venerdì 20 maggio 2011

500 storie vere


E' uscito da poco il secondo libro di Isoke Aikpitanyi, coraggiosa attivista nigeriana che opera a favore delle vittime della tratta nel nostro Paese, fondatrice col suo compagno del progetto "La ragazza di Benin city".
Lo segnalo, nell'attesa di leggerlo al più presto e di recensirlo qui sul blog.

Si tratta di una inchiesta molto ben documentata con 500 storie vere di ragazze schiavizzate nel nostro Paese dal connubio tra criminalità nigeriana e italiana e nella pressocché totale acquiescenza delle istituzioni, delle forze dell'ordine - che troppo spesso diventano a loro volta carnefici - e dei media che poco denunciano il fenomeno, compresi i tanti omicidi di molte ragazze.

La schiavitù a fini di sfruttamento prostituzionale riguarda le nigeriane, ma anche tante altre ragazze immigrate dai paesi dell'Est Europa, dalla Cina, dall'America latina. Troppo spesso da noi il dibattito sulla prostituzione non tiene conto a mio avviso abbastanza di questo aspetto del problema da cui invece dovrebbe partire ogni analisi sul tema. Si oscilla su questi argomenti tra l'approccio liberale e quello ipocritamente scandalizzato per la decenza sulle strade, entrambi drammaticamente errati e dannosi quando si assume il punto di vista delle vittime dell'industria del sesso.

Riporto di seguito una interessantissima intervista del 2008 ad Isoke Aikpitanyi, e un link a un'intervista più recente.

IN STRADA NON CI SONO PROSTITUTE MA SCHIAVE

Il problema non è la prostituzione e non è la clandestinità

La maggior parte delle ragazze che si prostituiscono nelle strade italiane sono vittime della tratta e sono schiave. Bisogna liberarle e basta, il che vuol dire offrir loro una concreta via di uscita. La via di uscita non può esser permetter loro di prostituirsi in quartieri a luce rossa o in aree "protette", perché saranno sempre i trafficanti a gestire tutto. E non può essere proporre loro di fare delle cooperative e di autogestirsi come prostitute, perché non sono venute a fare le prostitute, quindi se offriamo loro solo questa opportunità, non le liberiamo. Molte "sembrano" determinate a prostituirsi solo perché si sono rassegnate e adattate, perché non possono fare altro, spesso non hanno istruzione e sempre sono respinte dalla società.

Non sono delle criminali, ma delle vittime. Non sono io a dire queste cose, non io sola. Sono solo una voce, ma sono la voce dell’unica associazione vittime ed ex vittime che esiste. Perché politici, operatori sociali, preti e suore, poliziotti, giornalisti tutti vogliono dire la loro e non ascoltano noi? Come si può affrontare un problema e pensare di risolverlo senza ascoltare i protagonisti.

Io, come tante, come quasi tutte quelle che sono uscite dalla tratta, ho atteso a lungo prima di trovare una via di uscita che non mi era offerta; neanche quando mi hanno quasi uccisa perché ho detto il mio NO ai trafficanti, qualcuno mi ha teso una mano e allora è chiaro che da anni ciò che si fa "a favore" delle vittime della tratta è sbagliato o non risolve un bel nulla. Questa è la verità.

Retate, CPT, galera, rimpatri… quel che sta facendo o vuol fare il governo non è una novità, lo hanno fatto tutti i governi, solo che oggi se ne parla di più e se ne faranno di più.

Ma non si dica che così si liberano le schiave, perché è vergognoso raccontare bugie così grosse a persone che muoiono come mosche per arrivare qui, che qui sono uccise da trafficanti e balordi (più di 200 in tre anni), che qui sono massacrate di botte e solo a volte vanno in ospedale, che quando ci vanno è perché sono in condizioni gravissime, che abortiscono in modo terribili, che partoriscono e si vedono togliere i figli o dai servizi sociali o dai trafficanti che li tengono come ostaggi, che devono pagar un debito che arriva a 80 mila euro, che sempre più spesso sono minorenni, che sono senza istruzione e senza cultura, che credono in demoni tribali, che qui si ammalano, che qui sono stuprate ogni giorno, ecc. ecc. E il problema sarebbe la prostituzione?

Gli italiani vedono solo quella, e questo è vergognoso… non il fatto che tante giovani stiano in strada. Queste ragazze non sono un pericolo, ma vivono ogni giorno in pericolo. E i clienti? Ci si renda conto che il maggior numero di ragazze che esce dalla tratta è sostenuta da un cliente-ex cliente-amico-fidanzato-marito. Ma come? I clienti alimentano la domanda e sono responsabili della tratta ma sono anche la risorsa più concreta per le ragazze che vogliono tirarsi fuori? Segno evidente, anche questo, che la risposta data dalla politica e dalla società al problema delle vittime della tratta in genere non è adeguata.

