Copio e incollo qui dal sito Globalist questa bella intervista ad Anna Guzol, di Femen Ucraina in cui lei spiega le ragioni del loro movimento. Ecco inoltre i link al blog e pagina facebook di Femen Italia. I grassetti sono miei.
Gli occhi
castani di Anna Guzol sprizzano
di gioia. Capelli cortissimi, largo sorriso e tanta voglia di fare, di parlare,
di condividere idee. Leader del movimento ucraino "Femen", Anna parla
con Globalist dei progetti, delle iniziative, dei sogni personali e di
quelli che condivide con le compagne che con lei hanno dato vita a battaglie
ormai note al mondo.
"Le
nostre azioni di protesta durante gli Europei di calcio hanno avuto tanto
successo, tutti parlano di noi, suscitiamo simpatia e di questo siamo
felicissime - dice Anna - Grazie ai siti indipendenti come Globalist, grazie al
mondo del web, alle testate occidentali siamo riuscite a farci sentire e capire
in Europa. Pensate - aggiunge - in pochi giorni abbiamo raccolto più di 100
mila preferenze su you tube, facebook, twitter. Ora davanti a noi si aprono
tante prospettive e abbiamo molte altre sfide da affrontare".
Anna è
felice soprattutto perché le ragazze di "Femen" sono riuscite a
colpire al cuore il mondo patriarcale ucraino.
Gli Europei
di calcio sono già un ricordo, Kiev torna alla sua quotidianità. Anna ritorna
con la mente al grande palcoscenico del calcio: "Le proteste più feroci
sono arrivare e arrivavano dai tifosi del mio Paese - confessa Anna - giudizi
duri e minacce, mentre i tifosi europei sono piu' elastici, ascoltano, cercano
di capire di piu'. Noi diciamo ai nostri maschi "Siete solo calcio e
birra...". Ovviamente sono giudizi che fanno arrabbiare gli uomini, ma
noi, pur esagerando, stiamo dicendo loro una grande verita' . E poi, la cosa
più importante è che abbiamo fatto capire al mondo che lo spazio est-europeo
non può essere visto solo e soltanto come il bordello del Vecchio Continente.
Le donne in Ucraina, come in Russia, o in Bielorussia lavorano, mantengono
famiglie intere, intere economie dei loro Paesi , ma vengono trattate con
prepotenza, come pezzi di carne".
Le
"Femen nascono" nel 2008. Un gruppo di amiche, arrivate da ogni
angolo del Paese, si incontrano in un caffè di Kiev. In Ucraina non esisteva
fino a quel momento alcun movimento femminile. Si confrontano, parlano della
mancanza di diritti, dell'emigrazione femminile: migliaia di ragazze costrette
ad andare all'estero per lavorare come badanti, donne di servizio, costrette a
prostituirsi per mantenere figli, padri, nonni. Tanta rabbia, dunque, e tanta
voglia di cambiare. E così cominciano dalle piccole proteste come quella contro
servizi comunali ucraini, soliti a staccare ogni anno per l'estate l'acqua
calda nei condomini. Una regola ereditata dai tempi dell'Unione Sovietica. Le
ragazze di Kiev non ci stanno. Vogliono che in ogni casa ci si possa fare la
doccia, che si possano lavare i panni, fare il bagno ai bambini, pulire piatti
e stoviglie. Una battaglia concreta, legata al quotidiano di tante e tante
famiglie. E così sfidano il comune della capitale lavandosi a seno nudo nelle
fontane pubbliche . E' il momento in cui nasce il movimento delle ragazze a seno
nudo, nasce "Femen". Presto passano dalla piccola protesta quotidiana
che ha grande seguito e raccoglie altrettanta simpatia tra la gente comune,
alla visione nazionale della questione femminile. Prendono di petto, è il caso
di dire, il fenomeno della prostituzione; fenomeno taciuto e "ignorato"
dai governi dell'area dell'est.
