Vista la propaganda martellante condotta soprattutto dai partiti di destra, ma con consensi bipartisan, per l'abrogazione della legge Merlin e il ritorno alla regolamentazione della prostituzione, penso che sia quantomeno doveroso informarsi di cosa si dice in quei paesi che hanno regolamentato e su come funziona realmente lì il sistema.
Promuovendo il loro referendum, Angelo Alessandri e Matteo Iotti di Progetto Reggio e Luca Vezzani del Pdl ci assicurano: ''Una proposta referendaria che è anche una battaglia di civiltà che cerca di affrontare il tema della prostituzione ed i problemi ad essa inerenti in modo concreto. La riapertura delle 'case chiuse' e la loro regolamentazione permette innanzitutto di stroncare il racket della tratta di queste ragazze, evitando forme di schiavitù, e facendo in modo che anche le prostitute possano godere di diritti. In questo modo 'papponi' e 'magnaccia' perderanno il loro lavoro e la possibilità di vessare le ragazze sotto la loro protezione''.
Di diverso avviso sembra il quotidiano tedesco Der Spiegel in questo noto dossier tradotto da Maria Rossi che ringrazio. La traduzione è stata condotta su questa versione francese e confrontata col testo inglese.
Bordello Germania
Come lo Stato incoraggia la tratta delle donne e la
prostituzione
Der Spiegel, 26 maggio 2013
Quando la Germania,
più di un decennio fa, ha legalizzato la prostituzione, i politici speravano
che ciò creasse migliori condizioni e concedesse maggiore autonomia alle sex
workers. Ma le cose non sono andate così. Lo sfruttamento della prostituzione e
la tratta rimangono problemi gravi.
1 Come è fallita la legalizzazione della prostituzione
Sânandrei è un
villaggio povero della Romania, composto di case scalcinate e di sentieri
fangosi. Circa l'80% dei suoi abitanti più giovani è disoccupato e una famiglia
può ritenersi fortunata se possiede un orto dove coltivare patate e legumi.
Alina è in piedi
sulla soglia della casa dei suoi genitori, una delle più vecchie di Sânandrei.
Indossa stivali di pelliccia e jeans. Parla del motivo per cui ha voluto
abbandonare questa casa quattro anni fa, all'età di 22 anni. Parla di suo
padre, che beveva e picchiava sua moglie, e abusava anche della figlia. Alina
non aveva né soldi né lavoro.
Ha sentito parlare
delle possibilità offerte dalla Germania dal fidanzato della sua amica. Ha
appreso che là una prostituta poteva facilmente guadagnare 900 Euro al mese.
Alina ha iniziato a
pensarci. Qualsiasi cosa le sembrava meglio che restare a Sânandrei.
<<Pensavo che avrei avuto la mia stanza, il bagno e pochi
clienti>>, dice. Nell'estate del 2009, lei e la sua amica sono salite
sull'auto del fidanzato di quest'ultima e hanno attraversato l'Ungheria, la
Slovacchia e la Repubblica Ceca fino a raggiungere la capitale tedesca - non il
quartiere de Mitte collegato al centro, ma un luogo sito nelle vicinanze
dell'aeroporto di Schönefeld, un locale il cui nome rivelava molto del proprietario: "Airport Muschis" ("Le fighe
dell'aeroporto"). La specialità di questo bordello era il sesso a
tariffa fissa. Per 100 Euro un cliente poteva scopare per quanto tempo voleva e
con quante donne desiderava.
E' successo tutto
molto velocemente, spiega Alina. C'erano in quel posto altri Romeni che
conoscevano l'uomo che le aveva portate lì. Hanno detto ad Alina di svestirsi e
le hanno fatto indossare lingerie trasparente. Soltanto qualche ora dopo il suo
arrivo, si trovava ad accogliere i suoi
primi clienti. Quando non si mostrava abbastanza gentile con la clientela, i
Romeni le riducevano il salario.
I clienti berlinesi
pagavano all'ingresso. Molti assumevano droghe per migliorare la performance
sessuale e potevano avere rapporti per tutta la notte. Si formava spesso una fila
di clienti davanti alla camera di Alina. Ella dice di aver smesso alla fine di
contare quanti uomini venissero a letto con lei. <<Ho rimosso questa
percezione>> - spiega. <<Ce ne erano così tanti, tutti i
giorni!>>.
Chiusa a
chiave
Alina dice che lei e
le altre donne erano costrette a pagare ai magnaccia 800 Euro alla settimana.
Condivideva un letto a una piazza con altre tre donne. Non c'era nessun altro
mobile. Tutto ciò che ha visto della Germania è
stato il distributore di benzina Esso all'angolo, dove era autorizzata
ad andare a comprare le sigarette e degli snack, ma soltanto in compagnia di una guardia del corpo. Per il
resto del tempo, dice Alina, veniva rinchiusa a chiave nel club.
Gli investigatori
hanno appreso che le donne del club dovevano offrire prestazioni sessuali
vaginali, orali e anali e avere rapporti con più uomini contemporaneamente in
sessioni di gang-bang. Gli uomini non usavano sempre il preservativo.
<<Non avevo il diritto di rifiutare nulla>>, spiega Alina. Durante
le mestruazioni, si inseriva delle spugnette nella vagina, in modo che i
clienti non se ne accorgessero.
Dice di non essere
stata praticamente mai picchiata, come del resto le altre donne. <<I
magnaccia dicevano di conoscere abbastanza gente in Romania che sapeva dove
vivevano le nostre famiglie. Questo bastava [ad ottenere la nostra
obbedienza]>>. Quando talvolta chiamava la madre con il cellulare, le
mentiva e le parlava di una vita stupenda in Germania. Il giorno in cui un
magnaccia le versò 600 Euro, lei riuscì a spedire i soldi alla sua famiglia.
La storia di Alina
non ha nulla di eccezionale in Germania. Le organizzazioni umanitarie e gli
esperti stimano che vi siano fino a 200.000 donne prostituite nel Paese. Secondo diversi studi, fra cui una ricerca
della Rete europea di prevenzione dell'HIV e delle malattie sessualmente
trasmissibili e di promozione della salute delle sex workers emigrate (TAMPEP),
dal 60% all'80% delle ragazze e delle donne che esercitano la prostituzione
arrivano dall'estero, la maggioranza dalla Romania e dalla Bulgaria.
La polizia non
poteva fare gran che per le donne come Alina. I magnaccia erano sempre
pronti ai controlli delle forze
dell'ordine, dice Alina, e si vantavano di conoscere alcuni poliziotti.
<<Sapevano quando ci sarebbe stato
un controllo>>, dice Alina, ciò che spiega perché lei non abbia mai osato
confidarsi con un agente di polizia.
