lunedì 17 marzo 2014

La versione del pappa (e quella mainstream)


Pubblico qui un video che si trova su you tube con un'intervista del 2011 a un magnaccia romano che gestisce la prostituzione di un centinaio di donne e ragazze italiane, studentesse e casalinghe e che ha iniziato, a suo dire, dagli anni dell'Università.
Lo pubblico non per dare alcuna credibilità a quello che dice questo personaggio, ma per far riflettere su come il linguaggio usato non sia altro che quello mainstreaming parlato dai mass-media le ragazze sarebbero "imprenditrici di se stesse" che con lui hanno un "normale rapporto d'affari", sarebbero loro a darsi da fare per entrare nel giro, per loro sarebbe un divertimento, e contemporaneamente vengono dipinte negativamente come ragazzine che pensano solo all'ennesimo vestitito firmato e che "non hanno voglia di lavorare". In futuro potranno fare altro, aggiunge, una cosa non esclude l'altra. Tutto a posto, quindi! In conclusione dice che il caso Ruby è stato un gigantesco spot mediatico per lui, che - poverino - non può farsi pubblicità.

Ci vuole poco per grattare le mistificazioni del discorso di questo signore che tranquillamente potrebbe essere uno di coloro che sono implicati nel giro di prostituzione minorile romano di cui parlano le cronache di questi giorni e che coinvolge come clienti persone molto in alto.
All'inizio dell'intervista il signore racconta che per "testare" la ragazza (visto che "i miei clienti sono il patrimonio più importante", testualmente, "devo vedere se effettivamente regge") la porta in un privé, dove "le molla" con una quarantina di single che le saltano addosso e lei "ce deve sta''" (testuale). Se regge, allora può fare di tutto. Non c'è neanche da commentare questa "iniziazione" che ricorda quella che subiscono le ragazze vittime di tratta spesso violentate per spezzarle e vincerne la resistenza. Poi ammette che, se fanno più appuntamenti al giorno (ed è lui che combina loro gli appuntamenti per sua stessa ammissione!)vanno in depressione e, dopo aver detto che le ragazze non hanno voglia di lavorare, dice che quando va male lui guadagna 30mila euro al mese: fare il pappone è invece lavorare sodo, si sa! 
Interessante, visti gli sviluppi del caso romano in cui risultano coinvolti tre funzionari della FAO, che il magnaccia dica che quando c'è l'assemblea della FAO c'è il "picco dei picchi" e "non bastano mai le ragazze".






venerdì 14 marzo 2014

Il grande assente nel dibattito sulla prostituzione



Leggendo numerosi articoli  in rete, assistendo a trasmissioni televisive e seguendo il dibattito maggioritario qui in Italia anche da parte di persone delle istituzioni sul tema della prostituzione, sembra che ci sia un grande consenso su un concetto, ripetuto spesso come assioma: “legalizzare la prostituzione volontaria, combattere quella coatta”. Facile, immediato!!! Chiunque non si senta convinto da questa formuletta viene aggredito e tacciato di essere contro l’autodeterminazione, di essere “sovradeterminante”, bigotto, retrivo e chi più ne ha più ne metta. 

A volte mi sembra di vivere in un mondo diverso, da chi propone queste ricettine. Nel mio mondo c’è la violenza di genere che colpisce nelle case così come in strada o sul lavoro donne di ogni condizione sociale, nel mio mondo c’è la repressione e la discriminazione contro gli immigrati, nel mio mondo c’è la povertà strutturale e aggravata dalle politiche neoliberiste, nel mio mondo c’è la disparità nelle relazioni eterosessuali impostate ancora come relazioni di dominio uomo-donna, nel mio mondo c’è il capitalismo per il quale pecunia non olet e in cui l’economia criminale la fa sempre più da padrona anche nei settori legali e la schiavitù dilaga, nel mio mondo al centro non è il benessere della persona e tantomeno dei soggetti più discriminati (donne biologiche e trans, immigrate, povere..) ma il massimo profitto per le élite.

Ora, non solo la prostituzione è una delle forme di violenza di genere che una donna può subire fin dall’interno delle mura domestiche da parte di partner, familiari, ecc.. e che può cominciare fin dall’infanzia o adolescenza (e non è che poi appena compio 18 anni divento “libera e autodeterminata professionista del sesso”). Non solo la violenza sulle donne è una faccenda enormemente complessa - fatta di tante sfumature e non sempre da visibili catene - e da cui non è per nulla facile uscire. Non solo numerose testimonianze di donne fuoriuscite dalla prostituzione, anche non sfruttate da papponi o forzate sotto minacce di morte, spiegano i danni psicofisici che hanno riportato in questa attività che comporta avere tanti rapporti sessuali non desiderati, soggiacendo alle più svariate richieste dei clienti.

Ma qui siamo addirittura in presenza di una INDUSTRIA, particolare che viene sempre dimenticato (?!) da tutti i “brillanti” maitre à penser. Ci sono interessi economici miliardari da parte di tantissime persone: gestori e proprietari di locali-bordello di ogni specie (hotel, night-club, affittacamere, centri massaggi, club priveé, ecc…), proprietari di agenzie di escort, intermediari, reclutatori e veri e propri magnaccia, trafficanti, funzionari vari corrotti, clienti potenti che usano le donne come merce di scambio per favori, ecc.. Il tutto in gran parte gestito oggi direttamente o indirettamente da grandi organizzazioni del crimine organizzato transnazionale, nell’illegalità o apparente legalità, a seconda delle leggi. 
Anche solo leggendo le cronache, appare evidente l’intreccio tra tratta e prostituzione con maggiore libertà di movimento, di cui parla Lydia Cacho nel suo libro inchiesta in giro per il mondo - come ad esempio nel caso del locale Pussycat di Roma, dove i gestori del locale mescolavano studentesse italiane e giovani rumene e di altre nazionalità di cui alcune “smistate” a papponi romeni per la prostituzione in strada. 
Non fa notizia in Italia che a una persona come José Moreno in Spagna sia stata data la licenza per aprire un altro mega-bordello nonostante fosse sotto inchiesta per tratta di esseri umani, né che in Germania Jürgen Rudloff (nella foto) possessore di tanti bordelli legali tra cui il Paradise di Stoccarda si sia semplicemente lavato le mani e sia rimasto incensurato quando è stato scoperto un giro di tratta che coinvolgeva anche il suo locale

In quale modo il variegato mondo dei veri protagonisti che fanno i veri profitti sulla prostituzione e sulla tratta per il mercato del sesso dovrebbe starsene inerte mentre donne nella prostituzione, fuoriuscite, intellettuali, femministe, liberi pensatori e politici si affannano nel dibattito e nelle proposte di legge? E infatti zitti lo sono solo apparentemente e non sempre lo sono. Non se ne sta zitto Dennis Hof, ad esempio, magnaccia legalizzato del Nevada, uomo potentissimo e ricchissimo, che già pensa ad espandere i suoi affari in Canada approfittando della nuova legge; non se ne sta zitta la tenutaria inglese Becky Adams che fa grande campagna per l’”assistenza sessuale” ai disabili. Persone come loro chiedono a gran voce la liberalizzazione e depenalizzazione del loro business e che la prostituzione sia riconosciuta professione come tutte le altre.
La maggior parte sta zitta ma non può che ritenersi la più grande beneficiaria occulta (o pilotatrice?) della grandissima campagna mondiale di normalizzazione-banalizzazione della prostituzione che non esita a utilizzare argomenti del femminismo e dei diritti umani per raccogliere consensi.

