mercoledì 27 marzo 2013

Paradiso per trafficanti di donne

Come forse ho detto altre volte, la cosa che più mi colpisce nel dibattito sulla prostituzione in Italia è come sistematicamente vengano omessi ogni approfondimento e riflessione sulle persone e sulle organizzazioni criminali e mafiose che concretamente gestiscono la prostituzione e ci guadagnano. E' una strana dimenticanza, specie se coloro che se ne dimenticano sono politici che hanno la pretesa di presentare nuovi progetti di legge e nuove ordinanze locali. C'è un continuo spostamento del dibattito su questioni inesistenti che mostrano una profonda doppia morale, come la presunta necessità di spostare le donne che esercitano la prostituzione dalle strade trasferendole al chiuso e/o in quartieri periferici per salvaguardare il "decoro urbano". Oppure l'"opportunità" di tassare questo settore per rimpinguare le casse comunali e statali svuotate dalla crisi. Mi sembra quindi opportuno approfondire per quanto possibile ciò che molto raramente si trova sui giornali, specie italiani. 

Non ha fatto notizia qui, ad esempio, il caso  di José Moreno (nella foto) che ancora oggi gestisce il bordello legale più grande d'Europa, Paradise a La Jonquera, Catalogna, al confine tra Spagna e Francia, frequentato per lo più da uomini francesi. Investì in questo locale tre milioni di euro e gli fu accordata dal Tribunal Superior de Justicia della Catalogna l'apertura - che avvenne alla fine del 2010 con grande pubblicità - nonostante all'epoca fosse sotto indagine della magistratura per tratta di esseri umani, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio di denaro!!
L'accusa di tratta riguardava la gestione di due suoi locali Eden ed Eclipse sempre nella provincia di Girona, per i quali Moreno aveva commissionato il reclutamento di alcune ragazze dal Brasile. Come si può leggere in questo articolo di El Pais, alcune di queste ragazze nel corso delle indagini avevano testimoniato di essere state attratte con false promesse di lavoro e una minima spesa da restituire per il viaggio che invece sarebbe ammontata in seguito a 6000 euro. Il passaporto era stato loro sequestrato e a chi protestava uno dei collaboratori di Moreno rispondeva: "No puedes volver a Brasil. Menea el culo y atrae a los clientes, que tienes que pagar la deuda" (Non puoi tornare in Brasile. Scuoti il culo e attira i clienti, che devi pagare il debito). Subivano anche pressioni psicologiche, tanto che una testimone affermava: "Lo curioso es que a veces hasta te acaban convenciendo de que te querían ayudar y que el cobro era justo." (La cosa buffa è che a volte finivano per convincerti che ti volevano aiutare e che era giusto pagare).
Moreno nel marzo 2012 è stato condannato solo a tre anni invece dei dodici richiesti dal procuratore, venendogli riconosciuto solo il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina! Si è stabilito che non era provato che le ragazze fossero costrette, perché erano libere di andare e venire e non erano in condizioni di vulnerabilità. Nonostante durante il processo - in cui una sola ragazza alla fine ha testimoniato - sia stato confermato che le ragazze dovevano restituire un debito gonfiato rispetto al costo reale del viaggio che era stato loro anticipato, nonostante dovessero pagare ogni giorno per l'alloggio e per il cibo - un costo raddoppiato nei giorni in cui non lavoravano. Trovo che questo sia un precedente di assoluta gravità che si dovrebbe esaminare attentamente, perché un giorno la tratta potrebbe trovarsi così di fatto legalizzata. 
Rimasto libero, in attesa dell'appello, Moreno continua a gestire il suo megabordello e ha recentemente dichiarato ai giornalisti che lo interrogavano sulla sua vicenda giudiziaria che lui non ne sa nulla e che sa solo che è libero e che continua il suo business. 

