioni sono in inglese, spesso tratta viene tradotto erroeneamente traffico. In realtà il traffico di persone è solo una componente della tratta, consistendo nel trasporto e nella facilitazione dell'ingresso illegale di una persona all'interno di uno Stato. Mentre la tratta consiste non solo nello spostamento, ma soprattutto nell'abuso di potere e nello sfruttamento. Inoltre, è bene chiarire che si può essere vittime di tratta e non essere stati trafficati illegalmente, come nel caso delle tante ragazze anche minorenni rumene nel nostro Paese che entrano in modo assolutamente regolare, essendo cittadine europee, se minori accompagnate da finti amici o fidanzati. O ci può essere tratta anche con un semplice spostamento all'interno di uno Stato.

Vediamo ora come si definisce la tratta a fini di sfruttamento sessuale: attività che comporta il trasferimento di persone all'interno o all'esterno del loro paese allo scopo di sfruttarle sessualmente. Può essere il risultato dell'uso e dell'abuso della forza, della coercizione, della manipolazione, dell'inganno, dell'abuso di autorità, di pressioni familiari, di violenza familiare e comunitaria, di privazione economica e altre condizioni di disuguaglianza cui sono soggette donne, bamibini e bambine. Alcuni autori la definiscono "prostituzione forzata".

C'è anche da dire che lo sfruttamento sessuale a fini di lucro non si esaurisce nella tratta. Vediamo la sua definizione: fenomeno sociale che implica l'abuso sessuale ai danni di donne, adolescenti e bambini, dal quale una o più parti coinvolte traggono profitto economico. Include il trasferimento di denaro, o lo scambio di beni in natura o servizi, da un individuo a un altro, in cambio di sesso con una donna, una bambina o un bambino. Le forme di sfruttamento sessuale più comuni, nelle quali è coinvolta la tratta di persone, sono la prostituzione, il turismo sessuale e la pornografia. E' evidente ad esempio, che ci può non essere tratta nel turismo sessuale, se manca lo spostamento, o in un caso come questo, ma non per questo non si può trattare di una grave forma di sfruttamento sessuale.

Vediamo un po' di cifre: secondo le fonti di Lydia Cacho "ogni anno nel mondo 1.390.000 persone, nella maggioranza donne e bambine, sono ridotte allo stato di schiave sessuali e comprate, vendute e rivendute come materia prima di un'industria, come scarti della società, come omaggi o trofei". Sulla tratta in generale, sembra che il 79% sia per fini di sfruttamento sessuale e "che sia l'architrave su cui si regge l'industria internazionale del sesso", il 18% sia il lavoro forzato in tutte le sue forme (ad esempio nell'agricoltura, edilizia, industria dell'abbigliamento, ecc..), il 3% sia la servitù domestica, "una delle attività che più sfugge alle rilevazioni". Poi ci sono ancora matrimonio forzato, estrazione di organi, sfruttamento come mendicanti, bambini soldato. Questi ultimi due secondo la Cacho sono molto poco adeguatamente documentati. Sulle cifre c'è da dire che, trattandosi di un mondo sommerso per eccellenza - perché la tratta è proibita esplicitamente ormai in moltissimi paesi al mondo che hanno firmato convenzioni internazionali e il reato di riduzione in schiavitù c'è un po' ovunque - non è facile ricavare cifre che non siano solo delle stime. Tra l'altro le denunce e le condanne sono pochissime in questo settore del crimine.

La tratta in definitiva è la nuova schiavitù dei tempi moderni, da cui trae giovamento il capitalismo globalizzato, poiché produce lauti guadagni a costi quasi nulli a danno delle popolazioni più povere del pianeta, sfruttando la loro povertà e con enormi interessi a mantenere queste sperequazioni. Senza giri di parole è una vera e propria compravendita di persone, spesso vendute e comprate più volte, cosa che l'umanità - specie nei paesi cosiddetti "sviluppati" credeva di aver superato. Sono sfruttati nel lavoro forzato o nella prostituzione, generalmente sotto il ricatto di un debito enorme da pagare per il viaggio effettuato. Se è sicuramente gestita da organizzazioni criminali moderne e al passo con le tecnologie e che agiscono sul piano transnazionale, solo alcune mafie propriamente dette la gestiscono direttamente in tutti i suoi aspetti (come la Yakuza giapponese per la tratta a fini di sfruttamento sessuale), anche se le mafie di tutto il mondo ne ricavano denaro o benefici, offrendo al contempo protezione. Inoltre non sono affatto coinvolti solo criminali veri e propri, ma attori importanti sono familiari delle vittime, funzionari di polizia e politici corrotti, imprenditori di ogni sorta (come gestori di motel, hotel, night club, centri massaggi, bar, agenzie di viaggio, ecc.. per quanto riguarda la tratta a scopo prostituzionale), proprietari di appartamenti, ecc..

