lunedì 1 agosto 2011

Dal punto di vista degli uomini


Da un po' di tempo volevo segnalare un contributo sul tema della prostituzione che mi sembra importantissimo: la sintesi dell'incontro tenutosi a Torino nell'ottobre 2010, dal titolo "Quell’oscuro soggetto del desiderio: immaginario sessuale maschile e domanda di prostituzione", organizzato dall'associazione Maschile plurale. L'incontro ha visto la partecipazione di uomini dell'associazione e di donne e uomini di associazioni che operano sul tema di prostituzione e tratta.

Il punto di vista degli uomini di Maschile plurale su questo tema così complesso è molto interessante a mio avviso perché - al contrario di quello che quasi sempre si fa - si dirige lo sguardo non su chi si prostituisce, ma su ciò che genera la domanda di prostituzione. Il diventare un cliente non è visto come qualcosa di eccezionale o di "anormale", ma ci si interroga invece sul collegamento tra il "normale" desiderio e immaginario maschile - un certo tipo di immaginario diffuso e dominante, ma certo non l'unico esistente - e la domanda di prostituzione. Si dice tra l'altro nell'introduzione ai lavori:

Ci interessa rilanciare altre possibilità del nostro essere maschi. Sono immagini ed esperienze di relazioni libere e non violente tra uomini e donne, di riconoscimento e di rispetto degli orientamenti affettivi e sessuali di ogni persona.
Senza giudicare né volere reprimere chi si prostituisce, poniamo invece agli uomini questa idea della domanda di prostituzione come un impoverimento delle relazioni sessuali, ridotte al consumo, alla mediazione del denaro e all’indifferenza.

Riporto qui due brani da un articolo di Stefano Ciccone e Andrea Caruso:

Ma anche la prostituzione, come la violenza tra i sessi non è un fenomeno estraneo da cui difenderci, parla innanzitutto di noi uomini, della nostra sessualità, del nostro immaginario sessuale, della nostra “normalità” della “nostra” qualità delle relazioni tra le persone da interrogare.

E non solo per le statistiche che, ipotizzando 9 milioni di “clienti”, parlano di una realtà largamente diffusa tra i circa 25 milioni di maschi adulti del nostro paese. Ma perché rimanda alla rappresentazione del corpo delle donne come oggetto da possedere, alla sessualità femminile come “sessualità di servizio”, priva di una propria soggettività, e del desiderio degli uomini ridotto a obbligo, sfogo, esercizio autistico di potere. Rappresentazioni che non riguardano solo il rapporto di prostituzione.

La rete di gruppi di uomini raccolta attorno a “maschile plurale” ha scelto quest’anno di svolgere il suo incontro nazionale a Torino misurandosi con questa realtà.

Parlare di prostituzione vuol dire parlare di noi. E della rappresentazione sociale della sessualità maschile e femminile, dell’idea di libertà che abbiamo, della possibilità di ricostruire una pratica collettiva di trasformazione di orientamenti culturali profondi e delle forme dominanti di relazione tra le persone.

La scelta è stata di non parlare “delle donne” che si prostituiscono ma di parlare “tra uomini” del loro rapporto reale o immaginario con la prostituzione, focalizzandoci non sul giudizio su chi si prostituisce ma guardando ai clienti e tentando di produrre analisi e riflessione oltre l’alternativa tra giudizio moralistico e indifferenza.

Questo cambio di punto di vista può aiutare a superare una contrapposizione tra riconoscimento dei diritti delle “lavoratrici del sesso” e contrasto alla tratta, che ha spesso impoverito la discussione e la capacità di ascolto reciproca ma anche la capacità di costruire una pratica sociale condivisa.

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Ma superare la stigmatizzazione sociale e “ascoltare” la domanda maschile di prostituzione non può significare proporre un’idea della libertà e della laicità come indifferenza reciproca in cui la sessualità è relegata a dimensione privata o affidata all’astrattezza e all’anonimato dello scambio economico tra adulti consenzienti.

È possibile riaffermare che la sessualità è un terreno d’indagine, di critica e di conflitto, che è possibile un approccio non moralista ma che ci consenta di superare quella magra consolazione che è la delega al mercato che legittima la compravendita di qualunque cosa, anche le relazioni tra le persone, in cui l’astrattezza e l’anonimato del denaro vengono assunti come condizione di libertà e reciproca autonomia.

La prostituzione di oggi si inserisce dunque in uno scenario che è quello mercificatorio del capitalismo, ma anche quello del patriarcato: un contesto grande e complesso in cui siamo immersi, che si è strutturato nell’arco di secoli, ma che è necessario sottoporre a critica.

In questa cornice vanno riconosciute soggettività e conflitti: vedere il potere anche in altre forme di relazione rivela certo la “normalità” della prostituzione, ma nel senso che chiede di rimettere in discussione tutto lo scenario delle relazioni e della sessualità.

Rinvio al sito di Maschile plurale per leggere una sintesi di tutti gli interventi, davvero interessantissima.




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