La regolamentazione-depenalizzazione-normalizzazione della prostituzione ha causato, dovunque sia stata adottata, la depenalizzazione dei profitti terzi sulla prostituzione, a volte nascosta e occultata dal semplice affittare delle camere d’albergo a prezzi salatissimi (come ad esempio avviene in Svizzera). Va da sé che il settore legale è poi una minima parte dell’industria che resta per lo più sommersa, ma appare legale e più “pulita” ai benpensanti, rassicurati dal fatto di non vedere in strada il mercato del sesso, o vederlo meno, a causa delle norme repressive che lo vietano.
Chi pensa che legalizzando l’industria della prostituzione e facendo finta che sia un lavoro come ogni altro si sconfiggano le mafie e la tratta “pecca di ingenuità” come dice Lydia Cacho, perché le mafie non hanno alcun interesse a rinunciare ai loro affari, né lo faranno. Ciò non potrà che aumentare invece il loro capitale di consenso e la loro impunità, perché sempre più gente penserà che le donne in prostituzione sono libere, felici e ben pagate, la domanda crescerà sempre di più e tacnicamente sarà sempre più difficile perseguire gli sfruttatori, una volta che questi siano diventati “manager”.

Basterebbe pensare alla tratta con vera e propria riduzione in schiavitù per il lavoro – nell’abbigliamento, nell’edilizia, nell’agricoltura -  che avviene tranquillamente nel moderno capitalismo sostanzialmente indisturbata, per far tremare una persona di buon senso al solo pensiero di far entrare la prostituzione nella sfera del “lavoro”.
E invece si sente tanto parlare di diritti, di pensione, ferie e malattia, come se l’industria del sesso fosse la città del sole e non il regno di efferati sfruttatori! Come se non avessimo già esempi concreti in tanti paesi, come la Germania, dove le tariffe per le donne sono crollate nei bordelli a tariffa fissa dove paghi un tot al mese e stai con quante vuoi. Più dici che la prostituzione in sé è una banale attività come altre e che frutta lauti guadagni più confermi la falsa versione di trafficanti e papponi che, con secoli di esperienza, attraggono le ragazze nel giro nella sostanziale connivenza degli stati e della società tutta, più aumenti la violenza dei clienti che vogliono sia soddisfatta ogni loro richiesta e si lamentano coi gestori dei bordelli della scarsa “professionalità” delle ragazze che hanno dolore e chiedono di smettere.
Si dice che si vuole togliere lo stigma alle donne in prostituzione, ma – come dice Rebecca Mott, sopravvissuta allo sfruttamento sessuale  - per toglierlo bisogna cominciare a considerarle innanzitutto esseri umani e non macchine per fare soldi o bambole di gomma a servizio dei clienti. E bisogna fare attenzione a non togliere invece lo stigma ai magnaccia, promuovendoli a manager di tutto rispetto come già accaduto in numerosi paesi! 

Come giovane donna che non si è personalmente prostituita, ma conosce ragazze ex vittime di tratta e donne fuoriuscite dalla prostituzione, posso dire che non voglio vivere in un mondo in cui la prostituzione sia considerata una buona opportunità di lavoro che le ragazze possono cogliere. Voglio avere il diritto di rivendicare istruzione, lavoro e reddito garantito, senza che mi si proponga l’industria del sesso come accettabile alternativa o mezzo per pagare rette universitarie sempre più esose, nascondendo la distruzione psico-fisica che porta con sé. Come donna femminista dico che “il corpo e mio e lo gestisco io” non significa che lo gestisce invece di me il mercato, il manager del sesso e il cliente. Ma proprio che lo gestisco io, cioè che la mia sessualità deve essere libera e non avere a che fare col mio sostentamento economico né con quello della mia famiglia e che gli uomini con cui stare li scelgo io.
Finché questo mondo non sarà un mondo per le donne, senza discriminazioni di classe e provenienza geografica, senza povertà, senza sopraffazioni di qualsiasi genere, io scelgo di non rendermi complice della schiavitù  e della violenza subita realmente da tante mie sorelle diventando sostenitrice dell’industria del sesso e delle sue bugie. 

Da secoli ci è stato insegnato che i bordelli erano necessari per la “salute maschile” o per la “prevenzione degli stupri sulle donne perbene” o perché la “cloaca non invadesse la città”. Ora il linguaggio è cambiato, perché dire certe cose è diventato impresentabile. E allora si parla di scelta delle donne, nonostante la quasi totalità delle donne in prostituzione dice che avrebbe desiderato e desidererebbe fare altro, nonostante la grandissima presenza nella prostituzione delle ragazze straniere ridotte in schiavitù e legate ad un debito.
Si continua a dare per naturale e indiscussa la scelta di milioni di persone – in grandissima maggioranza uomini – di fare sesso non consensuale e reciproco, senza essere desiderati, ma comprando l’accesso ai corpi col denaro. Penso che sia veramente arduo per ogni persona che si occupi di questione di genere continuare a ignorare questo nodo, il nodo della violenza intrinseca di questo atto non reciproco, fortemente apparentata con l’altra forma di violenza che è lo stupro, eppure per lo più si continua a ignorarlo persino in questi ambienti. Ben sapendo che tratta, prostituzione minorile e infantile, sfruttamento e violenze continueranno a esistere con qualunque legge perché le leggi a nulla possono dove non c’è rivoluzione del pensiero. Finché si continuerà a difendere la prostituzione con i soliti argomenti liberali senza sviscerare il funzionamento dell’industria del sesso e il suo legame concreto con la tratta, senza mettere seriamente in discussione la pratica del pagamento per l’accesso ai corpi,  ci saranno ben poche speranze di cambiamento.

martedì 30 luglio 2013

La Germania e i diritti dei magnaccia

Vista la propaganda martellante condotta soprattutto dai partiti di destra, ma con consensi bipartisan, per l'abrogazione della legge Merlin e il ritorno alla regolamentazione della prostituzione, penso che sia quantomeno doveroso informarsi di cosa si dice in quei paesi che hanno regolamentato e su come funziona realmente lì il sistema. 
Promuovendo il loro referendum, Angelo Alessandri e Matteo Iotti di Progetto Reggio e Luca Vezzani del Pdl ci assicurano: ''Una proposta referendaria che è anche una battaglia di civiltà che cerca di affrontare il tema della prostituzione ed i problemi ad essa inerenti in modo concreto. La riapertura delle 'case chiuse' e la loro regolamentazione permette innanzitutto di stroncare il racket della tratta di queste ragazze, evitando forme di schiavitù, e facendo in modo che anche le prostitute possano godere di diritti. In questo modo 'papponi' e 'magnaccia' perderanno il loro lavoro e la possibilità di vessare le ragazze sotto la loro protezione''.
Di diverso avviso sembra il quotidiano tedesco Der Spiegel in questo noto dossier tradotto da Maria Rossi che ringrazio. La traduzione è stata condotta su questa versione francese e confrontata col testo inglese

Bordello Germania
Come lo Stato incoraggia la tratta delle donne e la prostituzione
Der Spiegel, 26 maggio 2013

Quando la Germania, più di un decennio fa, ha legalizzato la prostituzione, i politici speravano che ciò creasse migliori condizioni e concedesse maggiore autonomia alle sex workers. Ma le cose non sono andate così. Lo sfruttamento della prostituzione e la tratta rimangono problemi gravi.