Vi lascio ora alla lettura di alcuni passi dal libro di Lydia Cacho, con la consapevolezza che estrarre citazioni non rende giustizia alla complessità del libro. Lo faccio perché servano a chiarire alcuni aspetti dell'intreccio tra tratta a scopi di sfruttamento sessuale e industria del sesso, che troppo spesso sono considerate due cose assolutamente distinte e separabili. La seconda invece si basa sulla prima perché solo col controllo, l'induzione, la riduzione in schiavitù è possibile assicurarsi masse di donne e ragazzine sempre nuove che possano soddisfare una domanda attualmente in continua crescita. Solo così è possibile abbattere i costi e fare elevati profitti. Del resto è così che funziona anche la produzione di tutto ciò che consumiamo senza pensare: dalle Nike all'I-phone, alla passata di pomodori..

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Il segreto sta nel capire che la criminalità organizzata che compra e vende schiave sessuali non è costitutita da gruppi isolati, dispersi e nascosti sottoterra; no, lo ripeto, sono membri attivi di un'industria e come tali vanno studiati. Non bisogna cercarli sotto le pietre, bensì tra avvocati, proprietari di locali, centri per massaggi, bar e ristoranti, così come bisogna indagare tra impresari di case produttrici di pornografia per adulti, proprietari di casinò, maquiladoras e alberghi. Tutte queste persone pagano le tasse: complessivamente quella del sesso è una delle industrie che - tra permessi, licenze e attrazione del turismo, nonché gettito di imposte - genera più introiti. Tuttavia è anche il settore in cui si ricicla la maggior quantità di denaro sporco, proveniente dal traffico di armi e stupefacenti. (p. 183)

Come altri tipi di industria, la schiavitù si è potenziata grazie alle liberalizzazioni e alla globalizzazione. Lo sfruttamento sessuale è la massima espressione dell'industria della schiavitù; i principi del suo funzionamento sono identici a quelli della produzione capitalistica, che assicura l'ottenimento di un utile aumentando le entrate e diminuendo le uscite. Se le donne o le bambine lavorano gratuitamente per due anni [ad esempio sotto il ricatto di un debito che avrebbero contratto col proprio sfruttatore] i guadagni si accrescono e i costi si ammortizzano con rapidità, perché il tenore di vita delle schiave è basso. (p. 184)

Fino a quando chi detta legge nel mondo si rifiuterà di discutere apertamente il reale funzionamento dell'industria del sesso, in tutte le sue varianti, il mercato delle schiave continuerà a prosperare. Quel che per alcuni è un reato e per altri una tragedia dell'umanità, per un pugno di uomini che investe nelle borse di New York e Tokyo, costruisce e dirige alberghi a cinque stelle, acquista aerei e intrattiene uomini poltici, poliziotti, militari, imprenditori e capi religiosi, è un lucroso affare. Il gestore di un bar messicano che è stato chiuso tre volte perché vi si prostituivano bambine di dodici e tredici anni ma che, grazie ai propri agganci politici, ha sempre riaperto i battenti, lo spiega così:" Si tratta di un'attività commerciale, una semplice attività commerciale...e piantatela di rompere le palle." (p. 300)

Sradicare la tratta di donne, bambine e bambini ai fini di schiavitù sessuale è una missione terribilmente complessa. E' fondamentale intraprendere questo compito ponendosi obiettivi concreti che consentano a ciascun gruppo sociale e ai responsabili politici di chiarire una per una le sfide e le possibili soluzioni. Condizione sine qua non è accettare il fatto che la tratta di persone è parte costitutiva dell'industria globale del sesso; in quanto tale, gli individui e le reti che mandano avanti questa attività strategicamente posizionata in ogni parte del mondo non sono disposti a rinunciare agli enormi profitti che essa genera. Altrettanto importante è sapere che questa industria gode di protezione a vari livelli: dai funzionari statali fino ai membri dei gruppi della criminalità organizzata, ai quali le discussioni filosofiche su questo tema risultano indifferenti.
(p. 325)