Isoke Aikpitanyi

Associazione vittime ed ex vittime della tratta del Progetto la ragazza di Benin City


da http://www.storiemigranti.org/spip.php?article300


Link a un'altra intervista:


http://www.noppaw.net/?p=261

mercoledì 18 maggio 2011

Dieci fatti sulla prostituzione


Sul sito di Turn off the red light - campagna per l'abolizione di prostituzione e tratta in Irlanda - è riportato un interessante decalogo di dieci fatti sulla prostituzione che smitizzano altrettanti dieci miti, diffusi nel senso comune. Il decalogo è preso da una campagna inglese di ispirazione simile, Demand change.
Sotto ne riassumerò i punti.

Un breve preambolo: la campagna irlandese - promossa da associazioni anti-tratta, associazioni di donne, di uomini, di immigrati e che trova l'appoggio di diversi esponenti politici - mira all'approvazione di una legge simile a quella svedese (leggi di questo tipo oltre che in Svezia, dove è in vigore dal 1999, sono già state approvate in diversi paesi del nord Europa, come Lituania, Estonia, Islanda e Norvegia). In pratica si tratta di rendere punibile penalmente l'acquisto di prestazioni sessuali - e ovviamente lo sfruttamento - decriminalizzando invece completamente la vendita e quindi non perseguendo chi si prostituisce. Notevole passo avanti rispetto ai provvedimenti repressivi per la "decenza stradale" del nostro Paese dei sindaci-sceriffi (per fortuna su questo punto il pacchetto sicurezza ha recentemente avuto uno stop dalla Corte costituzionale) che vanno a colpire chi si prostituisce, mentre ipocritamente non si fa nulla, anzi, si finisce per favorire la domanda diffondendo ovunque un'immagine di donna-merce a disposizione e troppo poco si perseguono gli sfruttatori. Il progetto francese Choisir, che promuove l'approvazione nei paesi dell'Unione europea delle 14 leggi più favorevoli alle donne, ha scelto sulla prostituzione la legge lituana.

Sono convinta che qualunque legge possa fare ben poco o rivelarsi addirittura un boomerang, se non supportata da una complessiva azione socio-culturale ed educativa per le giovani generazioni che miri a un diverso rapporto tra i generi e a una libera sessualità, non manipolata dagli affaristi dell'industria del sesso, abbattendo gli stereotipi a causa dei quali la donna è vista come oggetto da poter comprare, usare o abusare.
Mi sembra tuttavia più che positivo che lentamente si stia affermando una visione diversa della prostituzione: non più un fatto inevitabile e "naturale" - il cosiddetto mestiere più antico del mondo - ma un prodotto "culturale", nato da una società da secoli organizzata secondo il dominio maschile, dominio che nuoce alle donne, ma anche agli uomini e che mina e imbriglia la libera espressione sessuale e temperamentale di ogni essere umano. Come acutamente afferma Lydia Cacho, il vero mestiere più antico del mondo è quello del protettore, non quello della prostituta.
Il secondo aspetto positivo mi sembra lo spostamento del focus dalla prostituta alla domanda di prostituzione, il cui abbattimento soltanto può davvero incidere sulla lotta alla tratta e allo sfruttamento sessuale di tante donne e bambine nel mondo.

Veniamo ai punti del decalogo, che qui si può leggere integralmente.

1. Il primo punto afferma che la prostituzione non è una questione di "scelta", come comunemente si dice. Si tira in ballo sempre la libera scelta della donna, così da lavarsi la coscienza, dimenticando che "molte donne hanno "scelto" di entrare nella prostituzione a causa della mancanza di scelta e che un grande numero è stata costretta da protettori o trafficanti". Inoltre sono altissime le percentuali di prostitute che hanno avuto abusi a partire dall'infanzia e la grande maggioranza delle intervistate in diverse inchieste dichiara che vorrebbe uscirne, ma spesso non sa come. In ultima analisi, l'unico che esercita di sicuro una libera scelta è l'uomo che acquista sesso e la sua scelta non fa che espandere la prostituzione e alimentare la tratta per lo sfruttamento sessuale.

2. Il secondo punto - molto interessante - è che la prostituzione non ha nulla a che vedere col sesso. Spessissimo si allude alla prostituzione come qualcosa di "libero" e "glamour", piacevolmante trasgressivo. Ma la prostituzione ha invece molto più a che fare con lo sfruttamento, la violenza e l'abuso. Le percentuali di donne prostitute che subiscono strupri da clienti e protettori è altissima, così come quella di prostitute dipendenti da droghe o affette da disordine da stress post-traumatico.