1 Come è fallita la legalizzazione della prostituzione
Sânandrei è un villaggio povero della Romania, composto di case scalcinate e di sentieri fangosi. Circa l'80% dei suoi abitanti più giovani è disoccupato e una famiglia può ritenersi fortunata se possiede un orto dove coltivare patate e legumi.
Alina è in piedi sulla soglia della casa dei suoi genitori, una delle più vecchie di Sânandrei. Indossa stivali di pelliccia e jeans. Parla del motivo per cui ha voluto abbandonare questa casa quattro anni fa, all'età di 22 anni. Parla di suo padre, che beveva e picchiava sua moglie, e abusava anche della figlia. Alina non aveva né soldi né lavoro.
Ha sentito parlare delle possibilità offerte dalla Germania dal fidanzato della sua amica. Ha appreso che là una prostituta poteva facilmente guadagnare 900 Euro al mese.
Alina ha iniziato a pensarci. Qualsiasi cosa le sembrava meglio che restare a Sânandrei. <<Pensavo che avrei avuto la mia stanza, il bagno e pochi clienti>>, dice. Nell'estate del 2009, lei e la sua amica sono salite sull'auto del fidanzato di quest'ultima e hanno attraversato l'Ungheria, la Slovacchia e la Repubblica Ceca fino a raggiungere la capitale tedesca - non il quartiere de Mitte collegato al centro, ma un luogo sito nelle vicinanze dell'aeroporto di Schönefeld, un locale il cui nome  rivelava molto del proprietario: "Airport Muschis" ("Le fighe dell'aeroporto"). La specialità di questo bordello era il sesso a tariffa fissa. Per 100 Euro un cliente poteva scopare per quanto tempo voleva e con quante donne desiderava.
E' successo tutto molto velocemente, spiega Alina. C'erano in quel posto altri Romeni che conoscevano l'uomo che le aveva portate lì. Hanno detto ad Alina di svestirsi e le hanno fatto indossare lingerie trasparente. Soltanto qualche ora dopo il suo arrivo,  si trovava ad accogliere i suoi primi clienti. Quando non si mostrava abbastanza gentile con la clientela, i Romeni le riducevano il salario.
I clienti berlinesi pagavano all'ingresso. Molti assumevano droghe per migliorare la performance sessuale e potevano  avere rapporti  per tutta la notte. Si formava spesso una fila di clienti davanti alla camera di Alina. Ella dice di aver smesso alla fine di contare quanti uomini venissero a letto con lei. <<Ho rimosso questa percezione>> - spiega. <<Ce ne erano così tanti, tutti i giorni!>>.

Chiusa a chiave
Alina dice che lei e le altre donne erano costrette a pagare ai magnaccia 800 Euro alla settimana. Condivideva un letto a una piazza con altre tre donne. Non c'era nessun altro mobile. Tutto ciò che ha visto della Germania è  stato il distributore di benzina Esso all'angolo, dove era autorizzata ad andare a comprare le sigarette e degli snack, ma soltanto  in compagnia di una guardia del corpo. Per il resto del tempo, dice Alina, veniva rinchiusa a chiave nel club.
Gli investigatori hanno appreso che le donne del club dovevano offrire prestazioni sessuali vaginali, orali e anali e avere rapporti con più uomini contemporaneamente in sessioni di gang-bang. Gli uomini non usavano sempre il preservativo. <<Non avevo il diritto di rifiutare nulla>>, spiega Alina. Durante le mestruazioni, si inseriva delle spugnette nella vagina, in modo che i clienti non se ne accorgessero.
Dice di non essere stata praticamente mai picchiata, come del resto le altre donne. <<I magnaccia dicevano di conoscere abbastanza gente in Romania che sapeva dove vivevano le nostre famiglie. Questo bastava [ad ottenere la nostra obbedienza]>>. Quando talvolta chiamava la madre con il cellulare, le mentiva e le parlava di una vita stupenda in Germania. Il giorno in cui un magnaccia le  versò 600 Euro, lei  riuscì a spedire i soldi alla sua famiglia.
La storia di Alina non ha nulla di eccezionale in Germania. Le organizzazioni umanitarie e gli esperti stimano che vi siano fino a 200.000 donne prostituite nel Paese.  Secondo diversi studi, fra cui una ricerca della Rete europea di prevenzione dell'HIV e delle malattie sessualmente trasmissibili e di promozione della salute delle sex workers emigrate (TAMPEP), dal 60% all'80% delle ragazze e delle donne che esercitano la prostituzione arrivano dall'estero, la maggioranza dalla Romania e dalla Bulgaria.
La polizia non poteva fare gran che per le donne come Alina. I magnaccia erano sempre pronti  ai controlli delle forze dell'ordine, dice Alina, e si vantavano di conoscere alcuni poliziotti. <<Sapevano quando  ci sarebbe stato un controllo>>, dice Alina, ciò che spiega perché lei non abbia mai osato confidarsi con un agente di polizia.
I magnaccia dicevano alle ragazze cosa dire esattamente alla polizia. Esse dovevano affermare di aver appreso, navigando in Internet nel loro Paese, in Bulgaria o in Romania, che si potevano guadagnare molti soldi lavorando in un bordello tedesco. Poi che avevano semplicemente acquistato il biglietto del pullman ed erano giunte al club un bel giorno, in perfetta autonomia.

Un tappeto di menzogne
E' probabile che tutti gli agenti di polizia che lavorano in un reparto che si occupa di prostituzione sentano continuamente queste menzogne. Lo scopo di questa finzione è di occultare ogni traccia di tratta. Queste menzogne diventano dichiarazioni che trasformano le donne come Alina in prostitute autodeterminate, in imprenditrici che hanno liberamente scelto la propria professione e alle quali la Germania desidera ora offrire buone condizioni di lavoro nel settore sessuale dell'industria dei servizi.
E' l'immagine della <<puttana rispettabile>> che sembra affascinare i politici: donne libere di fare ciò che amano, tutelate dal welfare, impegnate in un lavoro che adorano e titolari di un conto corrente nella banca di risparmio del posto. I sociologi le definiscono con un'espressione: <<sex workers migranti>>, ambiziose fornitrici di servizi che approfittano delle occasioni che oggi offre loro un'Europa sempre più unita.
Nel 2001, il Parlamento tedesco, il Bundestag,  con il consenso della coalizione di Governo che era al potere all'epoca (Partito socialdemocratico/ Partito dei Verdi), ha adottato una legge sulla prostituzione che si pensava migliorasse le condizioni di lavoro delle persone prostituite. Secondo la nuova legge, le donne potevano ricorrere alla magistratura per ottenere il salario cui avevano diritto, così come il pagamento dei contributi sociali e sanitari, dell'indennità di disoccupazione e della pensione. L'obiettivo della legge era quello di rendere la prostituzione un mestiere come quello dell'impiegata di banca o dell'assistente del dentista, un impiego accettato,  anziché ostracizzato.
Le donne che celebravano le lodi di un'industria del sesso autonoma si sono mostrate molto soddisfatte quando la legge è stata votata. Christine Bergmann (Partito socialdemocratico),   all'epoca Ministra della famiglia,  è stata vista  fare un brindisi a base di champagne con Kerstin Müller, all'epoca leader parlamentare dei Verdi, a fianco della gerente di un bordello berlinese, Felicitas Weigmann (oggi Felicitas Schirow). Le tre celebravano il fatto che in Germania gli uomini potessero ora frequentare le case chiuse senza il minimo scrupolo.
Oggi, molti poliziotti, associazioni femministe e politici uomini e donne che conoscono l'ambiente della prostituzione sono convinti/e che questa legge compiacente non sia che un programma di sostegno ai magnaccia e che essa renda il mercato più attraente per la pratica della tratta.