La tratta di persone è in continuo aumento per via della dinamica della globalizzazione capitalista [...] ma soprattutto a causa della crescente domanda di esseri umani prodotta dal deterioramento delle relazioni interpersonali. In questo senso sarebbe fondamentale domandarsi, per esempio, perché non si critichi mai la cosiddetta "prostituzione congregazionale", cui si riferisce il libro Business Miscellany (pubblicato dalla casa editrice della prestigiosa rivista The Economist) nel raccomandare ai dirigenti d'azienda di seguire, nei loro viaggi d'affari, l'etichetta imprenditoriale, che consiste nell'andare a firmare contratti nei postribili e nei locali di spogliarelliste. In questa maniera la banalizzazione di stereotipi quali "paese che vai usanza che trovi" incrementa la domanda di prostitute. (p. 297)

Gli scettici si domanderanno come mai, a fronte di un numero così elevato di schiave del commercio sessuale, ci siano così poche denunce. Innanzitutto è un'industria che trae forza dalla stessa cultura liberale. Si dice che è un reato, ma il concetto non è stato assimiliato a causa del sessismo e del classismo ricontrabili in gran parte delle autorità. Il capo della polizia specializzata di Bangkok mi ha assicurato che è molto difficle fare qualcosa al riguardo, "soprattutto quando le ragazze riscattate dalla schiavitù vogliono tornare dai loro sfrutattori: suppongo che provino piacere... poverette". (p. 262-263)

Le mafie degli schiavisti oggi hanno più potere che mai: il numero di trafficanti arrestati e condannati è il più basso rispetto a qualsiasi altro reato. (p. 259)

Nel frattempo l'industria del sesso si modernizza, si globalizza e mette a punto strategie di mercato nuove e politicamente corrette. Le mafie cercheranno sempre di convincerci che siamo liberi, quando schiavizziamo altre persone per soddisfare i nostri bisogni, e che le donne sono libere perché possono scegliere di essere schiave dei loro clienti. Ad accettare quasto discorso non sono solamente le femministe postmoderne: anche la destra, che sotto il crocifisso o la tonaca gode della prostituzione più raffinata, ne rimane sedotta. (p. 255)

.. la gente in realtà non può - o non vuole - vedere il legame tra la tratta e la prostituzione. I mercanti dell'industria del commercio sessuale sono i grandi vincitori di questa confusione e dell'inerzia della società: finché la gente seguiterà a difendere la prostituzione ricorrendo ai princìpi della filosofia liberale, senza sviscerare il fenomeno della tratta, loro, i padroni delle schiave, continueranno a guadagnare milioni di dollari ogni anno.. (p. 246)

La maggioranza dei paesi che hanno approvato leggi contro il traffico e lo sfruttamento sessuale a fini di lucro impartiscono addestramento tecnico sulla tratta di donne e bambine ai corpi di polizia e alle forze di pubblica sicurezza(in diversi casi composti da militari o ex militari): ciò che manca è un'iniziativa tesa a far acquisire consapevolezza della violenza sessuale e della maschilità agli stessi poliziotti, militari e agenti dell'immigrazione che sono consumatori della prostituzione e hanno assunto la violenza contro le donne come qualcosa di normale. (p. 202)

Molti grandi autori della letteratura classica e contemporanea hanno contribuito all'idealizzazione della prostituzione come se fosse una mera questione di libertà sessuali. (p. 195)

.. il sessismo - tornato in voga, rafforzato e con nuove strategie di marketing - in realtà in alcuni paesi non è mai scomparso, si è semplicemente nascosto dietro la maschera del politicamente corretto. (p. 181)

La tratta di donne si inserisce in quel particolare giro d'affari della prostituzione denominato escort service; in questo stesso momento, mentre state leggendo queste pagine, potete andare su Zonadivas.com e contattare una donna di quei paesi. Ma come fa un cliente a sapere se quella donna è là di propria volontà o se invece è schiava di una rete di trafficanti che la controlla con debiti non restituibili, minacce e isolamento? Non c'è modo. Perché chi gestisce il giro in questione, dopo l'arresto dei propri capi, si è reso conto che se voleva continuare a far circolare le donne nei circuiti del sesso a pagamento doveva cavalcare l'onda della prostituzione "consentita". (p. 165)