3. Nel terzo punto si demitizza la convinzione che liberalizzare del tutto la prostituzione (come attualmente in Olanda, ad esempio) possa rimuovere i danni e gli abusi causati dalla prostituzione sulle donne.

4. Nel quarto punto si dice che non è necessario regolamentare o decriminilazzare completamente la prostituzione per ottenere una migliore protezione per le donne. Sarebbe sufficiente che le forze dell'ordine facessero semplicemente il loro dovere nel punire la violenza, indipendentemente da chi la subisca. La legalizzazione conduce all'espansione dell'industria del sesso, senza eliminare le violenze.

5. Nel quinto punto si dice che c'è unanime accordo tra tutti i gruppi attivi di donne sul fatto che chi vende atti sessuali non deve essere colpito in alcun modo.

6. Nel sesto punto si smitizza la credenza diffusa che legalizzare la prostituzione possa rimuovere lo stigma che esiste contro queste donne. Lo stigma in effetti è proprio strutturale a un sistema che notoriamente è misogino e basato su una visione della donna in generale ben diffusa tra protettori e clienti come oggetto di piacere da usare e disprezzare allo stesso tempo. Si dice in questo punto che "normalizzare la prostituzione rende invisibile l'abuso, e trasforma protettori e clienti in affaristi e legittimi consumatori". Riconoscere la prostituzione "un lavoro come un altro" chiude gli occhi sulla violenza, la povertà e l'emarginazione che conducono generalmente le donne nella prostituzione e ostacolerebbe l'azione di tutte le associazioni che supportano le donne per aiutarle a uscire dal giro. "Perché dovrebbero servire strategie per uscire da un normale lavoro?".

7. Nel settimo punto si dice che legalizzare la prostituzione indoor non mette al sicuro le donne, essendoci spesso maggiori violenze e controllo delle donne proprio al chiuso.

8. Nell'ottavo punto si dice che decriminalizzare la prostituzione diffonde il messaggio che quest'ultima è innocua.
"Legalizzare o decriminalizzare completamente l'intera industria diffonde un messaggio per le giovani generazioni di ragazzi e uomini che le donne sono oggetti sessuali e che la prostituzione è un innocuo divertimento. E' questo che vogliamo, che i giovani uomini crescano con l'idea che è normale per un uomo avere il diritto su una donna di usarla come merce sessuale? Che significato hanno i nostri sforzi per combattere le molestie sessuali e la violenza domestica maschile, sul lavoro e in strada se gli uomini possono comprare il diritto ad esercitare lo stesso tipo di atti su donne e bambine prostituite? Legalizzare o decriminalizzare l'intera industria della prostituzione normalizza un'estrema forma di subordinazione sessuale, legittima
l'esistenza di donne di "serie b", rinforza il dominio maschile, e mina le lotte per la parità tra i generi. E' tempo ormai di iniziare a contrastare gli atteggiamenti di chi trova accettabile vedere e trattare le donne come oggetti sessuali contrastando la domanda di servizi sessuali a pagamento".

9. 10. Negli ultimi due punti si dice che, mentre la legalizzazione ha portato ad un'espansione dell'industria del sesso e della tratta, leggi come quella svedese che colpisce l'acquisto di sesso a pagamento, hanno invece portato a una riduzione notevole del fenomeno. "In Nuova Zelanda la completa decriminalizzazione ha portato a un'espansione del settore illegale che ammonta all'80% dell'industria complessiva e secondo il sindaco di Amsterdam "è impossibile creare una zona sicura e controllabile per le donne che non sia suscettibile a infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali". Al contrario in Svezia "c'è stata una significativa riduzione della tratta e della prostituzione con una stasi nel reclutamento di nuove donne".

giovedì 12 maggio 2011

Il corpo delle donne

Da un po' di tempo è iniziata da parte della redazione del programma "Striscia la notizia" un'azione aggressiva e mistificatoria contro il lavoro di Lorella Zanardo e dei suoi collaboratori che - per primi nel nostro Paese - hanno sollevato il problema della rappresentazione umiliante, mercificante e caricaturale della donna nella televisione italiana.
L'azione è andata da un vero e proprio plagio del documentario "Il corpo delle donne" (autoprodotto dal basso senza sponsor e visto da milioni di persone in Italia e all'estero) fino alla recentissima "aggressione fisica" ai danni di Lorella Zanardo.


Trovo questi espisodi di una gravità inaudita e sono anche convinta che questa denigrazione non potrà fermare il vasto movimento e dibattito che si è creato nel web e nel Paese in seguito al documentario (e poi al libro omonimo) sulla necessità del rispetto dei diritti basilari delle donne ad una rappresentazione mediatica non oltraggiosa, stereotipata e sessista. Necessità peraltro promossa da diverse risoluzioni europee, come quella del 3 settembre 2008.