Rinforzare i diritti delle donne
Quando è stata promulgata le legge sulla prostituzione, anche il codice civile tedesco è stato modificato. L'espressione <<promozione della prostituzione>>, un reato, è stata sostituita da quella di <<sfruttamento della prostituzione>>. Il lenocinio rimane  un reato quando è <<abusante>> o <<coercitivo>>. Ma la polizia e i giudici sono frustrati, perché questi elementi di reato sono molto difficili da provare. Un prosseneta può essere considerato abusante, per esempio, se esige più della metà dei guadagni di una prostituta, ma di rado è possibile provarlo. Nel 2000, 151 persone sono state riconosciute colpevoli di lenocinio, mentre nel 2011 non se ne sono avuti che 32.
Le promotrici della legge si ponevano in effetti il fine di rafforzare i diritti delle donne, non quelli dei prosseneti. Speravano che i proprietari e le proprietarie delle case chiuse approfittassero dell'occasione per <<offrire buone condizioni di lavoro senza essere penalmente perseguibili>>, come si può leggere in una valutazione della legge redatta dal Ministero federale della Famiglia.
Prima dell'adozione della nuova legge, la prostituzione non era sanzionata penalmente, ma era considerata immorale. Le autorità tolleravano le case chiuse, designandole con l'eufemismo di <<affitto di una stanza per il commercio>>. Oggi, un po' più di 11 anni dopo che la prostituzione ha visto migliorare  la propria considerazione in virtù della legge adottata nel 2001, esistono tra i 3000 e i 3500 locali <<a luce rossa>>, secondo le stime dell'associazione che rappresenta gli interessi dell'industria: l'ErotikGewerbe Deutschland (UEGD). Il sindacato degli impiegati dei servizi pubblici Ver.di stima che i profitti annuali della prostituzione siano circa 14,5 miliardi di euro. 
Si stima che esistano 500 bordelli a Berlino, 70 a Osnabrück, una piccola città del Nord Ovest e 270 nel piccolo  Land della Saar, a Sud-Ovest, vicino alla frontiera francese. Molti francesi frequentano le case chiuse della Saar. A Berlino, il Sauna Club Artemis, situato presso l'aeroporto, attira numerosi acquirenti di sesso inglesi e italiani.
Le agenzie di viaggio propongono tour nei bordelli tedeschi che durano fino a 8 giorni. Queste escursioni sono <<legali>> e <<sicure>>, scrive un agente di viaggio sulla sua home page. I potenziali clienti si vedono promettere fino a 100 <<donne tutte nude>>, che portano solo scarpe con i tacchi alti. Sono accolti all'aeroporto e condotti nei club su auto BMW serie 5.

2. L'orrore della tariffa forfettaria
Oltre ai cosiddetti club o saune naturiste, dove i clienti  girano con  un asciugamano attorno ai fianchi, mentre le donne sono nude,  si sono diffusi in Germania anche i megabordelli. Essi pubblicizzano i propri servizi a tariffa forfettaria, a prezzo fisso. Quando ha aperto il <<Pussy Club>>, nei pressi di Stoccarda, nel 2009, la direzione ha annunciato l'apertura in questo modo: << Sesso con tutte le nostre donne, per tutto il tempo che volete, quante volte volete e in tutti i modi che volete. Sesso. Sesso anale. Sesso orale senza preservativo. Sesso in tre modi. Gang-bangs>>. Tutto ciò al prezzo fisso di 70 euro di giorno e di 100 euro la sera.
Secondo la polizia, circa 1700 clienti hanno approfittato di questa offerta nel week end d'apertura. I pullman arrivavano da molto lontano e i quotidiani locali hanno scritto che più di 700 uomini hanno atteso in fila all'esterno del bordello. Successivamente, alcuni clienti si sono lamentati sui forum Internet del carattere insoddisfacente del servizio e del fatto che le donne diventavano <<meno utilizzabili>> dopo qualche ora.
L'industria del sesso è diventata più dura, spiega un' operatrice sociale, Andrea Weppert, che lavora con le prostitute da più di 20 anni, nel corso dei quali il numero delle prostitute è triplicato. Secondo Weppert, più della metà delle donne non ha una residenza stabile, ma si sposta piuttosto da una località all'altra, in modo da poter guadagnare più  denaro, essendo <<nuova>> in ciascuna città.
Oggi <<una percentuale elevata di donne che si prostituiscono non rientra a casa dopo il lavoro, ma resta invece 24 ore al giorno sul luogo di lavoro>>, ha scritto una ex prostituta con lo pseudonimo di Doris Winterdans nel suo contributo ad un'antologia universitaria: "Il diritto della prostituzione". <<Le donne vivono generalmente nei posti dove lavorano>>, spiega.
A Nuremberg, spiega l'operatrice sociale Weppert, un posto per dormire in tali locali costa dai 50 agli 80 euro al giorno e il prezzo può arrivare sino a 160 euro nei bordelli che ospitano molte prostitute. Le condizioni di lavoro delle donne prostituite sono <<peggiorate nel corso degli ultimi anni>>, spiega. <<In Germania, nel complesso,  sono offerti molti più servizi sessuali in condizioni più rischiose e per meno denaro che 10 anni fa>>.

Prezzi in caduta libera
A dispetto dell'aggravarsi delle condizioni, le donne affluiscono in Germania, il principale mercato della prostituzione nell'Unione Europea, un fatto che confermano anche i proprietari delle case chiuse. Holger Retting, della lobby UEGD [n.d.t l'associazione dei gestori dei bordelli], dice che l'afflusso di donne dalla Romania e dalla Bulgaria è considerevolmente aumentato in seguito all'adesione di questi due Paesi alla UE. <<Ciò ha comportato un ribasso dei prezzi>>, dice Rettig, che nota come il mercato della prostituzione sia caratterizzato da <<un'economia liberista di mercato piuttosto che da un'economia sociale di mercato>>.
Il capo della polizia di Monaco, Wilhelm Schmidbauer, deplora <<l'aumento esplosivo della tratta proveniente dalla Romania e dalla Bulgaria>>, ma aggiunge di non aver accesso agli strumenti necessari per svolgere le indagini. Gli è spesso proibito di utilizzare le intercettazioni telefoniche. Il risultato, dice Schmidbauer, <<è che noi non perseguiamo praticamente nessuno per tratta. Non riusciamo a provare che esista>>.
Questi ostacoli rendono difficile individuare coloro che portano ai bordelli tedeschi <<prodotti>> dagli angoli più remoti d'Europa, prodotti come Sina. Ella ha raccontato agli psicologi di un centro di informazione delle donne di Stoccarda il suo viaggio verso i bordelli a tariffa forfettaria della Germania. A Corhana, il suo paese d'origine, vicino alla frontiera che separa la Romania dalla Moldavia, la maggior parte delle case non ha l'acqua corrente. Sina e le altre ragazze del paese si recavano ad attingere acqua dal pozzo tutti i giorni. Era come una scena di Cenerentola. Tutte le ragazze sognavano che un giorno arrivasse un uomo che le strappasse alla loro vita disperata.
L'uomo, che è infine arrivato al pozzo del paese su una grande BMW, si chiamava Marian. Per Sina, fu un colpo di fulmine. Egli le disse che in Germania vi era lavoro e i suoi genitori firmarono un modulo, in quanto lei era minorenne, che le permetteva di lasciare il paese. Passando per Schifferstadt nel Land di sud ovest della Renania-Palatinato, l'uomo fece sbronzare Sina e andò a letto con lei.
Marian condusse Sina al "No Limit", un bordello a tariffa forfettaria. La ragazza aveva solo 16 anni e dice di aver avuto rapporti anche con 30 clienti al giorno. Marian le dava ogni tanto qualche centinaio di euro. Temendo i controlli della polizia, l'uomo la rinviò infine in Romania. Ma lei ritornò e continuò a lavorare come prostituta. Sperava che un cliente si innamorasse di lei e la salvasse.