Nelle case in cui vengono alloggiate le vittime si fa largo uso di pornografia e film erotici per creare una cultura di accettazione e normalizzazione dello sfruttamento. Gli schiavisti convincono le donne che il sogno di diventare pornostar sia per loro naturale e realizzabile. Così le portano a credere che lo sfruttamento sarà solo temporaneo e che presto potranno diventare donne famose e libere nell'industria del sesso, che per loro è l'unica scelta possibile. I trafficanti giurano e spergiurano di addestrarle a diventare le migliori e che, una volta raggiunta una posizione di potere, saranno in grado di scegliere [qui la la Cacho si riferisce a un giro di tratta all'interno di un circuito di lusso da lei scoperto perché una vittima di cui racconta tutta la storia si era rifugiata al CIAM] (p. 153)

Martins, come molti altri trafficanti, sa quanto è importante mescolare donne che si considerano professioniste della prostituzione a vittime schiavizzate. Mentre le prime hanno già ripagato i propri debiti e rimangono nel ramo con libertà di movimento, le altre sono sottomesse con minacce, non hanno i documenti e sono passibili di estradizione in qualsiasi istante. [si riferisce a Raul Martins, ex agente dei servizi segreti della dittatura argentina e re dei locali- bordello di lusso prima in Argentina, attualmente a Cancun e Playa del Carmen] (p. 146)

Un agente mi fissa con gentilezza e mi offre un visto giornaliero per attraversare il ponte. Scuoto la testa e gli domando se è al corrente delle atrocità di cui si macchiano i militari birmani contro donne e bambine, della prostituzione coatta e dei massacri. "Sì, terribile, terribile, qui è un reato", risponde. Sorrido appena e butto fuori l'aria per liberare i polmoni dalla paura, ma l'uomo prosegue:"Però sa, Madame, a molte di loro piace, quelle ragazze sono molto prostitute, ci provano gusto." La sua voce ha un tono involontariamente cinico, come quella dei milioni di uomini che, in ogni angolo del mondo, ripetono fino alla nausea la solita solfa: che sono le schiave a mettersi in condizione di schiavitù e che loro, clienti potenziali o effettivi, non possono far altro che cedere al desiderio delle schiave. (p. 135)

Se siete in cerca di spiegazioni semplici in queste pagine non ne troverete. La cosa più difficile è intuire le forme assunte dai confini tra ciò che è lecito e ciò che è illecito all'interno di un'economia globale. In ambito criminale, come in ambito politico, i confini sono invisibili, flessibile e permeabili. (p. 65)

In tutto il pianeta stiamo assistendo allo sviluppo di una cultura che tende a rendere normali il rapimento, la sparizione, la compravendita e la corruzione di bambine e adolescenti, allo scopo di trasformarle in oggetti sessuali da affittare o vendere; una cultura che per di più promuove la mercificazione dell'essere umano come fosse un atto di libertà o progresso. Soggiogate da un'economia di mercato disumanizzante, che ci è stata imposta come destino inelittabile, milioni di persone considerano la prostituzione un male minore e scelgono di ignorare lo sfruttamento e i maltrattamenti che comporta, insieme a un sempre maggior potere del crimine organizzato, dove più dove meno nel mondo intero. (p. 10)

Negli ultimi quindici anni il tema del riscatto delle vittime dalla tratta, soprattutto di chi è stata sottomessa alle reti dello sfruttamento sessuale e dell'abuso infantile, ha ricevuto una forte attenzione mediatica. Tuttavia in molte parti del mondo la tratta continua a essere utilizzata per mettere in scena una spettacolarizzazione poliziesca morbosa, piena zeppa di epiteti e aggettivi moralistici che non fanno altro se non inorridire la società e distaccarla da un tema che le appare del tutto lontano e isolato. In diverse occasioni le forze dell'ordine hanno manipolato i mezzi di informazione, e la società in generale, facendo passare per salvataggi le retate nei bordelli in cui si commettono abusi sulle donne. In realtà non sono altro che semplici arresti, spacciati per operazioni in difesa dei diritti umani. Alcuni membri delle forze di polizia di nazioni quali Stati Uniti, Messico, Spagna, Turchia, Francia, Sudafrica, Colombia e Giappone trattano le vittime come illegali e violano pressocché tutti i loro diritti. Sebbene ciò poco a poco stia cambiando, rimane indispensabile un'analisi seria che individui le circostanze nelle quali la polizia agisce in base a una doppia morale e a pregiudizi sessisti pur di trasmettere un'immagine di efficienza, e quelle in cui invece si comporta correttamente, avendo ricevuto un addestramento adeguato. "( p. 300-301)

