Isoke è una donna coraggiosa, intelligente e bellissima, e porta su di sé la forza di quello che ha fatto, non soltanto la denuncia, ma anche il racconto del potere criminale che lei stessa ha subito e che continua a combattere. [...] Le immigrate e gli immigrati arrivano qui non soltanto a fare i lavori che gli italiani non vogliono più fare, ma anche a difendere i diritti che gli italiani non vogliono più difendere. [parole pronunciate da Roberto Saviano a Torino nel 2010 ricevendo un premio dalle mani di Isoke Aikpitanyi per il suo impegno contro le mafie].
Ringrazio Isoke dal profondo del mio cuore perché sento che resiste e lotta anche per me, che non sono nigeriana..
Dopo essersi ribellata ai trafficanti anni fa e quasi uccisa per questo, è diventata poi protagonista di un progetto unico in Europa, La ragazza di Benin City, che l'ha portata poi a fondare l'Associazione vittime ed ex vittime di tratta, che porta avanti tra innumerevoli difficoltà e pericoli concreti, in cui le ex vittime diventano protagoniste della liberazione di altre "sorelle", con un mutuo aiuto tra pari. Ho avuto già modo di descrivere l'attività di questa associazione nel recensire il suo ultimo libro 500 storie vere.
L'organizzazione criminale che gestisce la tratta delle nigeriane per sfruttarle nella prostituzione nel nostro e in altri paesi europei è - come altre organizzazioni di questo tipo - quella che si dice una delle nuove mafie che operano su base transnazionale. Come tutte le mafie è caratterizzata nel suo operare dalla forza di intimidazione del vincolo associativo al fine di ottenere l'assoggettamento delle sue vittime, a scopo di sfruttamento. Nelle organizzazioni mafiose valgono i codici del più estremo machismo, come dice Lydia Cacho, secondo cui le donne valgono solo in quanto oggetti di piacere. Si tratta di un business che produce fiumi di denaro macchiato di sangue, un business che si svolge col coinvolgimento di figure che sono molto in alto in Nigeria, ma anche con tante complicità nei tanti paesi europei in cui l'organizzazione è ramificata (oltre all'Italia, Spagna, Olanda, Irlanda, Regno Unito, Francia, Germania, ecc..) nella più totale indifferenza e disinformazione della cittadinanza, di cui sessismo e xenofobia sono ingredienti fondamentali.
E' con gratitudine che pubblico questa preziosa intervista fatta a Isoke Aikpitanyi da Ilaria Maccaroni il 15 febbraio scorso (pubblicata contemporaneamente anche da Un Altro genere di comunicazione, Femminile plurale e Maschile plurale).
L’intervista è già stata trasmessa il 19 febbraio scorso all’interno della rubrica culturale "ControEssenze" a cura di Connettive, durante la trasmissione del Martedì Autogestito da Femministe e Lesbiche di Radio Onda Rossa:
L’intervista è già stata trasmessa il 19 febbraio scorso all’interno della rubrica culturale "ControEssenze" a cura di Connettive, durante la trasmissione del Martedì Autogestito da Femministe e Lesbiche di Radio Onda Rossa:
É noto che le donne provenienti da altri paesi vengono tratte con
l’inganno da false agenzie di viaggi o agenzie per l’impiego locali che
promettono loro di farle lavorare in Europa, le fanno entrare in un paese
europeo e le obbligano a prostituirsi. Le ragazze in Nigeria, oggi, quanto sono
coscienti del pericolo che corrono di cadere nella rete dei trafficanti?
Anzitutto bisogna
tener conto di cosa è la Nigeria, dell’estensione del suo territorio, della
consistenza della sua popolazione e del persistere di una realtà urbana e di
una realtà periferica; la prima ha quasi tutte le caratteriste della modernità,
è occidentalizzata, per così dire, mentre la seconda è ancora fortemente
tradizionale, tribale.
Tanto per chiarire,
nella seconda l'elettricità non c'è ancora tutto il giorno, si vive in modo
atavico; ed è da qui che è più facile andare a prendere delle ragazze che non
sono informate e non sono consapevoli di quel che le aspetta.
Poi ci sono le
altre, quelle che cercano una vita migliore, ma vorrebbero avere a disposizione
i mezzi economici che sono in mano a tanti ricchi. Il sogno impedisce loro di
vedere che le aspetta un incubo: vanno a divertirsi nei night, “ballano sul
cubo”, si divertono con gli avventori bianchi che fan vedere loro una verità
che poi le ragazze non troveranno di certo. Ma tanto basta per far pensare loro che se anche il rischio è
quello di doversi prostituire, lo si farà per poco tempo: non sono consapevoli,
poi, delle modalità alle quali dovranno adattarsi, non sanno minimamente cosa
siano, ad esempio il freddo di tanti paesi del nord Europa...