<<Nessun apprezzabile miglioramento>>
La legge del 2001 sulla prostituzione in Germania ha migliorato la situazione delle donne come Sina?  Cinque anni dopo la sua promulgazione, il Ministero della Famiglia  sottopose a valutazione la nuova legge. Il rapporto indicava che gli obiettivi erano stati << raggiunti parzialmente >> e che la deregolamentazione non aveva <<apportato alcun apprezzabile miglioramento reale alla sicurezza sociale delle prostitute>>. Non erano migliorate né le loro condizioni di lavoro, né la possibilità di lasciare la professione. Infine, non esisteva << alcuna solida prova>> che la legge avesse ridotto la criminalità.
Nessun tribunale aveva celebrato un processo in cui una prostituta avesse citato in giudizio il suo datore di lavoro per questioni salariali. D'altra parte, soltanto l'1% delle donne intervistate aveva dichiarato di aver sottoscritto un contratto di lavoro come prostituta. Il fatto che il sindacato Ver.di avesse approntato un <<modello di contratto di lavoro nel campo dei servizi sessuali>> non aveva assolutamente cambiato le cose.
In un sondaggio realizzato da Ver.di, la gestrice di un bordello ha detto di apprezzare la legge sulla prostituzione, perché riduce il rischio dei controlli della polizia. Nei fatti, ha detto, la legge è più vantaggiosa per i gestori dei bordelli che per le donne che si prostituiscono.
Per esercitare un'attività di vendita di alimentari su mezzi mobili in Germania, bisogna attenersi alla norma DIN 10500/1, che riguarda <<i veicoli di vendita  dei cibi deperibili>> e che impone, ad esempio, l'obbligo di installare distributori di sapone e di asciugamani monouso. Un gestore di bordello non è sottoposto ad alcuna restrizione. Tutto ciò che deve fare è segnalare alle autorità la data di apertura del suo locale.
Le donne che si prostituiscono continuano a non registrarsi presso le autorità. Ad Amburgo, nota per il suo quartiere <<caldo>>: il Reeperbahn, solo 153 donne sono in regola e si sono registrate all'ufficio delle imposte della città. Il governo vuole che le prostitute paghino le tasse. Deve pertanto elaborare una regolamentazione della professione?
La strana posizione che assume il governo nell'industria del sesso è particolarmente evidente nel caso delle prostitute di strada di Bonn. Ogni sera, esse devono pagare un ticket emesso da un parcometro, un ticket che vale fino alle ore 6 del giorno successivo. Il ticket costa 6 euro.

Un Big Mac per far sesso
Nella zona nord di Colonia, dove le prostitute tossicomani lavorano sulla Geestemünder Strasse, non lontano dalla fabbrica di assemblaggio della Ford, non è riscossa alcuna imposta.  Nel quadro di un progetto sociale           , sono stati istituiti quelli che vengono definiti <<box di lavoro>>. Sono sostanzialmente dei luoghi di sosta circondati da mura e riuniti sotto il tetto di un hangar, dove si possono avere rapporti sessuali in auto. Malgrado la totale assenza di cartelli che indichino che l'installazione serve all'esercizio della prostituzione, sui muri della zona recintata è visibile il limite di velocità di 10 Km all'ora che fa circolare le auto in senso antiorario.
In una fredda sera di primavera, una ventina di donne si sono riunite ai bordi della zona. Alcune hanno portato delle sedie da camping, mentre altre si sono sedute sotto pensiline riadattate. Quando un cliente si è accordato sul prezzo con una delle donne, la conduce in uno degli stand. Ci sono otto stands sotto il tetto dell'hangar, oltre ad una stanza a parte per i ciclisti e per i pedoni, con il pavimento di cemento e una panchina. C'è un pulsante d'allarme in ciascun box e un'organizzazione cattolica, che fornisce servizi sociali destinati alle donne, sorveglia la zona ogni sera.
Alia, 23 anni, con la parrucca bionda, indossa una camicetta troppo stretta e tenta di dissimulare l'alito che sa di alcool, succhiando una mentina. Parlando di sé e delle altre prostitute di strada, Alia dice: <<Quelle che lavorano qui hanno dei grossi problemi>>.
Il percorso che ha condotto Alia a Geestemünder Strasse è iniziato quando ha lasciato la scuola e si è fidanzata con un ragazzo che l'ha indotta a prostituirsi. <<Sono le difficoltà economiche e sentimentali>> che l'hanno indotta a prostituirsi, dice, e successivamente si sono aggiunte al tutto la marijuana, la cocaina, le anfetamine e l'alcool. <<Non c'è prostituzione senza costrizione e povertà>>, dice. Sono tre anni che passeggia sul marciapiede. <<Una donna che se la passa bene, non fa questo genere di lavoro>>, dice.
Il costo del sesso orale e della penetrazione vaginale   era in passato di 40 euro sulla  Geestemünder Strasse. Ma quando la vicina città di Dortmund ha chiuso la sua zona di esercizio della prostituzione, sono arrivate a Colonia molte più donne, dice Alia. <<Ci sono sempre più donne ora ed esse riducono  i prezzi per arrivare a guadagnare ciò che basta per sopravvivere>>. Le Bulgare e le Romene accettano persino di essere pagate meno di 10 euro al rapporto, dice. <<C'è persino una donna qui che accetta di fare sesso in cambio di un Big Mac>>.

3. La Germania ha un problema di tratta degli esseri umani
Sono poche le donne dell'Europa dell'Est che si prostituiscono ancora sulla Geestemünder Strasse. Sono state allontanate in seguito ai controlli periodici dei passaporti effettuati dalla polizia, una misura diretta ad individuare e a proteggere le vittime della tratta e della prostituzione coatta. Oggi queste ragazze esercitano la prostituzione di strada nel quartiere sud di Colonia, ma ciò comporta ugualmente una riduzione dei prezzi nel quartiere nord.
Nel 2007, Carolyn Maloney, rappresentante democratica dello Stato di New York e fondatrice di un comitato anti-tratta al Congresso degli Stati Uniti, ha redatto un testo sulle conseguenze della legalizzazione della prostituzione nella e attorno alla Mecca del gioco d'azzardo: Las Vegas. <<C'era una volta - ha scritto -  la convinzione naif che legalizzare la prostituzione consentisse di migliorare la vita delle prostitute, di eliminare la prostituzione nelle zone dove rimaneva illegale e di scacciare il crimine organizzato. Come tutte le fiabe, anche questa convinzione si è rivelata essere pura fantasia>>.
I poliziotti tedeschi che pattugliano i quartieri caldi si lamentano di essere appena in grado di iniziare le inchieste nei bordelli di oggi. La Germania è diventata <<il centro dello sfruttamento sessuale delle giovani donne dell'Europa dell'Est, così come un'area di attività dei gruppi del crimine organizzato di tutto il pianeta>>, spiega Manfred Paulus, investigatore capo in pensione della città meridionale di Ulm. Ha lavorato come investigatore alla buoncostume e ora informa le donne in Bulgaria e nella Bielorussia  del pericolo di lasciarsi attirare dalla Germania.
Se ci si fida delle sole statistiche, la Germania non ha alcun problema di prostituzione e di tratta. Secondo l'Ufficio federale della polizia criminale (BKA), si sono avuti nel 2011 soltanto 636 casi segnalati di <<tratta di persone a fini di sfruttamento sessuale>>, cioè quasi un terzo in meno che 10 anni prima. 13 vittime avevano meno di 14 anni e  altre 77 meno di 18 anni.
Tuttavia, esistono molte donne dei paesi della UE <<la cui condizione suggerisce che siano vittime della tratta, ma è difficile fornire prove che reggano in tribunale>>, si legge nel rapporto della BKA. Dipende tutto dalla testimonianza delle vittime, scrivono gli autori, ma si nota <<scarsa volontà di cooperare con i servizi di polizia e di assistenza sociale, in particolare nel caso delle presunte vittime della Romania e della Bulgaria>>. E dopo che le donne hanno osato dire qualcosa, le loro denunce <<vengono spesso ritirate>>.