I magnaccia dicevano
alle ragazze cosa dire esattamente alla polizia. Esse dovevano affermare di
aver appreso, navigando in Internet nel loro Paese, in Bulgaria o in Romania,
che si potevano guadagnare molti soldi lavorando in un bordello tedesco. Poi
che avevano semplicemente acquistato il biglietto del pullman ed erano giunte
al club un bel giorno, in perfetta autonomia.
Un tappeto di
menzogne
E' probabile che
tutti gli agenti di polizia che lavorano in un reparto che si occupa di
prostituzione sentano continuamente queste menzogne. Lo scopo di questa
finzione è di occultare ogni traccia di tratta. Queste menzogne diventano
dichiarazioni che trasformano le donne come Alina in prostitute
autodeterminate, in imprenditrici che hanno liberamente scelto la propria
professione e alle quali la Germania desidera ora offrire buone condizioni di
lavoro nel settore sessuale dell'industria dei servizi.
E' l'immagine della
<<puttana rispettabile>> che sembra affascinare i politici: donne
libere di fare ciò che amano, tutelate dal welfare, impegnate in un lavoro che
adorano e titolari di un conto corrente nella banca di risparmio del posto. I
sociologi le definiscono con un'espressione: <<sex workers
migranti>>, ambiziose fornitrici di servizi che approfittano delle
occasioni che oggi offre loro un'Europa sempre più unita.
Nel 2001, il
Parlamento tedesco, il Bundestag, con il
consenso della coalizione di Governo che era al potere all'epoca (Partito
socialdemocratico/ Partito dei Verdi), ha adottato una legge sulla
prostituzione che si pensava migliorasse le condizioni di lavoro delle persone
prostituite. Secondo la nuova legge, le donne potevano ricorrere alla
magistratura per ottenere il salario cui avevano diritto, così come il
pagamento dei contributi sociali e sanitari, dell'indennità di disoccupazione e
della pensione. L'obiettivo della legge era quello di rendere la prostituzione
un mestiere come quello dell'impiegata di banca o dell'assistente del dentista,
un impiego accettato, anziché
ostracizzato.
Le donne che
celebravano le lodi di un'industria del sesso autonoma si sono mostrate molto
soddisfatte quando la legge è stata votata. Christine Bergmann (Partito
socialdemocratico), all'epoca Ministra
della famiglia, è stata vista fare un brindisi a base di champagne con
Kerstin Müller, all'epoca leader parlamentare dei Verdi, a fianco della gerente
di un bordello berlinese, Felicitas Weigmann (oggi Felicitas Schirow). Le tre
celebravano il fatto che in Germania gli uomini potessero ora frequentare le
case chiuse senza il minimo scrupolo.
Oggi, molti
poliziotti, associazioni femministe e politici uomini e donne che conoscono l'ambiente
della prostituzione sono convinti/e che questa legge compiacente non sia che un
programma di sostegno ai magnaccia e che essa renda il mercato più attraente
per la pratica della tratta.
Rinforzare i
diritti delle donne
Quando è stata
promulgata le legge sulla prostituzione, anche il codice civile tedesco è stato
modificato. L'espressione <<promozione della prostituzione>>, un
reato, è stata sostituita da quella di <<sfruttamento della
prostituzione>>. Il lenocinio rimane
un reato quando è <<abusante>> o <<coercitivo>>.
Ma la polizia e i giudici sono frustrati, perché questi elementi di reato sono
molto difficili da provare. Un prosseneta può essere considerato abusante, per
esempio, se esige più della metà dei guadagni di una prostituta, ma di rado è
possibile provarlo. Nel 2000, 151 persone sono state riconosciute colpevoli di
lenocinio, mentre nel 2011 non se ne sono avuti che 32.
Le promotrici della
legge si ponevano in effetti il fine di rafforzare i diritti delle donne, non
quelli dei prosseneti. Speravano che i proprietari e le proprietarie delle case
chiuse approfittassero dell'occasione per <<offrire buone condizioni di
lavoro senza essere penalmente perseguibili>>, come si può leggere in una
valutazione della legge redatta dal Ministero federale della Famiglia.
Prima dell'adozione
della nuova legge, la prostituzione non era sanzionata penalmente, ma era
considerata immorale. Le autorità tolleravano le case chiuse, designandole con
l'eufemismo di <<affitto di una stanza per il commercio>>. Oggi, un
po' più di 11 anni dopo che la prostituzione ha visto migliorare la propria considerazione in virtù della
legge adottata nel 2001, esistono tra i 3000 e i 3500 locali <<a luce
rossa>>, secondo le stime dell'associazione che rappresenta gli interessi
dell'industria: l'ErotikGewerbe Deutschland (UEGD). Il sindacato degli
impiegati dei servizi pubblici Ver.di stima che i profitti annuali della
prostituzione siano circa 14,5 miliardi di euro.
Si stima che
esistano 500 bordelli a Berlino, 70 a Osnabrück, una piccola città del Nord
Ovest e 270 nel piccolo Land della Saar,
a Sud-Ovest, vicino alla frontiera francese. Molti francesi frequentano le case
chiuse della Saar. A Berlino, il Sauna Club Artemis, situato presso
l'aeroporto, attira numerosi acquirenti di sesso inglesi e italiani.
Le agenzie di
viaggio propongono tour nei bordelli tedeschi che durano fino a 8 giorni.
Queste escursioni sono <<legali>> e <<sicure>>, scrive
un agente di viaggio sulla sua home page. I potenziali clienti si vedono promettere
fino a 100 <<donne tutte nude>>, che portano solo scarpe con i
tacchi alti. Sono accolti all'aeroporto e condotti nei club su auto BMW serie
5.
2. L'orrore della tariffa forfettaria
Oltre ai cosiddetti
club o saune naturiste, dove i clienti
girano con un asciugamano attorno
ai fianchi, mentre le donne sono nude,
si sono diffusi in Germania anche i megabordelli. Essi pubblicizzano i
propri servizi a tariffa forfettaria, a prezzo fisso. Quando ha aperto il
<<Pussy Club>>, nei pressi di Stoccarda, nel 2009, la direzione ha
annunciato l'apertura in questo modo: << Sesso con tutte le nostre donne,
per tutto il tempo che volete, quante volte volete e in tutti i modi che
volete. Sesso. Sesso anale. Sesso orale senza preservativo. Sesso in tre modi.
Gang-bangs>>. Tutto ciò al prezzo fisso di 70 euro di giorno e di 100
euro la sera.
Secondo la polizia,
circa 1700 clienti hanno approfittato di questa offerta nel week end
d'apertura. I pullman arrivavano da molto lontano e i quotidiani locali hanno
scritto che più di 700 uomini hanno atteso in fila all'esterno del bordello.