Poi ci sono quelle
che già a Lagos, per esempio, si sono avvicinate alla prostituzione e pensano
che se debbano prostituirsi, meglio farlo con i bianchi e in Europa dove ci sono
tanti soldi e c'è la possibilità di fare tanti soldi. Ma questa è una cosa
degli ultimi anni mentre venti anni fa le ragazze non sapevano.
Oggi il 50% sa e non
sa.
Ma il problema non è
questo, è che nessuna sceglie liberamente e davvero consapevolmente, ed è che
tutte arrivano con un debito da pagare e che questa è la catena della quale
nessuna sa liberarsi, né praticamente, né psicologicamente: e questa è una
condizione di schiavitù.
Chiedersi se sanno o
non sanno è sbagliato, è come insinuare che se scelgono liberamente non ci si
deve porre il problema della loro schiavitù.
Esistono organizzazioni o autorità statali in Nigeria impegnate a
diffondere notizie e informazioni sulla tratta delle donne nei paesi
occidentali?
C'è una agenzia
governativa che si chiama NAPTIP e che fa esattamente questo lavoro. Solo che
se una agenzia di questo tipo operasse in Europa, potrebbe farlo con strumenti
incisivi e con una certa possibilità di successo, in Nigeria tutti pensano che
l'Europa è il loro sogno, quindi andare in Europa sarebbe la realizzazione del
sogno, quindi essere portate in Europa è una gran bella cosa.
La gente e le
giovani in particolare, considerano che avere una opportunità per venire in
Europa sia il solo strumento per realizzare quel sogno, per cui chi cerca di
far arrivare a loro notizie sui rischi che corrono non è creduto.
La pressione
demografica e le difficoltà economiche di una popolazione vive con meno di un
euro al giorno, in un paese ricchissimo di petrolio e nel quale una ristretta
“borghesia” è ricca, fanno il resto.
Quali altre strade può intraprendere una donna nigeriana che
desidera emigrare in Europa, senza rischiare di cadere vittima della tratta?
Nessuna; qui non
siamo di fronte ad una emigrazione normale; a emigrare non sono persone che
hanno risorse personali e familiari, preparazione intellettuale e culturale per
andare a ricoprire posti anche importanti nel lavoro e nelle professioni:
emigrano persone disperate, spesso analfabete che “normalmente” non avrebbero
nessuna possibilità di venire in Europa.
Una volta arrivate in Italia le ragazze contraggono a loro
insaputa, un debito quasi impagabile coi trafficanti o con le maman che le
sottraggono i documenti e diventano le loro padrone. Che cosa dicono le maman
alle ragazze per spingerle a lavorare per loro?
Anche qui quel che
un tempo le maman dicevano è diverso da quel che dicono oggi. Un tempo
spingevano brutalmente la ragazze in strada, insegnavano loro quel che dovevano
fare e lo facevano o con le buone o con le cattive (cioè facendole violentare
dai loro scagnozzi).
Così facendo, però,
si sono accorte che molte ragazze si ribellavano e cercavano vie di uscita.
Così hanno cambiato tattica e hanno cominciato a lasciare alle ragazze parte
dei loro guadagni: le hanno istruite a gestirsi le relazioni con i clienti in
modo da ingannarli e da spillare loro più quattrini. Insomma le maman hanno
svolto il compito di una vera e propria scuola di prostituzione e da alcuni
anni offrono alle ragazze alcuni servizi aggiuntivi: maman e trafficanti sono i più abili fruitori delle modalità di
legalizzazione della presenza delle ragazze; spiegano loro come e chi
denunciare, seguendo le opportunità dell'articolo 18; danno loro i legali
italiani che le aiutano nelle pratiche delle sanatorie; le spingono a diventare richiedenti asilo: quindi, almeno
apparentemente, per le ragazze la maman è solo una che gestisce la loro
opportunità di restare in Europa. Solo quelle che si ribellano davvero corrono
dei rischi, per le altre basta prostituirsi senza far storie e pagare il
debito.
Cosa spinge una donna trafficata a ribellarsi ai trafficanti, a
scappare e a chiedere aiuto?
Anzitutto non avendo
scelto quella vita tutte si guardano intorno e cercano una via di uscita.
Purtroppo la ricerca non dà buoni frutti; nove su dieci sono respinte dai servizi
i quali sono fortemente vincolati dal fatto che, almeno per le nigeriane, senza
denuncia non c'è nessuna possibilità di regolarizzarsi.