 A La Jonquera oltre al Paradise ci sono tanti altri bordelli autorizzati dalla legge della Catalogna che ne permette la gestione non considerata sfruttamento della prostituzione, nonostante gli enormi guadagni dei proprietari ricavati dalla prostituzione delle ragazze, tutte migranti e provenienti prevalentemente da Romania e America latina, perché formalmente risultano come affittacamere. 
A febbraio scorso 19 persone sono stati arrestate per sfruttamento di una rete di tratta che coinvolgeva 215 ragazze rumene di Braila reclutate da minorenni con la promessa di un lavoro una volta compiuti i diciotto anni, ma costrette poi a prostituirsi a causa del debito e delle spese da pagare e tenute in condizioni di schiavitù al noto bordello Lady Dallas (già chiuso diverse volte in passato ma sempre riaperto)
I processi sono lunghi e mentre le indagini si svolgono e gli imprenditori godono di relativa o assoluta impunità sempre nuove ragazze sono reclutate e schiavizzate.
El Pais parla infine di una vera guerra tra bande nella zona. A dicembre 2012, era stata trovata un'autobomba davanti al Paradise dopo che precedentemente erano state fatte esplodere delle granate e si era ipotizzato che i mandanti fossero i proprietari del Lady Dallas danneggiati dalla perdita di clientela intervenuta a seguito dell'apertura del megabordello di Moreno.

Fonti:

martedì 26 marzo 2013

Tratta, prostituzione, femminismo: intervista a Lydia Cacho

Pubblico un video molto prezioso: un'intervista a Lydia Cacho alla televisione olandese dell'autunno 2011. I sottotitoli in italiano sono a cura di Ilaria Maccaroni e Valentina Iamotti.
Dal luglio 2012, Lydia Cacho ha dovuto poi lasciare il Messico, dopo aver ricevuto nuove gravi minacce  ("Ti abbiamo già avvertito, puttana, non si scherza con noi. E' chiaro che non hai imparato dal piccolo avvertimento che hai ricevuto. Quello che succederà è che ti faremo a pezzi, è così che ti manderemo a casa, idiota" ). E' sotto il tiro delle mafie transnazionali per il suo lavoro di investigazione e la sua attività concreta affianco delle vittime di tratta, fin da quando nel 2005 pubblicò l'inchiesta I Demoni dell'Eden in cui denunciava la rete di pedopornografia e tratta in cui erano coinvolte alte figure del potere economico e politico messicano. Denuncia che le è costata anche il carcere e la tortura, a causa della corruzione del sistema giudiziario messicano. Solo il sostegno dell'opinione pubblica internazionale ha permesso che le venissero accordate delle misure di protezione. L'intervista è sul suo libro-inchiesta del 2010, Schiave del potere, frutto di un lavoro di investigazione di cinque anni in giro per il mondo. 
Dura 25 minuti ed è superfluo che io dica altro, salvo invitarvi all'ascolto: 




venerdì 15 marzo 2013

La sessualità, un piacere colonizzato dal lavoro?

Docente di Scienze Politiche all’Università di Paris Dauphine, Irène Pereira è una ricercatrice impegnata. Femminista, anarchica, sindacalista ha affrontato il tema della prostituzione nella libreria Barricade (Barricata), a Liegi, il 22 febbraio 2011. Proponiamo qui il nucleo essenziale della riflessione che ha sviluppato in questa occasione: un punto di vista originale sulla questione del lavoro e del tempo libero. L’originale lo trovate qui, ringraziamo di cuore Maria Rossi per la traduzione.

Il problema è di sapere se dobbiamo, in quanto femministe, rivendicare la trasformazione della prostituzione in una professione legalmente riconosciuta (posizione della regolamentazione) o, al contrario, lottare per l’abolizione del sistema prostituzionale (posizione abolizionista) allo stesso modo in cui lottiamo per l’abolizione del sistema capitalista.
Esprimo la mia opinione come militante femminista che lotta per i diritti delle donne, come militante anarchica affezionata alla liberazione sessuale e come militante sindacalista rivoluzionaria che combatte contro lo sfruttamento economico dei proletari. ...
 [Continua su  Femminile plurale]

mercoledì 6 marzo 2013

Trafficanti al passo con i tempi

Pubblico un interessante brano di  3 minuti e mezzo tratto da un'intervista a Lydia Cacho del 2010 nel corso del Festival degli scrittori di Sidney. Traduzione e sottotitolaggio sono a cura di Ilaria Maccaroni e Valentina Iamotti che ringrazio.
Lydia Cacho parla di come i trafficanti, che anticipano sempre i tempi per assicurarsi la prosecuzione del proprio business, stiano investendo nella cultura di normalizzazione della prostituzione e del turismo sessuale in tutto il mondo, pornografia diffusa massicciamente nella cultura popolare, ipersessualizzazione delle ragazze e finto glamour.
".. i trafficanti prendono donne da altri paesi e fanno contrarre loro enormi debiti in modo che non possano scappare, sequestrano loro i documenti, le privano della loro libertà, alcune di loro devono inviare i soldi a casa per cui non hanno alcuna scelta e l’unica forma di sopravvivenza è quella di restare lì coi trafficanti. Alcune di loro riescono a fuggire altre no. La questione qui è in che modo i valori culturali presenti in tutto il mondo permettono che questo avvenga."





