mercoledì 18 luglio 2012

Femen: intervista ad Anna Guzol

Copio e incollo qui dal sito Globalist questa bella intervista ad Anna Guzol, di Femen Ucraina in  cui lei spiega le ragioni del loro movimento. Ecco inoltre  i link al blog e pagina facebook di Femen Italia. I grassetti sono miei.

Gli occhi castani di Anna Guzol sprizzano di gioia. Capelli cortissimi, largo sorriso e tanta voglia di fare, di parlare, di condividere idee. Leader del movimento ucraino "Femen", Anna parla con Globalist dei progetti, delle iniziative, dei sogni personali e di quelli che condivide con le compagne che con lei hanno dato vita a battaglie ormai note al mondo.
"Le nostre azioni di protesta durante gli Europei di calcio hanno avuto tanto successo, tutti parlano di noi, suscitiamo simpatia e di questo siamo felicissime - dice Anna - Grazie ai siti indipendenti come Globalist, grazie al mondo del web, alle testate occidentali siamo riuscite a farci sentire e capire in Europa. Pensate - aggiunge - in pochi giorni abbiamo raccolto più di 100 mila preferenze su you tube, facebook, twitter. Ora davanti a noi si aprono tante prospettive e abbiamo molte altre sfide da affrontare".
Anna è felice soprattutto perché le ragazze di "Femen" sono riuscite a colpire al cuore il mondo patriarcale ucraino.
Gli Europei di calcio sono già un ricordo, Kiev torna alla sua quotidianità. Anna ritorna con la mente al grande palcoscenico del calcio: "Le proteste più feroci sono arrivare e arrivavano dai tifosi del mio Paese - confessa Anna - giudizi duri e minacce, mentre i tifosi europei sono piu' elastici, ascoltano, cercano di capire di piu'. Noi diciamo ai nostri maschi "Siete solo calcio e birra...". Ovviamente sono giudizi che fanno arrabbiare gli uomini, ma noi, pur esagerando, stiamo dicendo loro una grande verita' . E poi, la cosa più importante è che abbiamo fatto capire al mondo che lo spazio est-europeo non può essere visto solo e soltanto come il bordello del Vecchio Continente. Le donne in Ucraina, come in Russia, o in Bielorussia lavorano, mantengono famiglie intere, intere economie dei loro Paesi , ma vengono trattate con prepotenza, come pezzi di carne".
Le "Femen nascono" nel 2008. Un gruppo di amiche, arrivate da ogni angolo del Paese, si incontrano in un caffè di Kiev. In Ucraina non esisteva fino a quel momento alcun movimento femminile. Si confrontano, parlano della mancanza di diritti, dell'emigrazione femminile: migliaia di ragazze costrette ad andare all'estero per lavorare come badanti, donne di servizio, costrette a prostituirsi per mantenere figli, padri, nonni. Tanta rabbia, dunque, e tanta voglia di cambiare. E così cominciano dalle piccole proteste come quella contro servizi comunali ucraini, soliti a staccare ogni anno per l'estate l'acqua calda nei condomini. Una regola ereditata dai tempi dell'Unione Sovietica. Le ragazze di Kiev non ci stanno. Vogliono che in ogni casa ci si possa fare la doccia, che si possano lavare i panni, fare il bagno ai bambini, pulire piatti e stoviglie. Una battaglia concreta, legata al quotidiano di tante e tante famiglie. E così sfidano il comune della capitale lavandosi a seno nudo nelle fontane pubbliche . E' il momento in cui nasce il movimento delle ragazze a seno nudo, nasce "Femen". Presto passano dalla piccola protesta quotidiana che ha grande seguito e raccoglie altrettanta simpatia tra la gente comune, alla visione nazionale della questione femminile. Prendono di petto, è il caso di dire, il fenomeno della prostituzione; fenomeno taciuto e "ignorato" dai governi dell'area dell'est.
"Per 20 anni nessuno ne ha parlato seriamente, non in Ucraina, non in Russia. Su questo fenomeno - dice Anna - dai nostri governi solo omertà. A poco servono le denunce delle organizzazioni internazionali sui numeri spaventosi della tratta delle donne". Ora gli occhi di Anna diventano severi e tristi: "Secondo te, lungo le strade d'Europa, nei bordelli, vedi donne occidentali?! No, e no! Mai, e poi mai! Solo e soltanto ucraine, rumene, russe, moldave, e poi nigeriane, e donne latino-americane. Ma per i governi di questi Paesi il fatto che centinaia di migliaia di donne sono costrette a fare questa vita non costituisce un problema nazionale". Anna si gira, guarda fuori, oltre i vetri della finestra di questo palazzone testimone dell'architettura sovietica: "Il futuro è seriamente a rischio, ti vedono solo come un pezzo di carne che porta tanti soldi alle economie devastate di questi Paesi. Niente politiche sociali, niente attivita' di prevenzione, niente di niente. Vi parlano al massimo della libertà di scelte individuali. Ma, diciamoci chiaramente: quale scelta individuale?!"
Anna e altre ragazze di "Femen" si interrogano sul futuro delle donne non solo in Ucraina, ma in tutto il mondo. Da questo piccolo appartamento di un anonimo caseggiato di edilizia popolare sovietica, alla periferia di Kiev, parte un movimento che vuole espandersi, saltare i confini, non solo in rete. In programma l'apertura di una sede a Parigi e di un'altra ancora in uno dei paesi dell'America Latina.
"Non abbiamo solo delle belle tette - ironizza Anna, offrendoci un bel sorriso carico di ottimismo- abbiamo le teste pensanti, e tanto cuore".
Il gruppo di ragazze di "Femen" conta una ventina di persone: " Ma abbiamo alcune centinaia di attiviste che lavorano dietro le quinte - precisa Anna - vogliamo andare ovunque, esserci dove esiste lo sfruttamento sessuale, dove le donne scompaiono nel nulla, uccise sulle rotte della prostituzione. Ovunque, dove la donna é vista solo e soltanto come un pezzo di carne".
E quel disprezzo dei maschi ucraini? Anna taglia corto: "Non odiamo gli uomini, anzi. Ma a tutti quelli che ci dicono "Dovete essere nude soltanto a letto, a casa, al servizio degli uomini ", a tutti quelli che fanno finta di non capire la nostra pesante condizione rispondiamo:" Lottiamo per il nostro futuro, a seno nudo!"