"Per 20
anni nessuno ne ha parlato seriamente, non in Ucraina, non in Russia. Su questo
fenomeno - dice Anna - dai nostri governi solo omertà. A poco servono le
denunce delle organizzazioni internazionali sui numeri spaventosi della tratta
delle donne". Ora gli occhi di Anna diventano severi e tristi:
"Secondo te, lungo le strade d'Europa, nei bordelli, vedi donne
occidentali?! No, e no! Mai, e poi mai! Solo e soltanto ucraine, rumene, russe,
moldave, e poi nigeriane, e donne latino-americane. Ma per i governi di questi
Paesi il fatto che centinaia di migliaia di donne sono costrette a fare questa
vita non costituisce un problema nazionale". Anna si gira, guarda fuori,
oltre i vetri della finestra di questo palazzone testimone dell'architettura
sovietica: "Il futuro è seriamente a rischio, ti vedono solo come un pezzo
di carne che porta tanti soldi alle economie devastate di questi Paesi. Niente
politiche sociali, niente attivita' di prevenzione, niente di niente. Vi parlano
al massimo della libertà di scelte individuali. Ma, diciamoci chiaramente:
quale scelta individuale?!"
Anna e altre
ragazze di "Femen" si interrogano sul futuro delle donne non solo in
Ucraina, ma in tutto il mondo. Da questo piccolo appartamento di un anonimo
caseggiato di edilizia popolare sovietica, alla periferia di Kiev, parte un
movimento che vuole espandersi, saltare i confini, non solo in rete. In
programma l'apertura di una sede a Parigi e di un'altra ancora in uno dei paesi
dell'America Latina.
"Non
abbiamo solo delle belle tette - ironizza Anna, offrendoci un bel sorriso
carico di ottimismo- abbiamo le teste pensanti, e tanto cuore".
Il gruppo di
ragazze di "Femen" conta una ventina di persone: " Ma abbiamo
alcune centinaia di attiviste che lavorano dietro le quinte - precisa Anna -
vogliamo andare ovunque, esserci dove esiste lo sfruttamento sessuale, dove le
donne scompaiono nel nulla, uccise sulle rotte della prostituzione. Ovunque,
dove la donna é vista solo e soltanto come un pezzo di carne".
E quel
disprezzo dei maschi ucraini? Anna taglia corto: "Non odiamo gli uomini,
anzi. Ma a tutti quelli che ci dicono "Dovete essere nude soltanto a
letto, a casa, al servizio degli uomini ", a tutti quelli che fanno finta
di non capire la nostra pesante condizione rispondiamo:" Lottiamo per il
nostro futuro, a seno nudo!"
sono delle ipocrite vogliono non essere considerate oggetti e poi vanno a seno nudo, il mondo si interessa a loro solo per la nudità e perché sono belle tutto qui.
RispondiEliminaGrazie Valentina S., e grazie a Globalist, per la buona puntualizzazione sul carattere del movimento femminista nato in Ucraina: molte donne, qui da noi, di fronte alle loro forme di protesta, basate sui corpi, avevano preso un grosso granchio, leggendo il loro uso rivendicativo e aggressivo dei corpi femminili con i nostri parametri "mediatico-tettaculistici". Niente di più lontano dalle noste asfiitiche ed umiliani miserie estetiche, come dimostra, tra l'altro, questa intervista, ed è proprio il caso di dire "giù le mani dai nostri corpi".
RispondiEliminaConsiderando la situazione delle donne dell'est e la tratta a cui sono sottoposte, le appoggio totalmente nei temi, e anche nelle modalità che hanno scelto di protestare. Non sarebbero mai riuscite ad ottenere attenzione in altro modo e ribaltare la reificazione fatta sui pezzi di corpo delle donne, utilizzando gli stessi (come anche suggerisce il logo) per criticare il sistema che lo sostiene è una mossa intelligente. Nessuna ipocrisia, bensi decostruzione dell'obbligo di percepirsi solo in un modo in quanto belle bionde e libere
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