E' chiaro che il mondo del commercio sessuale è contrario all'apertura di un mercato libero nel quale le donne adulte che scelgano di vendere le proprie prestazioni sessuali un tanto all'ora o al minuto, come argomenta Lamas, possano farlo tutelando la propria salute e pagando le tasse. Questa attività economica è strutturata in modo da facilitare il controllo e lo sfruttamento. Da un lato, fornisce agli uomini di tutto il mondo quello che donne e adolescenti si negano a dare liberamente - sesso senza regole, con obbedienza e sottomissione - e, dall'altro, arricchisce pochi alle spalle di molti. Pecca di ingenuità chi crede che legalizzando la prostituzione le mafie abbandonerebbero gli affari legati allo sfruttamento sessuale di donne, adolescenti e minori a livello transnazionale. (p. 290-291)

Un filosofo che da un'università elitaria della Gran Bretagna pontifica sulla libertà di prostituirsi è quasi sempre incapace di capire le conseguenze delle sue asseverazioni sulle persone reali che nelle reti della prostituzione patiscono grandi violenze, non solo sessuali, ma anche razziali e di genere. Si tratta di una violenza strutturale, le cui radici sono profondamente misogine e i cui risultati hanno effetti individuali e collettivi. All'estremo opposto, lo stesso discorso è applicabile a una religiosa cattolica o cristiana che riscatta giovani donne che si prostituiscono. Generalmente, lei e le sue sorelle hanno seri problemi ad accettare la sessualità come qualcosa di sano. La loro rabbiosa prospettiva abolizionista si fonda su pregiudizi, paure e valori ortodossi che non lasciano alcuno spazio al dialogo, neppure con le stesse vittime, alle quali quasi sempre impongono riflessioni religiose dogmatiche, finendo per occultare le complessità dell'ipersessualizzazione vissuta dalle vittime in un contesto di profonda sindrome da stress posttraumatico. (p. 285)

Nel centro congressi Sands, del Nevada, l'industria del sesso organizza ogni anno una fiera che richiama 22.000 presone: la Adult Entertainment Expo (Fiera dell'intrattenimento per adulti). Durante l'edizione del 2009 proprietari di postriboli, amministratori e produttori di pornografia hanno partecipato a un corso di tecniche di vendita e strategie di mercato. Al termine, due imprenditori messicani, tre di Singapore, una colombiana operante a Tokyo e uno dei più potenti proprietari di centri per massaggi di New York e Chicago si sono riuniti in una suite per scambiarsi biglietti da visita e concludere accordi mirati a rinnovare le proprie reti operative e "di reclutamento di nuove ragazze". La fonte presente all'incontro mi ha confidato che la colombiana propose ai partecipanti di allearsi per aprire un'agenzia di viaggi a Chicago con filiali nei rispettivi paesi, con lo scopo di facilitare l'internazionalizzazione degli spettacoli con le loro ragazze. Alcuni dei corsi organizzati in questa manifestazione sono: "Potere e influenza: la crescente presenza delle donne nell'industria dell'intrattenimento per adulti"; "Attività commerciali basate su modelli tecnologici: i modelli che occorre conoscere"; e "Come creare le migliori squadre di vendita: educazione sessuale per il tuo staff". Uno dei più celebri è il seminario legale di Arthur Schwarts, al quale partecipano rispettabili membri della polizia e avvocati per spiegare le nuove normative e come rispettarle. Nel frattempo, nei corridoi, i veri mafiosi si accordano su come evaderle. Nella manifestazione convivono fianco a fianco i semplici appassionati, che vedono l'industria del sesso come una fonte di educazione alla liberazione del proprio erotismo, e i trafficanti nazionali e internazionali che approfittano della libertà creativa per vivere della schiavitù distruttiva. Chiunque si azzardi a mettere in discussione queste mafie e i loro legami con l'industria sessuale mainstream, incorre in un'ondata di attacchi da parte di chi crede che cose del genere - come la pornografia snuff realizzata sfruttando vittime di Ciudad Juarez, Tijuana e Thailandia - siano solo fantasticherie". (p. 261-262)