Successivamente, alcuni clienti si sono lamentati sui forum Internet del
carattere insoddisfacente del servizio e del fatto che le donne diventavano
<<meno utilizzabili>> dopo qualche ora.
L'industria del
sesso è diventata più dura, spiega un' operatrice sociale, Andrea Weppert, che
lavora con le prostitute da più di 20 anni, nel corso dei quali il numero delle
prostitute è triplicato. Secondo Weppert, più della metà delle donne non ha una
residenza stabile, ma si sposta piuttosto da una località all'altra, in modo da
poter guadagnare più denaro, essendo
<<nuova>> in ciascuna città.
Oggi <<una
percentuale elevata di donne che si prostituiscono non rientra a casa dopo il
lavoro, ma resta invece 24 ore al giorno sul luogo di lavoro>>, ha
scritto una ex prostituta con lo pseudonimo di Doris Winterdans nel suo
contributo ad un'antologia universitaria: "Il diritto della prostituzione".
<<Le donne vivono generalmente nei posti dove lavorano>>, spiega.
A Nuremberg, spiega
l'operatrice sociale Weppert, un posto per dormire in tali locali costa dai 50
agli 80 euro al giorno e il prezzo può arrivare sino a 160 euro nei bordelli
che ospitano molte prostitute. Le condizioni di lavoro delle donne prostituite
sono <<peggiorate nel corso degli ultimi anni>>, spiega. <<In
Germania, nel complesso, sono offerti
molti più servizi sessuali in condizioni più rischiose e per meno denaro che 10
anni fa>>.
Prezzi in caduta
libera
A dispetto
dell'aggravarsi delle condizioni, le donne affluiscono in Germania, il
principale mercato della prostituzione nell'Unione Europea, un fatto che
confermano anche i proprietari delle case chiuse. Holger Retting, della lobby
UEGD [n.d.t l'associazione dei gestori dei bordelli], dice che l'afflusso di
donne dalla Romania e dalla Bulgaria è considerevolmente aumentato in seguito
all'adesione di questi due Paesi alla UE. <<Ciò ha comportato un ribasso
dei prezzi>>, dice Rettig, che nota come il mercato della prostituzione
sia caratterizzato da <<un'economia liberista di mercato piuttosto che da
un'economia sociale di mercato>>.
Il capo della
polizia di Monaco, Wilhelm Schmidbauer, deplora <<l'aumento esplosivo
della tratta proveniente dalla Romania e dalla Bulgaria>>, ma aggiunge di
non aver accesso agli strumenti necessari per svolgere le indagini. Gli è
spesso proibito di utilizzare le intercettazioni telefoniche. Il risultato,
dice Schmidbauer, <<è che noi non perseguiamo praticamente nessuno per
tratta. Non riusciamo a provare che esista>>.
Questi ostacoli
rendono difficile individuare coloro che portano ai bordelli tedeschi
<<prodotti>> dagli angoli più remoti d'Europa, prodotti come Sina.
Ella ha raccontato agli psicologi di un centro di informazione delle donne di
Stoccarda il suo viaggio verso i bordelli a tariffa forfettaria della Germania.
A Corhana, il suo paese d'origine, vicino alla frontiera che separa la Romania
dalla Moldavia, la maggior parte delle case non ha l'acqua corrente. Sina e le
altre ragazze del paese si recavano ad attingere acqua dal pozzo tutti i
giorni. Era come una scena di Cenerentola. Tutte le ragazze sognavano che un
giorno arrivasse un uomo che le strappasse alla loro vita disperata.
L'uomo, che è infine
arrivato al pozzo del paese su una grande BMW, si chiamava Marian. Per Sina, fu
un colpo di fulmine. Egli le disse che in Germania vi era lavoro e i suoi
genitori firmarono un modulo, in quanto lei era minorenne, che le permetteva di
lasciare il paese. Passando per Schifferstadt nel Land di sud ovest della
Renania-Palatinato, l'uomo fece sbronzare Sina e andò a letto con lei.
Marian condusse Sina
al "No Limit", un bordello a tariffa forfettaria. La ragazza aveva
solo 16 anni e dice di aver avuto rapporti anche con 30 clienti al giorno.
Marian le dava ogni tanto qualche centinaio di euro. Temendo i controlli della
polizia, l'uomo la rinviò infine in Romania. Ma lei ritornò e continuò a
lavorare come prostituta. Sperava che un cliente si innamorasse di lei e la salvasse.
<<Nessun apprezzabile miglioramento>>
La legge del 2001
sulla prostituzione in Germania ha migliorato la situazione delle donne come
Sina? Cinque anni dopo la sua
promulgazione, il Ministero della Famiglia
sottopose a valutazione la nuova legge. Il rapporto indicava che gli
obiettivi erano stati << raggiunti parzialmente >> e che la
deregolamentazione non aveva <<apportato alcun apprezzabile miglioramento
reale alla sicurezza sociale delle prostitute>>. Non erano migliorate né
le loro condizioni di lavoro, né la possibilità di lasciare la professione.
Infine, non esisteva << alcuna solida prova>> che la legge avesse
ridotto la criminalità.
Nessun tribunale
aveva celebrato un processo in cui una prostituta avesse citato in giudizio il
suo datore di lavoro per questioni salariali. D'altra parte, soltanto l'1%
delle donne intervistate aveva dichiarato di aver sottoscritto un contratto di
lavoro come prostituta. Il fatto che il sindacato Ver.di avesse approntato un
<<modello di contratto di lavoro nel campo dei servizi sessuali>>
non aveva assolutamente cambiato le cose.
In un sondaggio
realizzato da Ver.di, la gestrice di un bordello ha detto di apprezzare la
legge sulla prostituzione, perché riduce il rischio dei controlli della
polizia. Nei fatti, ha detto, la legge è più vantaggiosa per i gestori dei
bordelli che per le donne che si prostituiscono.
Per esercitare
un'attività di vendita di alimentari su mezzi mobili in Germania, bisogna
attenersi alla norma DIN 10500/1, che riguarda <<i veicoli di
vendita dei cibi deperibili>> e
che impone, ad esempio, l'obbligo di installare distributori di sapone e di
asciugamani monouso. Un gestore di bordello non è sottoposto ad alcuna
restrizione. Tutto ciò che deve fare è segnalare alle autorità la data di
apertura del suo locale.
Le donne che si
prostituiscono continuano a non registrarsi presso le autorità. Ad Amburgo,
nota per il suo quartiere <<caldo>>: il Reeperbahn, solo 153 donne
sono in regola e si sono registrate all'ufficio delle imposte della città. Il
governo vuole che le prostitute paghino le tasse. Deve pertanto elaborare una
regolamentazione della professione?