Anzi, tutto questo rumore fa capire quanto il lavoro della Zanardo sia stato davvero dirompente e importante, dando fastidio a molte persone di potere che lucrano sull'uso e abuso del corpo delle donne nella comunicazione mass-mediatica.

In questo post mi unisco alle tanti voci che esprimono in queste ore solidarietà a Lorella Zanardo.

Innanzitutto riposto qui il link al documentario, che diffondo e continuerò sempre più a diffondere tra tutti quelli che conosco:


http://www.ilcorpodelledonne.net/?page_id=89


Invito inoltre tutti ad aderire alle azioni di protesta in atto, come scrivere a Striscia la notizia e soprattutto alle ditte che pubblicizzano i loro prodotti all'interno del programma per comunicare che si aderisce al boicottaggio.
Qui sotto un
modello che è stato diffuso in rete e gli indirizzi utili a cui scrivere:

"Spettabile Ditta ***

Scrivo per segnalare che “Striscia La Notizia”, uno dei programmi Mediaset da voi sponsorizzato, da molte settimane sta intraprendendo un tentativo di intimidazione e stalking mediatico ai danni di alcune giornaliste e blogger che, da anni, portano avanti una campagna di sensibilizzazione riguardo ai diritti delle donne e delle bambine e alla loro rappresentazione mediatica.

“Striscia La Notizia” ha piu’ volte attaccato la giornalista di Newsweek Barbie Nadeau, la scrittrice e giornalista Loredana Lipperini, la blogger Lorella Zanardo, assieme anche ad altre intellettuali e scrittrici rifiutando tuttavia sistematicamente un confronto diretto e civile con chi si batte per il miglioramento della condizione femminile in Italia e ha come unica colpa il fatto di aver esercitato il proprio diritto di critica nei confronti del programma di Antonio Ricci. I tentativi intimidatori sono culminati, ieri sera, con un’aggressione verbale alla signora Zanardo, dopo ore di appostamento (il servizio sulla signora Zanardo dovrebbe essere trasmesso stasera o nei prossimi giorni).

A causa di quanto premesso, ritengo che sia estremamente dannoso per l’immagine di qualsiasi azienda sponsorizzare o associare la propria immagine a quella del programma “Striscia La Notizia”. Per questa ragione ho deciso, da questo momento in poi, di evitare di usufruire dei prodotti e dei servizi delle aziende che acquistano spazi pubblicitari all’interno di “Striscia La Notizia” o decidono di utilizzare conduttori e collaboratori del suddetto programma come testimonial. Cerchero’ inoltre di diffondere fra amici, conoscenti e in rete quanto esposto in questa mail, in modo da coinvolgere in questa iniziativa quante piu’ persone possibili, poiche’ il modo in cui la televisione propone l’immagine delle donne e delle bambine e’ un problema di tutti ed influenza pervasivamente anche aspetti delle nostre vite che con la televisione non hanno a che vedere. Vi suggerisco, in conclusione, di considerare altri programmi per i vostri spazi pubblicitari.

Gentili Saluti,

Firma"

Ditte a cui inviare la missiva:

1) Per NUTRIETICA potete usare questo link

www.nutrietica.org/?page_id=4

2) Per Vision Ottica, ho trovato indirizzi cartacei, fax e una mail

SEDE LEGALE E UFFICI AMMINISTRATIVI

Piazza della Vittoria 15/1

16121 Genova

Tel. 010 5954 900 begin_of_the_skype_highlighting 010 5954 900 end_of_the_skype_highlighting

Fax 010 5954 914

UFFICIO COMMERCIALE

Via Ripamonti 44

20141 Milano

Tel. 02 92885 300 begin_of_the_skype_highlighting 02 92885 300 end_of_the_skype_highlighting

Fax 02 92885 348

info@visionottica.it

3) Per Gabetti (Tree Group), ho trovato questo link

www.gabetti.it/Contattaci/index.aspx

4)Per Professione Casa (Tree Group)

Direzione Professionecasa SpA

via Quaranta 40

20139 Milano

Telefono +39 02-89046800 begin_of_the_skype_highlighting +39 02-89046800 end_of_the_skype_highlighting

Fax +39 02-00625893

professionecasa@professionecasa.com

5) Per Grimaldi (Tree Group), potete usare il link:

www.grimaldifranchising.it/grimaldi-contatti.asp

6) Per maxdesign ho trovato l’email:

info@maxdesign.it

per le vendite in Italia info.italia@maxdesign.it

presi da qui, ci sono anche numeri di telefono http://pdf.archiexpo.it/pdf/maxdesign/new-colours-2010/5005-52051-_33.html