domenica 29 gennaio 2012

Lettere da un altro pianeta - 1


Utopia a volte chiamiamo ciò che ci sembra di un altro pianeta soltanto perché non osiamo dare corpo al sogno, dentro di noi, in quello che siamo, giorno per giorno.
Dire ad alta voce oggi un'altra realtà può aiutarci
a far nascere il cambiamento, domani..


Cara Valentina,

ho letto ciò che scrivi nel blog e i materiali che mi hai mandato e ti confesso di essere rimasto abbastanza stupito e di aver poco compreso una realtà troppo lontana da quella del mio pianeta. Penso che da voi forse il primo problema sia che maschi e femmine non sono in condizioni di parità , ma ci sono delle discriminazioni sociali, culturali, economiche, degli stereotipi che vi trattengono in ruoli decisi dall'alto. Scusa se te lo dico: ma vi vedo un po' rassegnati, come fate ad accettare una forma di dittatura del pensiero che vi ingabbia fin da bambini decidendo come dovete comportarvi o che addirittura vi discrimina come cittadini in base alla vostra sessualità? Noi su Xedox siamo lasciati liberi, maschi, femmine e di ogni identità e orientamento sessuale di essere come siamo, persone innanzitutto, ognuna con le sue inclinazioni. Una cosa voglio dirti che mi ha ricordato quando tu parlavi dei "parchi dell'amore": da noi questi parchi ci sono, ma non si vendono prestazioni sessuali, bensì sono pezzi di bosco dati in uso temporaneo per una mezza giornata a coppie di ogni età, sesso e orientamento sessuale che desiderano passare qualche ora insieme in uno scenario naturale. Oppure spiagge al mare adibite allo stesso modo. Inoltre, ci sono gli alberghi del sesso, forniti di idromassaggi, saune, piscine, luci e musiche soffuse, ecc.. tutto ciò che gli amanti di una volta o di una vita possano desiderare. I prezzi sono anche buoni, perché l'armonia sessuale della gente è considerata importantissima. Sei sicura che da voi non ci sia niente del genere che non sia destinato al sesso a pagamento? Mi sembra davvero pazzesco! Vedi, da noi non esiste questa cosa di pagare, innanzitutto perché qua non c'è nessuno che non voglia sentirsi desiderato o desiderata dall'altro, che brutto sarebbe! Il massimo su cui interviene lo stato è organizzare corsi fin dalle scuole di educazione alla sessualità, per rispondere ai dubbi che sorgono a bimbi e adolescenti e per la salute sessuale e riproduttiva. Tu mi chiedevi dell'educazione alla parità di genere, ma qui non l'abbiamo mai avuta perché non ci sono questi problemi. Sì, anche noi abbiamo alcuni paesi più poveri, in cui la gente vive peggio e stiamo occupandoci di porvi rimedio. Ma non ci sono queste altre differenze, tipo quelle dei sessi, né paesi in totale miseria come mi dici tu che vengono sfruttati sistematicamente da quelli ricchi. Non siamo perfetti, ovvio: c'è chi ha un carattere difficile, problemi di relazione e si cerca di aiutarli - se vogliono - con uno sportello nelle scuole già dalla prima infanzia. Si dà importanza al fatto che la gente non soffra perché magari resta sola. Sui film che dicevi, guarda: da noi non andrebbero di moda se ci fossero, perché guarda che la sessualità da noi è sentita espressione della libertà individuale. Non è che c'è qualcuno che deve dirmi cosa devo fare o come devo comportarmi o addirittura come deve essere il mio corpo. Noi abbiamo molta fantasia e siamo liberi, senza ruoli prestabiliti. Voi mi sembrate invece come dei sudditi del pensiero. Fate qualcosa, al più presto. Cercate di capire chi e perché vuole mantenervi così. Se fosse possibile ti inviterei qui su Xedox, col tuo amante e compagno, immagino che una vacanza qua possa davvero piacervi. Ma anche la nostra tecnologia ancora non lo consente.