La strana posizione
che assume il governo nell'industria del sesso è particolarmente evidente nel
caso delle prostitute di strada di Bonn. Ogni sera, esse devono pagare un
ticket emesso da un parcometro, un ticket che vale fino alle ore 6 del giorno
successivo. Il ticket costa 6 euro.
Un Big Mac
per far sesso
Nella zona nord di
Colonia, dove le prostitute tossicomani lavorano sulla Geestemünder Strasse,
non lontano dalla fabbrica di assemblaggio della Ford, non è riscossa alcuna
imposta. Nel quadro di un progetto
sociale , sono stati istituiti
quelli che vengono definiti <<box di lavoro>>. Sono sostanzialmente
dei luoghi di sosta circondati da mura e riuniti sotto il tetto di un hangar,
dove si possono avere rapporti sessuali in auto. Malgrado la totale assenza di
cartelli che indichino che l'installazione serve all'esercizio della
prostituzione, sui muri della zona recintata è visibile il limite di velocità
di 10 Km all'ora che fa circolare le auto in senso antiorario.
In una fredda sera
di primavera, una ventina di donne si sono riunite ai bordi della zona. Alcune
hanno portato delle sedie da camping, mentre altre si sono sedute sotto
pensiline riadattate. Quando un cliente si è accordato sul prezzo con una delle
donne, la conduce in uno degli stand. Ci sono otto stands sotto il tetto
dell'hangar, oltre ad una stanza a parte per i ciclisti e per i pedoni, con il
pavimento di cemento e una panchina. C'è un pulsante d'allarme in ciascun box e
un'organizzazione cattolica, che fornisce servizi sociali destinati alle donne,
sorveglia la zona ogni sera.
Alia, 23 anni, con
la parrucca bionda, indossa una camicetta troppo stretta e tenta di dissimulare
l'alito che sa di alcool, succhiando una mentina. Parlando di sé e delle altre
prostitute di strada, Alia dice: <<Quelle che lavorano qui hanno dei
grossi problemi>>.
Il percorso che ha
condotto Alia a Geestemünder Strasse è iniziato quando ha lasciato la scuola e
si è fidanzata con un ragazzo che l'ha indotta a prostituirsi. <<Sono le
difficoltà economiche e sentimentali>> che l'hanno indotta a
prostituirsi, dice, e successivamente si sono aggiunte al tutto la marijuana,
la cocaina, le anfetamine e l'alcool. <<Non c'è prostituzione senza
costrizione e povertà>>, dice. Sono tre anni che passeggia sul
marciapiede. <<Una donna che se la passa bene, non fa questo genere di
lavoro>>, dice.
Il costo del sesso
orale e della penetrazione vaginale era
in passato di 40 euro sulla Geestemünder
Strasse. Ma quando la vicina città di Dortmund ha chiuso la sua zona di
esercizio della prostituzione, sono arrivate a Colonia molte più donne, dice
Alia. <<Ci sono sempre più donne ora ed esse riducono i prezzi per arrivare a guadagnare ciò che
basta per sopravvivere>>. Le Bulgare e le Romene accettano persino di
essere pagate meno di 10 euro al rapporto, dice. <<C'è persino una donna
qui che accetta di fare sesso in cambio di un Big Mac>>.
3. La Germania ha un problema di tratta degli esseri
umani
Sono poche le donne
dell'Europa dell'Est che si prostituiscono ancora sulla Geestemünder Strasse.
Sono state allontanate in seguito ai controlli periodici dei passaporti
effettuati dalla polizia, una misura diretta ad individuare e a proteggere le
vittime della tratta e della prostituzione coatta. Oggi queste ragazze
esercitano la prostituzione di strada nel quartiere sud di Colonia, ma ciò
comporta ugualmente una riduzione dei prezzi nel quartiere nord.
Nel 2007, Carolyn
Maloney, rappresentante democratica dello Stato di New York e fondatrice di un
comitato anti-tratta al Congresso degli Stati Uniti, ha redatto un testo sulle
conseguenze della legalizzazione della prostituzione nella e attorno alla Mecca
del gioco d'azzardo: Las Vegas. <<C'era una volta - ha scritto - la convinzione naif che legalizzare la
prostituzione consentisse di migliorare la vita delle prostitute, di eliminare
la prostituzione nelle zone dove rimaneva illegale e di scacciare il crimine
organizzato. Come tutte le fiabe, anche questa convinzione si è rivelata essere
pura fantasia>>.
I poliziotti
tedeschi che pattugliano i quartieri caldi si lamentano di essere appena in
grado di iniziare le inchieste nei bordelli di oggi. La Germania è diventata
<<il centro dello sfruttamento sessuale delle giovani donne dell'Europa
dell'Est, così come un'area di attività dei gruppi del crimine organizzato di
tutto il pianeta>>, spiega Manfred Paulus, investigatore capo in pensione
della città meridionale di Ulm. Ha lavorato come investigatore alla buoncostume
e ora informa le donne in Bulgaria e nella Bielorussia del pericolo di lasciarsi attirare dalla
Germania.
Se ci si fida delle
sole statistiche, la Germania non ha alcun problema di prostituzione e di
tratta. Secondo l'Ufficio federale della polizia criminale (BKA), si sono avuti
nel 2011 soltanto 636 casi segnalati di <<tratta di persone a fini di
sfruttamento sessuale>>, cioè quasi un terzo in meno che 10 anni prima.
13 vittime avevano meno di 14 anni e
altre 77 meno di 18 anni.
Tuttavia, esistono
molte donne dei paesi della UE <<la cui condizione suggerisce che siano
vittime della tratta, ma è difficile fornire prove che reggano in
tribunale>>, si legge nel rapporto della BKA. Dipende tutto dalla
testimonianza delle vittime, scrivono gli autori, ma si nota <<scarsa
volontà di cooperare con i servizi di polizia e di assistenza sociale, in
particolare nel caso delle presunte vittime della Romania e della
Bulgaria>>. E dopo che le donne hanno osato dire qualcosa, le loro
denunce <<vengono spesso ritirate>>.
Le condanne
si riducono
Uno studio condotto
dall'Istituto Max Planck di diritto penale straniero e internazionale ha
concluso che le cifre ufficiali sulla tratta ci dicono <<poco sull'incidenza
reale di questo reato>>.
Secondo un rapporto
sulla tratta recentemente consegnato dalla Commissaria Europea per gli Affari Interni, Cecilia Malmström, ci
sono più di 23.600 vittime di tratta nella UE,
due terzi delle quali sessualmente sfruttate. La signora Malmström,
originaria della Svezia, osserva come alcune bande criminali abbiano intensificato le proprie operazioni.