Le condanne si riducono
Uno studio condotto dall'Istituto Max Planck di diritto penale straniero e internazionale ha concluso che le cifre ufficiali sulla tratta ci dicono <<poco sull'incidenza reale di questo reato>>.
Secondo un rapporto sulla tratta recentemente consegnato dalla Commissaria Europea  per gli Affari Interni, Cecilia Malmström, ci sono più di 23.600 vittime di tratta nella UE,  due terzi   delle quali  sessualmente sfruttate. La signora Malmström, originaria della Svezia, osserva come alcune bande criminali abbiano  intensificato le proprie operazioni. Tuttavia, dice, il numero delle condanne è in diminuzione, perché i poliziotti sono  sopraffatti  dagli sforzi di lottare contro la tratta. La commissaria esorta la Germania a fare di più per risolvere questo problema.
E se la legge tedesca sulla prostituzione avesse l'effetto concreto di favorire i trafficanti? La legge ha, nei fatti, incentivato la prostituzione e, con essa, la tratta?
Axel Dreher, professore di politica internazionale e dello sviluppo all'Università di Heidelberg, ha tentato di rispondere a queste domande, confrontando dati  raccolti in 150 Paesi. Le cifre erano imprecise, come lo sono tutte le statistiche relative alla tratta e alla prostituzione, ma Dreher è stato in grado di estrapolare dai dati una tendenza: quando la prostituzione è legale in un Paese vi si trovano più vittime di tratta che altrove.
La maggior parte delle donne che vengono in Germania per diventare prostitute non sono rapite in strada e la maggior parte di loro non crede seriamente di andare a lavorare in una panetteria tedesca. Più frequentemente, sono donne come Sina che si innamorano di un uomo e lo seguono in Germania, o come Alina, che sanno che diventeranno prostitute. Ma capita molto spesso che non sappiano quanto sarà difficile la loro condizione e non sospettano affatto che potranno conservare solo una piccola parte del denaro guadagnato.
Certi casi sono ancora più sconvolgenti. Nel dicembre scorso, il pubblico della televisione tedesca è rimasto scandalizzato dal telefilm "Wegwerfmädchen (Ragazze usa e getta), un episodio della serie di genere poliziesco "Tatort", ripreso nella Germania del nord, ad Hannover. Vi si vedevano  alcuni magnaccia gettare due giovani donne gravemente ferite in un  cassonetto dei rifiuti dopo un'orgia. Soltanto qualche giorno dopo la trasmissione di questo episodio , la polizia di Monaco ha trovato una ragazza in lacrime e semi svestita, abbandonata in un piccolo parco.

Il mastio dell'Isar
La Romena di 18 anni era fuggita da un bordello. Ha detto ai poliziotti che tre uomini e due donne l'avevano avvicinata in strada nel suo villaggio natio. Gli sconosciuti le avevano promesso un posto di baby sitter. Quando sono arrivati a Monaco, ha detto, le hanno bendato gli occhi e l'hanno portata in una cella sotterranea, la cui porta si apriva soltanto con un codice di sicurezza.
Un'altra giovane ragazza era seduta sul letto a castello della stanza buia, dice, e si  udiva lo scroscio dell'acqua dietro le mura. I poliziotti ipotizzano che il nascondiglio si trovasse in una fabbrica abbandonata nei pressi del fiume Isar, che attraversa Monaco. Gli uomini l'hanno stuprata e, quando lei si è rifiutata di lavorare in un bordello, l'hanno picchiata, ha raccontato.
Gli agenti erano dapprincipio increduli, ma la giovane ragazza ricordava i nomi dei magnaccia. Questi sono stati arrestati e sono attualmente in carcere. Poiché si sono rifiutati di rispondere alle domande, il sinistro mastio non è ancora stato ritrovato e la giovane Romena beneficia ora del programma di protezione dei testimoni di reati.
Talvolta le ragazze sono inviate in Germania dalle loro stesse famiglie, come Cora, proveniente dalla Moldavia. Ha 20 anni, si guarda le mani affondate nelle tasche della giacca. Calza pantofole di peluche sulle quali sono cuciti due grandi occhi. Cora dimora in una locanda gestita da un centro di assistenza romeno delle vittime della tratta. Quando le ragazze hanno 15 o 16 anni in Moldavia, spiega la psicologa di Cora, i fratelli e i padri spesso dicono loro: <<Puttana, vattene e inizia a guadagnare!>>.
I fratelli di Cora hanno condotto la loro sorella, carina e agghindata, a lavorare in una discoteca della città più vicina. Faceva la barista, ma ha incontrato un uomo che aveva dei contatti in Romania: <<Mi ha detto che potevo guadagnare molti più soldi nelle discoteche romene>>. Cora se ne è andata con lui, dapprima in Romania, poi in Germania.

<<Un processo di emancipazione>>
Dopo essere stata stuprata tutto il giorno a Nuremberg, testimonia Cora, ella sapeva che  lavoro avrebbe dovuto fare. L'hanno portata in una casa chiusa di Frauentormauer, uno dei più vecchi quartieri <<caldi>> della Germania. Riceveva gli uomini nella sua stanza, anche per 18 ore al giorno. Afferma che anche alcuni poliziotti venivano al bordello come clienti: <<Non hanno notato nulla. Oppure, non gliene importava niente>>.
Il locale era molto frequentato nei giorni precedenti il Natale del 2012. Cora racconta che il suo magnaccia ha preteso che lavorasse 24 ore di fila. Quando lei si è rifiutata, lui  l'ha ferita con un coltello al volto. La ferita sanguinava così tanto che Cora è stata autorizzata a recarsi all'ospedale. Un cliente, di cui ricordava il numero di cellulare, l'ha aiutata a fuggire in Romania, dove Cora ha denunciato il suo carnefice. Costui le ha telefonato recentemente, dice, minacciandola.
Malgrado storie come queste, gli esponenti della classe politica berlinese non si sentono sollecitati ad agire. Questo si spiega in parte perché, nel dibattito sulla prostituzione, una posizione ideologicamente corretta  conta di più delle realtà più atroci. Per esempio, quando la Facoltà di scienze applicate di Amburgo ha tenuto una conferenza sulla prostituzione in Germania, un anno fa, uno dei partecipanti ha dichiarato che la prostituzione, in quanto lavoro sessuale riconosciuto, era <<parte di un processo di emancipazione e di professionalizzazione>>.
Tali asserzioni scandalizzano Rahel Gugel, professoressa di diritto. <<E' assurdo. Questo non ha nulla a che vedere con la realtà>>, dice. Insegnante di diritto del lavoro sociale all'Università statale cooperativa di Baden-Württemberg, Gugel ha conseguito una tesi in diritto della prostituzione e ha lavorato per un'organizzazione umanitaria.
I promotori della legalizzazione sostengono che ogni persona ha il diritto di dedicarsi  liberamente a qualsiasi attività lavorativa. Certe femministe arrivano anche a celebrare l'emancipazione delle donne che si prostituiscono, perché, dicono, le donne dovrebbero essere libere di fare ciò che vogliono del proprio corpo. Nella prassi, tuttavia, si constata rapidamente quanto poco chiara sia la linea di demarcazione tra la prostituzione volontaria e quella coatta. Donne come Alina e Cora si prostituiscono volontariamente e assumono decisioni autonome? <<E' politicamente corretto in Germania rispettare le decisioni individuali delle donne>>, spiega l'avvocato Gugel. <<Ma se si vogliono proteggere le donne, non è certo questo il modo di farlo>>.