3 commenti:

  1. sono delle ipocrite vogliono non essere considerate oggetti e poi vanno a seno nudo, il mondo si interessa a loro solo per la nudità e perché sono belle tutto qui.

    RispondiElimina
  2. Grazie Valentina S., e grazie a Globalist, per la buona puntualizzazione sul carattere del movimento femminista nato in Ucraina: molte donne, qui da noi, di fronte alle loro forme di protesta, basate sui corpi, avevano preso un grosso granchio, leggendo il loro uso rivendicativo e aggressivo dei corpi femminili con i nostri parametri "mediatico-tettaculistici". Niente di più lontano dalle noste asfiitiche ed umiliani miserie estetiche, come dimostra, tra l'altro, questa intervista, ed è proprio il caso di dire "giù le mani dai nostri corpi".

    RispondiElimina
  3. Considerando la situazione delle donne dell'est e la tratta a cui sono sottoposte, le appoggio totalmente nei temi, e anche nelle modalità che hanno scelto di protestare. Non sarebbero mai riuscite ad ottenere attenzione in altro modo e ribaltare la reificazione fatta sui pezzi di corpo delle donne, utilizzando gli stessi (come anche suggerisce il logo) per criticare il sistema che lo sostiene è una mossa intelligente. Nessuna ipocrisia, bensi decostruzione dell'obbligo di percepirsi solo in un modo in quanto belle bionde e libere

    RispondiElimina