Tuttavia, dice, il numero delle condanne è in diminuzione, perché i poliziotti
sono sopraffatti dagli sforzi di lottare contro la tratta. La
commissaria esorta la Germania a fare di più per risolvere questo problema.
E se la legge
tedesca sulla prostituzione avesse l'effetto concreto di favorire i
trafficanti? La legge ha, nei fatti, incentivato la prostituzione e, con essa, la
tratta?
Axel Dreher,
professore di politica internazionale e dello sviluppo all'Università di
Heidelberg, ha tentato di rispondere a queste domande, confrontando dati raccolti in 150 Paesi. Le cifre erano
imprecise, come lo sono tutte le statistiche relative alla tratta e alla
prostituzione, ma Dreher è stato in grado di estrapolare dai dati una tendenza:
quando la prostituzione è legale in un Paese vi si trovano più vittime di
tratta che altrove.
La maggior parte
delle donne che vengono in Germania per diventare prostitute non sono rapite in
strada e la maggior parte di loro non crede seriamente di andare a lavorare in
una panetteria tedesca. Più frequentemente, sono donne come Sina che si
innamorano di un uomo e lo seguono in Germania, o come Alina, che sanno che
diventeranno prostitute. Ma capita molto spesso che non sappiano quanto sarà
difficile la loro condizione e non sospettano affatto che potranno conservare
solo una piccola parte del denaro guadagnato.
Certi casi sono
ancora più sconvolgenti. Nel dicembre scorso, il pubblico della televisione
tedesca è rimasto scandalizzato dal telefilm "Wegwerfmädchen (Ragazze usa
e getta), un episodio della serie di genere poliziesco "Tatort",
ripreso nella Germania del nord, ad Hannover. Vi si vedevano alcuni magnaccia gettare due giovani donne
gravemente ferite in un cassonetto dei
rifiuti dopo un'orgia. Soltanto qualche giorno dopo la trasmissione di questo
episodio , la polizia di Monaco ha trovato una ragazza in lacrime e semi
svestita, abbandonata in un piccolo parco.
Il mastio
dell'Isar
La Romena di 18 anni
era fuggita da un bordello. Ha detto ai poliziotti che tre uomini e due donne
l'avevano avvicinata in strada nel suo villaggio natio. Gli sconosciuti le
avevano promesso un posto di baby sitter. Quando sono arrivati a Monaco, ha
detto, le hanno bendato gli occhi e l'hanno portata in una cella sotterranea,
la cui porta si apriva soltanto con un codice di sicurezza.
Un'altra giovane
ragazza era seduta sul letto a castello della stanza buia, dice, e si udiva lo scroscio dell'acqua dietro le mura.
I poliziotti ipotizzano che il nascondiglio si trovasse in una fabbrica
abbandonata nei pressi del fiume Isar, che attraversa Monaco. Gli uomini
l'hanno stuprata e, quando lei si è rifiutata di lavorare in un bordello,
l'hanno picchiata, ha raccontato.
Gli agenti erano
dapprincipio increduli, ma la giovane ragazza ricordava i nomi dei magnaccia.
Questi sono stati arrestati e sono attualmente in carcere. Poiché si sono
rifiutati di rispondere alle domande, il sinistro mastio non è ancora stato
ritrovato e la giovane Romena beneficia ora del programma di protezione dei
testimoni di reati.
Talvolta le ragazze
sono inviate in Germania dalle loro stesse famiglie, come Cora, proveniente
dalla Moldavia. Ha 20 anni, si guarda le mani affondate nelle tasche della
giacca. Calza pantofole di peluche sulle quali sono cuciti due grandi occhi.
Cora dimora in una locanda gestita da un centro di assistenza romeno delle
vittime della tratta. Quando le ragazze hanno 15 o 16 anni in Moldavia, spiega
la psicologa di Cora, i fratelli e i padri spesso dicono loro: <<Puttana,
vattene e inizia a guadagnare!>>.
I fratelli di Cora
hanno condotto la loro sorella, carina e agghindata, a lavorare in una
discoteca della città più vicina. Faceva la barista, ma ha incontrato un uomo
che aveva dei contatti in Romania: <<Mi ha detto che potevo guadagnare
molti più soldi nelle discoteche romene>>. Cora se ne è andata con lui,
dapprima in Romania, poi in Germania.
<<Un
processo di emancipazione>>
Dopo essere stata
stuprata tutto il giorno a Nuremberg, testimonia Cora, ella sapeva che lavoro avrebbe dovuto fare. L'hanno portata
in una casa chiusa di Frauentormauer, uno dei più vecchi quartieri
<<caldi>> della Germania. Riceveva gli uomini nella sua stanza,
anche per 18 ore al giorno. Afferma che anche alcuni poliziotti venivano al
bordello come clienti: <<Non hanno notato nulla. Oppure, non gliene
importava niente>>.
Il locale era molto
frequentato nei giorni precedenti il Natale del 2012. Cora racconta che il suo
magnaccia ha preteso che lavorasse 24 ore di fila. Quando lei si è rifiutata,
lui l'ha ferita con un coltello al
volto. La ferita sanguinava così tanto che Cora è stata autorizzata a recarsi
all'ospedale. Un cliente, di cui ricordava il numero di cellulare, l'ha aiutata
a fuggire in Romania, dove Cora ha denunciato il suo carnefice. Costui le ha
telefonato recentemente, dice, minacciandola.
Malgrado storie come
queste, gli esponenti della classe politica berlinese non si sentono sollecitati
ad agire. Questo si spiega in parte perché, nel dibattito sulla prostituzione,
una posizione ideologicamente corretta
conta di più delle realtà più atroci. Per esempio, quando la Facoltà di
scienze applicate di Amburgo ha tenuto una conferenza sulla prostituzione in
Germania, un anno fa, uno dei partecipanti ha dichiarato che la prostituzione,
in quanto lavoro sessuale riconosciuto, era <<parte di un processo di
emancipazione e di professionalizzazione>>.
Tali asserzioni
scandalizzano Rahel Gugel, professoressa di diritto. <<E' assurdo. Questo
non ha nulla a che vedere con la realtà>>, dice. Insegnante di diritto
del lavoro sociale all'Università statale cooperativa di Baden-Württemberg,
Gugel ha conseguito una tesi in diritto della prostituzione e ha lavorato per
un'organizzazione umanitaria.
I promotori della
legalizzazione sostengono che ogni persona ha il diritto di dedicarsi liberamente a qualsiasi attività lavorativa.