4 L'approccio errato di Berlino
Secondo Rahel Gugel, molte donne vivono situazioni emotive ed economiche difficili. Vi sono prove che attestano che un numero  superiore alla metà delle prostitute ha subito abusi o ha avuto genitori negligenti durante l'infanzia. Vi sono studi che  mostrano come molte di loro soffrano di sindrome da stress post-traumatico. Le prostitute soffrono di depressione, di disturbi d'ansia e di tossicomanie  in una percentuale molto più elevata del resto della popolazione. La maggior parte di loro è stata stuprata, molte anche più volte. Nei sondaggi, la maggioranza delle donne afferma che abbandonerebbe immediatamente la prostituzione se potesse.
Certo: ci sono anche donne che decidono  che è preferibile vendere il proprio corpo piuttosto che sistemare i prodotti sugli scaffali dei supermercati. Ma c'è motivo per credere che esse costituiscano una minoranza che è rumorosamente rappresentata da qualche donna proprietaria di bordelli e dalle lobbyste pro-prostituzione come Felicitas Schirow.
Il diritto tedesco adotta un approccio fondamentalmente sbagliato, spiega la professoressa Gugel. Per proteggere le donne, spiega, bisogna limitare la prostituzione e sanzionare gli acquirenti di sesso. Ma la sua è una voce isolata in Germania.
Non è  così dappertutto in Europa.  Alcuni Paesi che avevano imboccato una strada simile a quella tedesca, hanno fatto marcia indietro e seguono ora piuttosto l'esempio degli Svedesi. Due anni prima che la Germania adottasse la sua legge sulla prostituzione, la Svezia ha scelto l'approccio inverso. L'attivista Kajsa Ekis Ekman lotta per convincere il resto  dell'Europa ad imitare il suo Paese. A seguito della pubblicazione di un libro nel quale descrive le condizioni di vita delle prostitute ("L'être et la marchandise", Montréal, M editeur, 2013), Ekman viaggia da una città europea all'altra, come un'ambasciatrice della lotta contro la tratta.
A metà aprile, la campagna di Ekman l'ha portata a KOFRA, un centro di donne di Monaco. Bionda, dagli occhi blu, Ekman è piccola ed energica. Seduta su una stretta sedia di legno, parla così tanto che la sua tazza di caffé ha il tempo di raffreddarsi - come se non avesse abbastanza tempo per  esporre tutte le argomentazioni che è diventato urgente  affermare.
Mentre studiava a  Barcellona,  Ekman ha condiviso un appartamento con una donna che lavorava come prostituta. Ha visto come i magnaccia dominavano le loro dipendenti. <<Ho iniziato ad interessarmi alla questione e ad impegnarmi quando ho visto il modo in cui la mia coinquilina vendeva il proprio corpo>>, dice. Di ritorno in Svezia, ha manifestato stupore per un dibattito pubblico sull'amore libero e sull'autodeterminazione delle prostitute. <<Quello che avevo osservato era molto diverso>>, dice Ekman.

Punire i clienti, non le prostitute
Nel 1999, quando la Svezia ha reso illegale l'acquisto di servizi sessuali, i suoi vicini europei hanno manifestato  incredulità.  Per la prima volta erano gli acquirenti di sesso e non le prostitute che venivano sanzionati.
<<La prostituzione si sta ora dispiegando nell'ombra>>  scrisse l'influente giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, affermando che si trattava di <<una sconfitta per il movimento delle donne in Svezia>> e  osservando che  nel Paese era attivo un <<femminismo dogmatico>>. Ma una società che si vuole libera  dai moralismi può punire gli uomini che frequentano prostitute? Sì, lo può, risponde Ekman, citando i successi realizzati nel suo Paese, dove sempre meno uomini pagano per fare sesso e dove coloro che lo fanno si sentono sempre più a disagio: <<Prima della promulgazione della nostra legge un uomo su otto in Svezia era stato con una prostituta>>, dice, notando che oggi questa proporzione si è ridotta ad uno su dodici.
Certo, la prostituzione esiste ancora in Svezia, ma quella di strada si è ridotta della metà. Anche il numero totale delle prostitute è diminuito, passando da circa 2500 a circa 1000-1500 donne. Alcuni magnaccia conducono ancora su furgoncini alcune donne dell'Europa dell'Est nel Paese e si accampano spesso alla periferia delle città, ma la prostituzione non è più un grande affare in Svezia. I detrattori della legge replicano che è aumentata la prostituzione negli appartamenti e in rete e che certi uomini si recano ora nei bordelli dei Paesi baltici o dell'Europa dell'Est.
La legge svedese non si fonda sul diritto della prostituta di assumere decisioni autonome, ma sulla parità tra uomini e donne, iscritta nelle costituzioni svedese e tedesca. La questione, in termini molto semplici, è che la prostituzione rappresenta una forma di sfruttamento e deriva  sempre da uno squilibrio di poteri. Gli/le svedesi affermano che il fatto che gli uomini possano comprare delle donne per fare sesso alimenta una percezione della donna che pregiudica la parità dei diritti e danneggia  tutte le donne.

Aiutate il mio bordello
La Svezia punisce, dunque, i clienti, i prosseneti e i trafficanti, ma non le prostitute. Questo approccio mira a soffocare la domanda di servizi sessuali a pagamento e a rendere questa attività non redditizia per i trafficanti e per gli sfruttatori. Da due anni, gli Svedesi hanno aumentato da sei a dodici mesi di reclusione la pena massima  che rischiano di buscare i clienti.
Benché la polizia svedese non si mostri sempre particolarmente solerte nel perseguire i clienti, ha comunque arrestato più di 3700 uomini dopo il 1999. Nella maggior parte dei casi, costoro sono stati condannati soltanto al pagamento di un'ammenda. Alcune persone contestano ancora in Svezia i meriti di questa legge restrittiva, ma essa gode di un considerevole appoggio da parte della popolazione. Dieci anni dopo la sua promulgazione più del 70 per cento degli Svedesi hanno dichiarato di  appoggiare la punizione degli uomini che pagano per ottenere sesso anziché quella delle prostitute che vengono pagate.
In Germania, al contrario, la situazione è tale che il canale televisivo RTL II trasmette un programma nel quale un'équipe chiamata: <<Aiutate il mio bordello>> fa il giro del Paese visitando <<bordelli tedeschi in difficoltà>> per stimolarvi l'industria del sesso, offrendo buoni consigli. Sono iniziative di questo tipo ad aver indotto Alice Schwarzer, editrice della rivista femminista EMMA, a prevedere <<come obiettivo a breve termine>> in Germania l'avvio di un <<dibattito sociale che sfoci nella condanna della prostituzione piuttosto che, come accade oggi, nella sua accettazione e persino nella sua promozione>>.
Pierrette Pape crede che l'immagine che si offre della prostituzione nei diversi Paesi  non sia priva di effetti. <<Oggi in Svezia un ragazzino cresce sapendo che l'acquisto di sesso è un reato. Nei Paesi Bassi, il ragazzino cresce imparando che alcune donne sono sedute dietro alle vetrine e che le si può ordinare come qualsiasi prodotto di consumo di massa>>. Pape è la portavoce della Lobby europea delle donne a Bruxelles, un'organizzazione che coordina 2000 organizzazioni femministe in Europa.
Pape trova <<sorprendente>> che la Germania non riveda seriamente le proprie politiche sulla tratta. <<Si è acceso un dibattito in tutta Europa e noi speriamo che i politici e le organizzazioni umanitarie tedesche accordino in futuro maggiore attenzione ai diritti umani rispetto a quanta glie ne  abbiano finora accordata >>.
Molti Paesi europei si conformano ormai al modello svedese. In Islanda, che ha adottato una legislazione simile, i politici hanno in animo anche di vietare la pornografia in rete.  Dal 2009 anche la Norvegia punisce i clienti delle prostitute. E a Barcellona è illegale ricorrere ai servizi di una prostituta di strada.