Ma quanto dura il
tempo della ribellione e della ricerca di una via di uscita, prima che subentri
la rassegnazione e la ragazza si adatti alla prostituzione? Per alcune molto a
lungo, per altre poco, a seconda anche delle esperienze che fanno sulla strada,
del tipo di clienti che incontrano...
Dopo a ribellarsi
sarà una ragazza stanca di quella vita, ma sfiancata nelle sue capacità di
mettere in gioco le sue potenzialità, la capacità di mettersi a studiare, di
imparare un lavoro vero. Dopo due o tre anni, o di più, di strada, la persona
ha perso molte delle proprie risorse personali: lo sforzo necessario ad
integrarsi e gli ostacoli che trova sono troppo grandi; è più facile restare nella prostituzione.
Che ruolo hanno le famiglie di origine delle ragazze rimaste in
patria nel far sì che queste non si ribellino e continuino a lavorare nella
prostituzione per inviare i soldi a casa?
Anche le famiglie
sanno e non sanno che cosa fa la loro figlia. A questo punto bisogna ammettere
che è come se avessero deciso di sacrificarla per il benessere degli altri
componenti la famiglia stessa. Comunque sia le famiglie sono minacciate e
diventano oggetto di violenze se le ragazze si ribellano e non pagano; per
questo le famiglie spingono le ragazze a essere obbedienti alle maman e a non
ribellarsi. E lo fanno sia che ricevano davvero minacce e corrano davvero
pericoli, sia che - invece – siano complici dei trafficanti e siano consapevoli
del destino della loro figlia.
Nel tuo primo libro racconti di come un uomo italiano, conoscente
della maman che ti sfruttava, voleva farti lavorare in un night club ma tu
scappasti perché ti dissero che lavorare lì era peggio della strada. La
prostituzione nei night sta prendendo piede in Italia? Le ragazze che lavorano
nei night sono trattate meglio o peggio di come lo sono sulla strada?
Le ragazze sono
sfruttate e basta; non è detto che siano sfruttate in un posto o in un altro,
in un modo o nell'altro, sono sfruttate come serve agli sfruttatori: la strada
è il luogo più facile e immediato soprattutto per una massa di ragazze. E poi i
clienti non sono tutti frequentatori di night e locali, per andare nei quali
bisogna già avere una abitudine alla vita notturna, alla ricerca di prostitute;
per molti clienti la strada è il luogo più neutro e rapido che consente loro di
non coinvolgersi, almeno così credono inizialmente, di non perdere troppo
tempo, di spendere meno.
Il night e la casa
chiusa, però, sono situazioni nelle quali la ragazza è più controllata è può
sfuggire meno al controllo dei trafficanti; i luoghi chiusi, inoltre, sono i
più pericolosi per una ragazza che voglia ribellarsi; e sono quelli nei quali
le opportunità di trovare una via di uscita sono minori. I clienti del night o
del luogo chiuso sono meno sensibili ai drammi delle ragazze e nessun operatore
sociale va al night, mentre in strada ci va e semina la sua proposta di aiuto.
Negli ultimi anni il fenomeno della schiavitù sessuale ha preso
piede in quasi tutti i paesi del mondo, e in misura maggiore in quelli
occidentali, nei quali donne di altri paesi vengono fatte entrare e obbligate a
prostituirsi. Il fronte abolizionista femminista che riunisce coloro che in un
modo o nell’altro combattono la tratta e vorrebbero sradicare la cultura della
prostituzione dalla società, ritiene che la divisione tra vittime della tratta
e “libere” professioniste non sia possibile fintanto che la prostituzione
continua a essere regolamentata dallo stato. Tu credi che possa esistere una
netta separazione tra tratta e prostituzione volontaria?
Questo non avviene
negli ultimi anni. Lo sfruttamento della donna in senso generale è il principio
che genera, determina, rende possibile la riduzione in schiavitù (ad esempio
anche quella domestica e familiare) e ha tra le sue conseguenze anche la
prostituzione.
La domanda, però,
forse contiene un errore perché la prostituzione oggi NON è regolamentata dallo
stato, mentre la domanda formula l'ipotesi che lo sia.
Ma l'errore della
domanda è nell'ipotesi stessa che possa esistere una prostituzione libera. I
problemi delle vittime della tratta riguardano ragazze che sono schiavizzate e
sfruttate; io dico sempre che le loro catene non sono per forza visibili e la
loro condizione umana è talmente degradata dal finire coll'accettare la
prostituzione come inevitabile. Ma questa non è una libera scelta. Non mi
chiedo quali siano i problemi delle donne libere, li lascio ad altri.