Certe femministe arrivano anche a celebrare l'emancipazione delle donne che si
prostituiscono, perché, dicono, le donne dovrebbero essere libere di fare ciò
che vogliono del proprio corpo. Nella prassi, tuttavia, si constata rapidamente
quanto poco chiara sia la linea di demarcazione tra la prostituzione volontaria
e quella coatta. Donne come Alina e Cora si prostituiscono volontariamente e
assumono decisioni autonome? <<E' politicamente corretto in Germania
rispettare le decisioni individuali delle donne>>, spiega l'avvocato
Gugel. <<Ma se si vogliono proteggere le donne, non è certo questo il
modo di farlo>>.
4 L'approccio errato di Berlino
Secondo Rahel Gugel,
molte donne vivono situazioni emotive ed economiche difficili. Vi sono prove
che attestano che un numero superiore
alla metà delle prostitute ha subito abusi o ha avuto genitori negligenti
durante l'infanzia. Vi sono studi che
mostrano come molte di loro soffrano di sindrome da stress
post-traumatico. Le prostitute soffrono di depressione, di disturbi d'ansia e
di tossicomanie in una percentuale molto
più elevata del resto della popolazione. La maggior parte di loro è stata
stuprata, molte anche più volte. Nei sondaggi, la maggioranza delle donne
afferma che abbandonerebbe immediatamente la prostituzione se potesse.
Certo: ci sono anche
donne che decidono che è preferibile
vendere il proprio corpo piuttosto che sistemare i prodotti sugli scaffali dei
supermercati. Ma c'è motivo per credere che esse costituiscano una minoranza che
è rumorosamente rappresentata da qualche donna proprietaria di bordelli e dalle
lobbyste pro-prostituzione come Felicitas Schirow.
Il diritto tedesco
adotta un approccio fondamentalmente sbagliato, spiega la professoressa Gugel.
Per proteggere le donne, spiega, bisogna limitare la prostituzione e sanzionare
gli acquirenti di sesso. Ma la sua è una voce isolata in Germania.
Non è così dappertutto in Europa. Alcuni Paesi che avevano imboccato una strada
simile a quella tedesca, hanno fatto marcia indietro e seguono ora piuttosto
l'esempio degli Svedesi. Due anni prima che la Germania adottasse la sua legge
sulla prostituzione, la Svezia ha scelto l'approccio inverso. L'attivista Kajsa
Ekis Ekman lotta per convincere il resto
dell'Europa ad imitare il suo Paese. A seguito della pubblicazione di un
libro nel quale descrive le condizioni di vita delle prostitute ("L'être
et la marchandise", Montréal, M editeur, 2013), Ekman viaggia da una città
europea all'altra, come un'ambasciatrice della lotta contro la tratta.
A metà aprile, la
campagna di Ekman l'ha portata a KOFRA, un centro di donne di Monaco. Bionda,
dagli occhi blu, Ekman è piccola ed energica. Seduta su una stretta sedia di
legno, parla così tanto che la sua tazza di caffé ha il tempo di raffreddarsi -
come se non avesse abbastanza tempo per
esporre tutte le argomentazioni che è diventato urgente affermare.
Mentre studiava
a Barcellona, Ekman ha condiviso un appartamento con una
donna che lavorava come prostituta. Ha visto come i magnaccia dominavano le
loro dipendenti. <<Ho iniziato ad interessarmi alla questione e ad
impegnarmi quando ho visto il modo in cui la mia coinquilina vendeva il proprio
corpo>>, dice. Di ritorno in Svezia, ha manifestato stupore per un
dibattito pubblico sull'amore libero e sull'autodeterminazione delle
prostitute. <<Quello che avevo osservato era molto diverso>>, dice
Ekman.
Punire i
clienti, non le prostitute
Nel 1999, quando la
Svezia ha reso illegale l'acquisto di servizi sessuali, i suoi vicini europei
hanno manifestato incredulità. Per la prima volta erano gli acquirenti di
sesso e non le prostitute che venivano sanzionati.
<<La
prostituzione si sta ora dispiegando nell'ombra>> scrisse l'influente giornale tedesco
Frankfurter Allgemeine Zeitung, affermando che si trattava di <<una
sconfitta per il movimento delle donne in Svezia>> e osservando che nel Paese era attivo un <<femminismo
dogmatico>>. Ma una società che si vuole libera dai moralismi può punire gli uomini che
frequentano prostitute? Sì, lo può, risponde Ekman, citando i successi
realizzati nel suo Paese, dove sempre meno uomini pagano per fare sesso e dove
coloro che lo fanno si sentono sempre più a disagio: <<Prima della
promulgazione della nostra legge un uomo su otto in Svezia era stato con una
prostituta>>, dice, notando che oggi questa proporzione si è ridotta ad
uno su dodici.
Certo, la
prostituzione esiste ancora in Svezia, ma quella di strada si è ridotta della
metà. Anche il numero totale delle prostitute è diminuito, passando da circa
2500 a circa 1000-1500 donne. Alcuni magnaccia conducono ancora su furgoncini
alcune donne dell'Europa dell'Est nel Paese e si accampano spesso alla
periferia delle città, ma la prostituzione non è più un grande affare in
Svezia. I detrattori della legge replicano che è aumentata la prostituzione
negli appartamenti e in rete e che certi uomini si recano ora nei bordelli dei
Paesi baltici o dell'Europa dell'Est.
La legge svedese non
si fonda sul diritto della prostituta di assumere decisioni autonome, ma sulla
parità tra uomini e donne, iscritta nelle costituzioni svedese e tedesca. La
questione, in termini molto semplici, è che la prostituzione rappresenta una
forma di sfruttamento e deriva sempre da
uno squilibrio di poteri. Gli/le svedesi affermano che il fatto che gli uomini
possano comprare delle donne per fare sesso alimenta una percezione della donna
che pregiudica la parità dei diritti e danneggia tutte le donne.
Aiutate il
mio bordello
La Svezia punisce,
dunque, i clienti, i prosseneti e i trafficanti, ma non le prostitute. Questo
approccio mira a soffocare la domanda di servizi sessuali a pagamento e a
rendere questa attività non redditizia per i trafficanti e per gli sfruttatori.
Da due anni, gli Svedesi hanno aumentato da sei a dodici mesi di reclusione la
pena massima che rischiano di buscare i
clienti.
Benché la polizia
svedese non si mostri sempre particolarmente solerte nel perseguire i clienti,
ha comunque arrestato più di 3700 uomini dopo il 1999. Nella maggior parte dei
casi, costoro sono stati condannati soltanto al pagamento di un'ammenda. Alcune
persone contestano ancora in Svezia i meriti di questa legge restrittiva, ma
essa gode di un considerevole appoggio da parte della popolazione. Dieci anni
dopo la sua promulgazione più del 70 per cento degli Svedesi hanno dichiarato
di appoggiare la punizione degli uomini
che pagano per ottenere sesso anziché quella delle prostitute che vengono
pagate.