 

lunedì 4 marzo 2013

Schiavitù sessuale nei Paesi Bassi

Riporto la traduzione, a cura di Maria Rossi che ringrazio, di un articolo pubblicato da Le Monde alla fine del 2011 sulla situazione dell'industria della prostituzione nei Paesi Bassi, paese in cui dal 2000 sono stati depenalizzati i proprietari di bordelli che possono assumere anche personale dipendente. L'articolo riassume a sua volta un pezzo pubblicato sul quotidiano progressista di Amstardam Volskrant dal titolo "La legalizzazione della prostituzione è una copertura per la schiavitù sessuale".
Trovo sia importante riportare anche ciò che si dice all'estero, perché qui in Italia è molto radicata la pericolosa e superficiale convinzione che la ricetta magica per combattere la tratta sarebbe la regolamentazione della prostituzione così come avvenuta in Olanda, Germania, Svizzera, Nuova Zelanda, Australia,ecc..  Non così all'estero, dove c'è una differente consapevolezza dell'enorme potere e capacità di penetrazione delle mafie transnazionali. Pubblicherò in seguito altre testimonianze e contributi su questi paesi che ho incontrato nel mio approfondimento.


                       Gli Olandesi cominciano a pentirsi della legalizzazione della prostituzione

    Jean-Pierre Stroobants

  Le Monde

La Svezia e la Norvegia puniscono, il Belgio tollera, la Francia discute. E i Paesi Bassi? Si pentono. Undici anni dopo aver svolto il ruolo di pionieri, legalizzando il lavoro sessuale - vale a dire la prostituzione - , essi evocano un flop generale. E' l'espressione impiegata recentemente da Evelien Tonkens, sociologa all'Università di Amsterdam e cronista del Volkskrant, il quotidiano progressista di Amsterdam. In un testo molto importante, questa docente universitaria di sinistra passava al setaccio  tutti coloro che si erano battuti per una legislazione che non ha risolto niente. Vale a dire,  i circoli liberali, che speravano di combattere l'influenza dei gruppi mafiosi, e le rappresentanti della corrente femminista, che propugnavano la libertà di scelta per ciascuna donna.
Oggi, dal 50% al 90% delle "lavoratrici" attive dietro le vetrine e nelle "sale massaggi" sono costrette a prostituirsi. E nel quartiere De Wallen, la celebre "zona rossa" di Amsterdam, solo il 2%   di qualcosa come 6000 prostitute ha dichiarato di amare il proprio lavoro, ha rivelato un'inchiesta. Molte donne originarie dell'Africa, dell'Europa dell'Est e dell'Asia si vedono sempre confiscare il passaporto all'arrivo e sono costrette a liberarsi dalla schiavitù in cambio di qualcosa come 2000 euro al mese per le più fortunate. Uno sfruttatore della prostituzione guadagnerebbe in media 500.000 euro all'anno mantenendo più donne sotto il suo controllo.
La buona coscienza delle autorità olandesi era sino ad ora confortata da una disposizione legislativa: un cliente che nota che una donna lavora coercitivamente  può denunciare anonimamente la sua situazione alla polizia. Un altro flop: De Wallen vede sfilare ogni anno 220.000 consumatori di sesso, ma il numero delle segnalazioni non supera qualche decina, perché la maggior parte delle prostitute non si confida. La nuova generazione  dei rappresentanti politici di sinistra, di cui fa parte Lodewijk Asscher, il sindaco di Amsterdam, ritiene che la politica della legalizzazione abbia fallito. E' stato commesso, dice, un errore nazionale. Altri responsabili denunciano lo scacco di una politica che fu ispirata dal timore del moralismo così come dal concetto di libertà individuale. "La legalizzazione mostra, soprattutto, come, qui, la libertà ha deviato [significato]  e non è che un alibi della schiavitù", spiega Evelien Tonkens.
Lodewijk Asscher  invoca la penalizzazione dei clienti e critica la debolezza di una proposta di riforma in discussione che mira soltanto ad un miglior controllo del settore del lavoro sessuale. Infine, è contestata la politica della città di Amsterdam che mira a riscattare immobili del quartiere di De Wallen per ostacolare l'attività dei gruppi criminali. Il progetto incontra un successo limitato e la Corte dei Conti ha formulato delle obiezioni.