Quali effetti avrebbero, secondo te, un’eventuale
“regolamentazione” o normalizzazione o tutela della prostituzione sulle vittime
della schiavitù sessuale?
Sarebbero effetti
devastanti; dimostrerebbero che hanno ragione la maman che dicono loro che la
prostituzione è un lavoro e che tutti i lavori comportano rischi. In pratica
una ragazza dovrebbe prendere atto che non ha senso ribellarsi e che se ci si
adatta tutto va meglio o va bene. Meglio e bene per chi?
Questa è una
devastazione vera e propria, non è una questione di moralità o immoralità; su
questo piano io non critico, non condanno, non giudico nessuna ragazza che si
prostituisce. Non lo farei mai perché so il dramma di molte, so che molte
finiscono lì: ma so che se si vuole che finiscano per forza lì e si fa
addirittura una legge che le regolarizza in quanto prostitute invece che in
quanto vittime della tratta, vuol dire che avremo comunque donne che non saranno
illegali, clandestine e perseguibili perché saranno in qualche modo in regola
con le norme burocratiche della immigrazione e del lavoro, ma queste saranno
sempre schiave, cioè legate allo stesso meccanismo del debito e dello
sfruttamento e alla reiterazione della schiavitù ai danni di ragazze sempre
nuove che continueranno ad arrivare.
Affermare che “prostituirsi è un lavoro” e che è “una strada per
guadagnare bene in poco tempo”, può danneggiare le vittime della tratta?
Assolutamente SI
In Svezia, la legislazione prevede che lo stato criminalizzi il
cliente e tuteli la vittima della prostituzione. Secondo diversi studi, così
facendo, la prostituzione in Svezia è calata di molto. Ritieni che questo
modello possa essere efficace per combattere la tratta e la prostituzione nel
nostro paese?
Non è vero che i
clienti sono diminuiti, si orientano gli studi esattamente come si fa in Italia
per dire che si fa molto contro la tratta: il numero delle vittime è stimato
non in base alla realtà, ma in base ai risultati dei servizi antitratta: i
numeri dei servizi dicono che più di 10 mila sono state aiutate in 10 anni?
Bene, alloro si stima che le ragazze sono 12/15 mila, quindi tutte hanno avuto
una opportunità di liberazione e moltissime l'hanno colta. Se, però quelle
ragazze fossero stimate in numero maggiore, quei risultati non sarebbero
positivi. Il problema della Svezia è non riuscire a capacitarsi del perché il
problema sussista anche se esiste una realtà di liberazione sessuale
diffusissima.
Il mio libro è stato
tradotto in finlandese... chissà perché in quei paesi c'è la necessità di
capire il problema.
La questione,
allora, è rovesciare una verità presunta: il problema non sono i clienti e le
prostitute libere. Il problema sono le schiave.
Secondo te perché i clienti comprano le donne per soddisfare i
loro desideri sessuali e poi (alcuni di loro) decidono di aiutarle a fuggire
dalla prostituzione? Non pensi che sia un comportamento contraddittorio e
illogico? I clienti sanno che le donne sulle strade sono in realtà donne
trafficate? E se sì, perché decidono di comprarle lo stesso?
E chi lo dice che lo
sanno? Gli stessi che affermano che le prostitute sono quasi tutte libere? Ma
se sono libere sono liberi anche i clienti.
In realtà, invece, è
ancora necessaria una opera si sensibilizzazione, informazione, prevenzione rivolte
al mondo maschile perché il maschio cerca tutte le scuse che spieghino e
giustifichino il suo esser cliente.
Solo l'esperienza
diretta porta il maschio a prender atto che quelle ragazze NON sono libere e a
quel punto spesso decide di non esser complice, ma risorsa contro la tratta; ma
deve affrontare un difficile percorso di consapevolezza nel quale nessuno lo
accompagna o lo sostiene: si trova così ad esser criminalizzato moralmente,
rischia multe e pene per un comportamento che è favorito parimenti da
trafficanti e leggi.
Cosa proponete tu e la vostra associazione allo stato e alla
società per contrastare e combattere la schiavitù sessuale delle donne
straniere, sia a livello legislativo che educativo e sociale?
Il fenomeno dello
sfruttamento delle nigeriane, e delle altre, è intenso da almeno 20 anni. Noi
vittime ed ex vittime della tratta non chiediamo nulla perché lo Stato ci
risponderebbe che da 20 anni finanzia il nostro sostegno e che le nostre
richieste e proposte NON valgono o, meglio, valgono poco perché altri sono più
qualificati di noi per formularle sulla base di conoscenze giuridiche,
sociologiche, psicologiche, ecc. ecc.