A presto.

Tuo,
Ramon

venerdì 27 gennaio 2012

28 gennaio 2012: Boicotta OMSA oggi e sempre...se licenzia

La OMSA nel dicembre scorso ha comunicato l'imminente licenziamento delle 239 operaie dello stabilimento di Faenza, per una ragione di mero massimo profitto: delocalizzare in Serbia dove notoriamente le condizioni del lavoro sono schiavistiche.
In solidarietà alle operaie e contro il lavoro schiavistico, con il mio blog ho aderito al seguente appello per un'azione concreta che copio e incollo dal sito del Laboratorio Sguardi sui Generis:

Appello per un'azione di solidarietà concreta

Dal 2010 ormai prosegue la vertenza delle operaie dello stabilimento della Omsa di Faenza, minacciate di perdere il lavoro per una delocalizzazione della produzione che nulla ha a che vedere con la crisi e tutto ha a che fare con il profitto; la vigilia di Capodanno il gruppo GoldenLady ha comunicato alle 239 lavoratrici ancora occupate che il 12 marzo 2012, alla fine della cassa integrazione, saranno licenziate.
La perdita di qualsiasi scrupolo da parte dell'azienda ha sollevato la giusta indignazione di molti/e, decis* a solidarizzare con la lotta di queste lavoratrici. Da tempo è partita una campagna di boicottaggio dei prodotti del gruppo che, anche grazie ai social media, sta raggiungendo un notevole livello di diffusione.
Come donne, collettivi e realtà autorganizzate vogliamo diffondere un appello per un'iniziativa congiunta in tutte le città italiane Sabato 28 Gennaio.
Con volantinaggi, striscioni, musica, presidi, flash mob ed ogni altro strumento utile, proponiamo una giornata di informazione e boicottaggio attivo di fronte ai punti vendita del gruppo GoldenLady (Golden Point).
Nel pieno dei saldi, quando all'azienda farebbe gola vendere il più possibile, vogliamo stare nelle strade per ricordare a chi pensa solo al proprio profitto che le scelte di produzione non possono passare sopra le nostre vite.
Diffondiamo questo appello a tutte le realtà organizzate, femministe e non, e alle singole persone che desiderano impegnarsi per dimostrare solidarietà concreta a questa lotta.

Piuttosto che vestire sfruttamento,
le calze ce le disegneremo sul corpo!

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Boicotta anche i seguenti marchi appartenenti ad Omsa:

Philippe Matignon

Sisi

Hue Donna

Hue Uomo

Saltallegro

Saltallegro bebé

Golden Lady


giovedì 19 gennaio 2012

Storie di ponte e di frontiere


Ho notato, da quando ho deciso di occuparmi dei temi di questo blog, che una delle difficoltà maggiori nel capirci qualcosa è data dal fatto che chi più conosce la realtà dei fatti spesso ha ben poco tempo per raccontarla e per esprimere le sue opinioni su internet o nei libri. Chi ha tanto tempo, al contrario, non opera nel concreto e quindi per quanto magari giornalista preparato e acuto possa essere, gli manca la conoscenza diretta, indispensabile per temi così complessi e sostanzialmente ignorati dai media mainstream.

Questo libro a cura di Oria Gargano è una delle eccezioni che pure per fortuna esistono, perché nasce dalla concreta esperienza dello Sportello di consulenza e assistenza tenuto dalla Cooperativa sociale Be Free per le donne detenute nel CIE di Ponte Galeria a Roma. Lo scopo dichiarato nell'introduzione di questo libro è proprio quello di far conoscere questa esperienza che "ci appare sempre di più come un patrimonio del quale non vogliamo e non dobbiamo essere le uniche depositarie".

Il libro offre una parte in cui spiega cosa è e da dove nasce un CIE, mostrando con ottima sintesi come è evoluto - o meglio involuto - il panorama normativo italiano dal testo unico sull'immigrazione (decreto legge Turco-Napolitano 286/1998) fino alla legge Bossi-Fini (189/2002) e al cosiddetto pacchetto sicurezza (legge 94/2009) che introduce il reato di clandestinità e la detenzione nei CIE fino a sei mesi.