In Germania, al
contrario, la situazione è tale che il canale televisivo RTL II trasmette un
programma nel quale un'équipe chiamata: <<Aiutate il mio bordello>>
fa il giro del Paese visitando <<bordelli tedeschi in difficoltà>>
per stimolarvi l'industria del sesso, offrendo buoni consigli. Sono iniziative
di questo tipo ad aver indotto Alice Schwarzer, editrice della rivista
femminista EMMA, a prevedere <<come obiettivo a breve termine>> in
Germania l'avvio di un <<dibattito sociale che sfoci nella condanna della
prostituzione piuttosto che, come accade oggi, nella sua accettazione e persino
nella sua promozione>>.
Pierrette Pape crede
che l'immagine che si offre della prostituzione nei diversi Paesi non sia priva di effetti. <<Oggi in
Svezia un ragazzino cresce sapendo che l'acquisto di sesso è un reato. Nei
Paesi Bassi, il ragazzino cresce imparando che alcune donne sono sedute dietro
alle vetrine e che le si può ordinare come qualsiasi prodotto di consumo di
massa>>. Pape è la portavoce della Lobby europea delle donne a Bruxelles,
un'organizzazione che coordina 2000 organizzazioni femministe in Europa.
Pape trova <<sorprendente>>
che la Germania non riveda seriamente le proprie politiche sulla tratta.
<<Si è acceso un dibattito in tutta Europa e noi speriamo che i politici
e le organizzazioni umanitarie tedesche accordino in futuro maggiore attenzione
ai diritti umani rispetto a quanta glie ne
abbiano finora accordata >>.
Molti Paesi europei
si conformano ormai al modello svedese. In Islanda, che ha adottato una
legislazione simile, i politici hanno in animo anche di vietare la pornografia
in rete. Dal 2009 anche la Norvegia
punisce i clienti delle prostitute. E a Barcellona è illegale ricorrere ai
servizi di una prostituta di strada.
Il metodo
francese
In virtù di una
legge finlandese promulgata nel 2006, gli uomini possono essere puniti per aver
acquistato i servizi di una prostituta che lavora per uno sfruttatore o che è
vittima della tratta. Ma provare che gli uomini siano a conoscenza di questa
situazione si è rivelato impossibile. Il Ministero finlandese della Giustizia
sta preparando un rapporto sull'opportunità per la Finlandia di adottare
semplicemente il modello svedese.
Anche in Francia
molti vogliono imitare la Svezia. Poco prima di entrare in carica, l'attuale
Ministra dei Diritti delle donne, Najat Vallaud-Belkacem, ha annunciato
audacemente: <<Il mio obiettivo, come quello del Partito socialista, è di
veder sparire la prostituzione>>, ha dichiarato al Giornale della
Domenica. Alcuni politici e sociologi hanno immediatamente deriso questa idea,
qualificandola come <<utopistica>> e alcune prostitute hanno manifestato
nelle strade di Lione e di Parigi. Il
progetto di legge di Vallaud-Belkacem prevede una pena massima di sei mesi di
carcere e un'ammenda dall'ammontare massimo di 3000 euro per i clienti. Ma ci
vorrà probabilmente un po' di tempo
prima che la Ministra riesca ad imporre
la sua idea al Governo.
E in Germania? I
politici di Berlino litigano sul cambiamento
di dettagli insignificanti della legge sulla prostituzione, poi
finiscono per non far niente. Nel 2007, la Ministra della Famiglia dell'epoca,
Ursula von der Leyen, esponente della CDU (Unione Cristiano Democratica), il
partito della cancelliera Angela Merkel, ha proposto di subordinare i bordelli
all'approvazione del Governo, con l'appoggio di una delle colleghe della CDU,
Annegret Kramp-Karrenbauer, all'epoca Ministra dell'Interno della Saar (e ora
governatrice di questo Land). Ma le due politiche non sono riuscite a
convincere la maggioranza del loro partito e nulla è cambiato.
Nel 2008, la
Conferenza delle Ministre della Parità e delle Donne ha tentato di introdurre
un regolamento che sottoponesse i gestori dei bordelli a un test di
affidabilità. Esse hanno consultato i loro colleghi della Conferenza dei
Ministri dell'Interno, ma non si è
approdati a nulla.
5. L'inerzia
Nel 2009, alcuni
politici della CDU, del Partito Socialdemocratico, del Partito
liberaldemocratico e dei Verdi del Land
del Baden-Württemberg hanno sollecitato una presa di posizione del Bundesrat,
il corpo legislativo che rappresenta gli Stati tedeschi, contro <<la
formula disumana dei servizi sessuali a prezzo forfettario>>. Ma alla
legge non è stato apportato alcun cambiamento.
Quanto ai Paesi Bassi, essi hanno scelto la via della deregolamentazione
giuridica due anni prima della Germania. Ma oggi sia il Ministro della
Giustizia olandese che i politici del Paese ammettono che non si sono
registrati miglioramenti tangibili per
le prostitute. Esse godono generalmente di condizioni di salute peggiori
rispetto al passato e un numero sempre più elevato di prostitute è costituito
da tossicomani. Secondo le stime della polizia olandese, dal 50% al 90% delle
prostitute dei Paesi Bassi non pratica la propria attività volontariamente.
Lodewijk Asscher, del Partito socialdemocratico,
ritiene che la legalizzazione della prostituzione sia stata <<un errore
nazionale>>. Il governo olandese si prepara ora a rafforzare la legge per
combattere l'incremento della tratta e della prostituzione coatta.
I Tedeschi non ci pensano proprio a rivedere la legge.
I Verdi, che hanno svolto un ruolo così determinante nel sostenere la legge
sulla prostituzione 13 anni fa, non manifestano alcun ripensamento. Un
portavoce di Kerstin Müller, che era leader parlamentare del Partito dei Verdi
all'epoca, dice che oggi ella è interessata ad altre questioni. Irmingard
Schewe-Gerigk, anche lei una deputata di primo piano dei Verdi nel periodo in
cui la legge è stata adottata, dichiara: <<La legge era buona. E' vero,
invece, che avremmo dovuto applicarla in modo più sistematico>>.
Stranamente, la signora Schewe-Gerigk è ora presidentessa dell'organizzazione
femminista Terredes Femmes, che mira ad instaurare una <<società senza
prostituzione>>.
Il terzo promotore della nuova legge, Volker Beck,
continua anche lui a sostenerla oggi. Beck, ex portavoce della politica
giuridica del suo partito, chiede, tuttavia, nuovi programmi di sostegno e di
abbandono dell'industria [del sesso] da parte delle donne. Ma afferma che la
Svezia non può servire da modello per la Germania. <<Un divieto non
migliora le cose, perché la prostituzione si svolgerebbe allora in posti
difficili da sorvegliare>>, dice, aggiungendo: <<Gangs criminali
assumerebbero il controllo dell'industria>>, come se oggi essa fosse
nelle mani di rispettabili uomini d'affari.