Da molto fastidio
allo stato che una organizzazione di vittime ed ex vittime, l'unica esistente
in Italia e in Europa, parli; siamo le beneficiarie dei servizi e degli
interventi che lo stato e le istituzioni ai vali livelli e in vario modo hanno
posto in essere e diciamo come beneficiare, che NON funziona, che nove su dieci
di noi non beneficiano di nulla, che nove su dieci diventano prostitute per
colpa della inefficienza dei servizi dello stato e che non si sa ipotizzare
altro che regolamentare la prostituzione, cioè fissare regole e modalità per
regolarizzare il nostro sfruttamento.
Noi non possiamo
dire bisogna fare in un altro modo, perché nel frattempo altri contestano le
nostre proposte e difendono le loro.
Noi facciamo a modo
nostro, allora: facciamo auto - mutuo aiuto, cerchiamo di farci sentire e dire
la nostra verità, anche se è difficile perché ci mancano gli strumenti
culturali per elaborare il pensiero e ci manca la malizia politica per proporlo
ai tavoli dove le decisioni sono prese sulle nostre spalle. Per fortuna che
MOLTI servizi sono validissimi, quindi non stiamo criticando tutti e chiunque;
ma nell'insieme la realtà è questa. A noi è preclusa perfino la possibilità di
aiutare noi stesse.
Insieme ad altre e a
parti importanti della società civile, noi facciamo accoglienza, motiviamo,
sosteniamo, accompagniamo ragazze nella ricerca di una via di uscita, “anche”
attraverso i servizi, ma anche dopo, senza mai dimenticare che siamo sole
quando i servizi hanno completato il loro intervento e ci considerano autonome,
mentre noi siamo ancora in balia dei trafficanti, del debito, dei falsi pastori
complici delle maman, delle comunità nigeriane complici, ecc. ecc.
Siamo sole contro la
mafia nigeriana, una delle peggiori al mondo.
Quanto è importante dar voce alle sopravvissute della tratta e
della prostituzione e perché la loro voce tende a essere meno ascoltata
rispetto a quella di tante altre?
Per assurdo ha voce
il Comitato per i diritti delle prostitute, non l'associazione vittime ed ex
vittime della tratta: è così che si costruiscono una cultura ed una politica
che a noi non possono offrire nulla.
Il problema non è il
Comitato delle prostitute che fa quello per cui è nato; il problema è che il
sistema, tra squilibri politici, sociali, morali, ecc. ecc. è miope. Il
problema sono le donne alle quali sembra più facile ascoltare le prostitute delle
vittime della tratta, perché la libera scelta è legittima, mentre esser vittime
significa vittimizzarsi e, quindi, screditare moralmente le prostitute a
vantaggio di quelle costrette a prostituirsi. Più facile sostenere che le
vittime non esistono e tutte sono solo prostitute e basta, in modi e luoghi
diversi.
Per noi non è così,
ma ci è difficile dover sostenere una posizione come questa nostra che sembra
ideologica, contrapposta alla ideologia di altri, mentre è la nostra vita reale
ad essere in gioco. Per troppi sarebbe meglio se noi non ponessimo proprio il
problema e per spingerci a questo non ci ascoltano: per noi è già cos'
difficile anche solo parlare...
per me si può e si deve combattere la tratta e la riduzione in schiavitù e anche difendere i diritti delle e dei sex workers “volontari” o comunque non schiavi. Non capisco perchè il comitato per i diritti delle prostitute e le organizzazioni anti-tratta non possano agire insieme. Comunque a me interessa ascoltare tutti, sia le sex workers che le vittime di tratta e le sopravvissute alla tratta, sia di chi decide di prostituirsi sia di chi vuole uscirne
RispondiEliminaGrazie Valentina S., ogni commento è superfluo, è sufficiente leggere attentamente.
RispondiEliminaI diritti delle persone stanno nel non essere soggette di consumo degli altri e di avere accesso ad una vita dignitosa, libera da ogni sorta di sfruttamento sia che siano chiamati 'volontario' o che siano di sfruttamento apertamente evidente. La compra-vendita del corpo di una donna la riduce ad un oggetto di consumo: usa e getta, e non c'è nessuna terminologia: 'sex work' or 'prostituta volontaria'; che possa rimediare a tale umiliazione e la misoginia che sta dietro alla promozione della prostituzione come 'lavoro'. Ci vuole un corraggio collettivo per dire basta a questa violenza più antica verso la donna.
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