Colpisce enormemenete il contrasto tra questa normativa di tipo repressivo, le violazioni di diritti umani che avvengono nei CIE e il dato di fatto che la maggior parte delle donne lì detenute dovrebbe invece essere aiutata in quanto "vittime di molti reati, definiti dalla Corte Penale Internazionale nel suo Statuto approvato nel 1998, crimine contro l'umanità: omicidio, sterminio, riduzione in schiavitù, tortura, stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata ed altre forme di violenza sessuale di analoga gravità". La maggior parte delle donne detenute nei CIE di fatto è vittima di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale o lavorativo. Queste donne si trovano spaesate, non capiscono perché sono detenute senza aver compiuto alcun reato, ma avendone invece subìti: "è difficile capire che il tuo non avere il permesso di soggiorno e neanche i documenti è una colpa così grave, soprattutto quando - circostanza che accomuna circa i due terzi delle donne che vi sono trattenute - il passaporto te lo hanno levato i tuoi sfruttatori, insieme alla libertà e alla dignità".

L'unica strada per evitare l'esplusione è offerta dai percorsi per il diritto d'asilo o da quelli previsti dall'art. 18 del Testo unico sull'immigrazione (permesso di soggiorno di sei mesi per le vittime di tratta che denunciano i propri sfruttatori). Le operatrici dello Sportello di Be free, supportano, con competenza e adottando un'ottica di genere, le donne per aiutarle a inserirsi in uno di questi percorsi, operando fondamentali sinergie con diverse realtà associative e istituzionali, pur tra mille problemi. Le ragazze hanno grandissima difficoltà a sporgere una denuncia, sono spesso controllate dagli sfruttatori anche all'interno del CIE e ricevono minacce e ritorsioni concrete contro le famiglie. Se nonostante tutto denunciano coraggiosamente, spesso trovano poca comprensione, mancanza di preparazione degli operatori o mancanza di mediatori culturali e rischiano di essere espulse ugualmente, incontrando nei loro paesi stigmatizzazione, emarginazione e finendo spesso per essere trafficate nuovamente.

Le donne presenti nel CIE di Ponte Galeria e incontrate dalle operatrici di BeFree sono di diverse nazionalità: Nigeria, Cina, ex Jugoslavia, paesi maghrebini, Albania, America latina e in piccola parte dell'exURSS, rumene o bulgare trovate senza documenti al momento del fermo e portate nei CIE nonostante siano cittadine comunitarie. La maggior parte delle donne vittime di tratta per sfruttamento sessuale nel CIE di Ponte Galeria è nigeriana (ma ci sono anche brasiliane, rumene, cinesi, russe, donne provenienti dalla ex Jugoslavia).

E' sulla tratta delle nigeriane che il libro ci offre un importante approfondimento, contenendo anche una lettera di Isoke Aikpitanyi scritta espressamente per BeFree - in cui è spiegato il contesto difficile di sottomissione e discriminazione che vivono le donne in Nigeria fino a venire in occidente e "non entrare però in una realtà di più diritti per le donne e più benessere, ma solo nella realtà dove tutto ha un prezzo e si compera, anche il sesso".

Oltre a un esame della situazione della Nigeria - paese devastato dalla rapina effettuata dalla grandi compagnie petrolifere occidentali come Agip e Shell - c'è poi un importantissimo dossier che contiene informazioni dettagliate sul traffico di donne nigeriane attraverso la Libia, così come ricostruito dalle operatrici di Be Free nei colloqui con le donne incontrate nel CIE. Be Free chiede espressamente una estensione dell'art. 18 per i casi in cui le donne siano state sfruttate sessualmente nei bordelli libici e trafficate attraverso questo paese, pur se ancora non sfruttate nel territorio italiano, così come previsto dai più recenti protocolli internazionali antitratta che prevedono una nozione e un intervento coordinato transnazionale sul traffico di esseri umani.

Leggendo il dossier (che si può anche scaricare dal sito di Be Free) si percepisce bene la complessità di una vera organizzazione criminale transnazionale con molteplici figure che ricoprono altrettanti ruoli nel sistema, oltre a conoscere nei dettagli l'immane tragedia della pericolosissima deportazione attraverso il deserto. Come il cimitero a cielo aperto a metà strada tra Dirkou e Tumu in Niger, dove sono sepolte senza nome un centinaio di persone morte nel Sahara.

Potete ordinare il libro direttamente scrivendo a Be Free (così ho fatto io) o su IBS.