Dominio dell'illegalità
Qualche sua collega dei Verdi non è d'accordo.
<<Gran parte dell'industria è già oggi dominio dell'illegalità>>,
dice, per esempio, Thekla Walker di Stoccarda. Presidentessa
dell'organizzazione dei Verdi nel suo Land, la signora Walker ha cercato di
modificare l'approccio del suo partito alla questione della prostituzione.
<<La prostituta autonoma che immaginavamo noi
quando nel 2001 è stata promulgata la legge sulla prostituzione, quella che
contratta da pari a pari con il proprio cliente e può soddisfare i propri
bisogni con il proprio reddito, costituisce l'eccezione>>, si legge in
una mozione che Walker ha presentato nel corso di un'assemblea del partito il
mese scorso. Le leggi attuali, prosegue il documento, non proteggono le donne
dallo sfruttamento, ma accordano loro <<semplicemente la libertà di farsi
sfruttare>>. I Verdi, scrive Walker, non hanno il diritto di chiudere gli
occhi dinanzi alle <<catastrofiche condizioni di vita e di lavoro di un
gran numero di donne che si prostituiscono>>.
E' però quello che essi hanno fatto. Walker ha
ritirato la sua mozione, non avendo la minima chance di ottenere l'approvazione
della maggioranza dei Verdi, anche se il partito ha dichiarato che si
dovrebbe valutare l'opportunità di
apportare dei miglioramenti alla legge.
In Germania, coloro che sono contrari alla
legalizzazione sono considerati <<moralisti>>, spiega la
professoressa di diritto Gugel. D'altra parte, aggiunge, lei non ha la
sensazione <<che i politici nutrano molto interesse per la
questione>>.
In compenso, Kristina Schröder, la Ministra della
Famiglia, ha effettivamente tentato di reprimere la tratta e la prostituzione
coatta. Tuttavia, <<malgrado sforzi molto intensi, non è stato possibile
ottenere l'unanimità dei quattro Ministri interessati>>, ha dichiarato il
Ministero della signora Schröder in un comunicato stampa. La sua volontà di
regolamentare i bordelli in modo più stringente è naufragata dinnanzi
all'opposizione della Ministra della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger.
Quest'ultima considera qualsiasi riforma della legge inutile e ripete il
vecchio argomento, ossia che la legge tedesca permette alle donne di uscire
dall'illegalità, mentre la legge svedese le obbliga a lavorare in nero.
Considerato tale disaccordo, sarebbe un miracolo se il
governo pervenisse ad una decisione che consentisse di tutelare più
efficacemente le vittime della tratta. Altrimenti le donne dovranno continuare
ad arrangiarsi da sole.
E' tutto legale
Alina di Sânandrei è riuscita a fuggire dal bordello
"Le fighe dell'aeroporto". Durante un controllo della polizia, lei e
altre dieci donne si sono rifugiate in un ristorante turco del quartiere. Il
fratello del proprietario, che era un cliente, ha nascosto le donne e ha
affittato un pullman a proprie spese. Poi ha cercato di farle arrivare in
Romania. I magnaccia hanno tentato di fermare il pullman, ma le donne sono
riuscite a fuggire.
Alina è ritornata a vivere con i suoi genitori. Non ha
raccontato loro quel che ha vissuto. Lavora, ma non vuol dire che lavoro
faccia. Il salario, dice, la basta per
acquistare i biglietti del bus, gli abiti e qualche cosmetico.
Alina si reca talvolta presso l'AIDRom, un centro di
consulenza per le vittime di tratta, sito nella città romena di Timisoara
Ovest, dove parla con la psicologa Georgiana Palcu, che cerca di trovarle un
posto da apprendista parrucchiera o cuoca. Palcu spiega che le conversazioni
con le giovani donne che sono ritornate dalla Germania <<sono molto
lunghe e difficili>>. Lei le
incoraggia ad essere ottimiste. Ma non si fa illusioni. Anche se una ragazza
riesce ad ottenere un posto da apprendista, non accetterà probabilmente
l'impiego, perché queste attività non
offrono più di 200 euro al mese, per un
lavoro che dura 40 ore alla settimana. Di conseguenza, dice Palcu, molte di
quelle che sono ritornate dalla Germania dopo essere state maltrattate,
lavorano di nuovo come prostitute. <<Che posso dire loro?>> chiede.
<<E' la realtà. Non si può vivere con 200 euro>>.
"Le fighe dell'aeroporto", il bordello di Schönefeld,
non esiste più. E' stato sostituito dal "Club Erotica" che non offre
tariffe forfettarie. Ma i clienti
possono godere di molte altre opportunità nella regione. A qualche
chilometro di distanza, a Schöneberg,
il King George ha adottato la formula del prezzo forfettario. Il suo
gestore promuove il proprio locale con
lo slogan "Geiz mach Geil" "L'avarizia vi rende ciechi".
Per 99 euro, i clienti possono abbuffarsi di sesso e di alcool fino all'ora di
chiusura del locale. Il sesso anale, il sesso orale non protetto e i baci con
la lingua si pagano a parte. E il King George propone un "gang-bang
party" tutti i lunedì, i mercoledì e i venerdì.
E' tutto
legale.
L'ignoranza e l'arretratezza culturale in cui versa la popolazione italiana attuale fa ben sperare ai promotori del referendum: sarebbe interessante sapere chi sono, però, Progetto Reggio, che combinazione, da studiare. Ma il problema è l'ignoranza, l'ignavia, l'inerzia e la complicità colpevoli di chi dovrebbe essere qualificata/o a pensare più e meglio di tutte/i.
RispondiEliminaCiao Valentina,
RispondiEliminagrazie mille per il tuo lavoro di documentazione, è davvero utilissimo!
Mi sei tornata in mente stamattina, quando ho letto questa notizia:
http://www.repubblica.it/cronaca/2013/10/02/news/prostituzione_referendum_case_chiuse_l_offensiva_telefonica_degli_abroga_merlin_-67702729/?ref=HREC1-12
mi sa che ci dobbiamo preparare a una stagione di mobilitazioni!
Aspettando poi questa chicca televisiva, "Altri tempi", che già dal nome suona nostalgica...
http://www.repubblica.it/spettacoli/tv-radio/2013/10/01/news/altri_tempi_inaugura_il_roma_fiction_fest_la_fiction_sulle_case_chiuse-67642145/?ref=HREC1-12
che strana coincidenza, che la fiction e la proposta referendaria escano insieme, no?!
Un abbraccio,
Claudia