Il metodo francese
In virtù di una legge finlandese promulgata nel 2006, gli uomini possono essere puniti per aver acquistato i servizi di una prostituta che lavora per uno sfruttatore o che è vittima della tratta. Ma provare che gli uomini siano a conoscenza di questa situazione si è rivelato impossibile. Il Ministero finlandese della Giustizia sta preparando un rapporto sull'opportunità per la Finlandia di adottare semplicemente il modello svedese.
Anche in Francia molti vogliono imitare la Svezia. Poco prima di entrare in carica, l'attuale Ministra dei Diritti delle donne, Najat Vallaud-Belkacem, ha annunciato audacemente: <<Il mio obiettivo, come quello del Partito socialista, è di veder sparire la prostituzione>>, ha dichiarato al Giornale della Domenica. Alcuni politici e sociologi hanno immediatamente deriso questa idea, qualificandola come <<utopistica>> e alcune prostitute hanno manifestato nelle strade di Lione e di Parigi.  Il progetto di legge di Vallaud-Belkacem prevede una pena massima di sei mesi di carcere e un'ammenda dall'ammontare massimo di 3000 euro per i clienti. Ma ci vorrà probabilmente un  po' di tempo prima che la Ministra  riesca ad imporre la sua idea al Governo.
E in Germania? I politici di Berlino litigano sul cambiamento  di dettagli insignificanti della legge sulla prostituzione, poi finiscono per non far niente. Nel 2007, la Ministra della Famiglia dell'epoca, Ursula von der Leyen, esponente della CDU (Unione Cristiano Democratica), il partito della cancelliera Angela Merkel, ha proposto di subordinare i bordelli all'approvazione del Governo, con l'appoggio di una delle colleghe della CDU, Annegret Kramp-Karrenbauer, all'epoca Ministra dell'Interno della Saar (e ora governatrice di questo Land). Ma le due politiche non sono riuscite a convincere la maggioranza del loro partito e nulla è cambiato.
Nel 2008, la Conferenza delle Ministre della Parità e delle Donne ha tentato di introdurre un regolamento che sottoponesse i gestori dei bordelli a un test di affidabilità. Esse hanno consultato i loro colleghi della Conferenza dei Ministri dell'Interno, ma non  si è approdati a nulla.

5.  L'inerzia
Nel 2009, alcuni politici della CDU, del Partito Socialdemocratico, del Partito liberaldemocratico e dei Verdi  del Land del   Baden-Württemberg hanno sollecitato una presa di posizione del Bundesrat, il corpo legislativo che rappresenta gli Stati tedeschi, contro <<la formula disumana dei servizi sessuali a prezzo forfettario>>. Ma alla legge non è stato apportato alcun cambiamento.
Quanto ai Paesi Bassi, essi hanno scelto la via della deregolamentazione giuridica due anni prima della Germania. Ma oggi sia il Ministro della Giustizia olandese che i politici del Paese ammettono che non si sono registrati miglioramenti tangibili  per le prostitute. Esse godono generalmente di condizioni di salute peggiori rispetto al passato e un numero sempre più elevato di prostitute è costituito da tossicomani. Secondo le stime della polizia olandese, dal 50% al 90% delle prostitute dei Paesi Bassi non pratica la propria attività volontariamente.
Lodewijk Asscher, del Partito socialdemocratico, ritiene che la legalizzazione della prostituzione sia stata <<un errore nazionale>>. Il governo olandese si prepara ora a rafforzare la legge per combattere l'incremento della tratta e della prostituzione coatta.
I Tedeschi non ci pensano proprio a rivedere la legge. I Verdi, che hanno svolto un ruolo così determinante nel sostenere la legge sulla prostituzione 13 anni fa, non manifestano alcun ripensamento. Un portavoce di Kerstin Müller, che era leader parlamentare del Partito dei Verdi all'epoca, dice che oggi ella è interessata ad altre questioni. Irmingard Schewe-Gerigk, anche lei una deputata di primo piano dei Verdi nel periodo in cui la legge è stata adottata, dichiara: <<La legge era buona. E' vero, invece, che avremmo dovuto applicarla in modo più sistematico>>. Stranamente, la signora Schewe-Gerigk è ora presidentessa dell'organizzazione femminista Terredes Femmes, che mira ad instaurare una <<società senza prostituzione>>.
Il terzo promotore della nuova legge, Volker Beck, continua anche lui a sostenerla oggi. Beck, ex portavoce della politica giuridica del suo partito, chiede, tuttavia, nuovi programmi di sostegno e di abbandono dell'industria [del sesso] da parte delle donne. Ma afferma che la Svezia non può servire da modello per la Germania. <<Un divieto non migliora le cose, perché la prostituzione si svolgerebbe allora in posti difficili da sorvegliare>>, dice, aggiungendo: <<Gangs criminali assumerebbero il controllo dell'industria>>, come se oggi essa fosse nelle mani di rispettabili uomini d'affari.

Dominio dell'illegalità
Qualche sua collega dei Verdi non è d'accordo. <<Gran parte dell'industria è già oggi dominio dell'illegalità>>, dice, per esempio, Thekla Walker di Stoccarda. Presidentessa dell'organizzazione dei Verdi nel suo Land, la signora Walker ha cercato di modificare l'approccio del suo partito alla questione della prostituzione.
<<La prostituta autonoma che immaginavamo noi quando nel 2001 è stata promulgata la legge sulla prostituzione, quella che contratta da pari a pari con il proprio cliente e può soddisfare i propri bisogni con il proprio reddito, costituisce l'eccezione>>, si legge in una mozione che Walker ha presentato nel corso di un'assemblea del partito il mese scorso. Le leggi attuali, prosegue il documento, non proteggono le donne dallo sfruttamento, ma accordano loro <<semplicemente la libertà di farsi sfruttare>>. I Verdi, scrive Walker, non hanno il diritto di chiudere gli occhi dinanzi alle <<catastrofiche condizioni di vita e di lavoro di un gran numero di donne che si prostituiscono>>.
E' però quello che essi hanno fatto. Walker ha ritirato la sua mozione, non avendo la minima chance di ottenere l'approvazione della maggioranza dei Verdi, anche se il partito ha dichiarato che si dovrebbe  valutare l'opportunità di apportare dei miglioramenti alla legge.
In Germania, coloro che sono contrari alla legalizzazione sono considerati <<moralisti>>, spiega la professoressa di diritto Gugel. D'altra parte, aggiunge, lei non ha la sensazione <<che i politici nutrano molto interesse per la questione>>.
In compenso, Kristina Schröder, la Ministra della Famiglia, ha effettivamente tentato di reprimere la tratta e la prostituzione coatta. Tuttavia, <<malgrado sforzi molto intensi, non è stato possibile ottenere l'unanimità dei quattro Ministri interessati>>, ha dichiarato il Ministero della signora Schröder in un comunicato stampa. La sua volontà di regolamentare i bordelli in modo più stringente è naufragata dinnanzi all'opposizione della Ministra della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger. Quest'ultima considera qualsiasi riforma della legge inutile e ripete il vecchio argomento, ossia che la legge tedesca permette alle donne di uscire dall'illegalità, mentre la legge svedese le obbliga a lavorare in nero.
Considerato tale disaccordo, sarebbe un miracolo se il governo pervenisse ad una decisione che consentisse di tutelare più efficacemente le vittime della tratta. Altrimenti le donne dovranno continuare ad arrangiarsi da sole.

E' tutto legale
Alina di Sânandrei è riuscita a fuggire dal bordello "Le fighe dell'aeroporto". Durante un controllo della polizia, lei e altre dieci donne si sono rifugiate in un ristorante turco del quartiere. Il fratello del proprietario, che era un cliente, ha nascosto le donne e ha affittato un pullman a proprie spese. Poi ha cercato di farle arrivare in Romania. I magnaccia hanno tentato di fermare il pullman, ma le donne sono riuscite a fuggire.
Alina è ritornata a vivere con i suoi genitori. Non ha raccontato loro quel che ha vissuto. Lavora, ma non vuol dire che lavoro faccia. Il  salario, dice, la basta per acquistare i biglietti del bus, gli abiti e qualche cosmetico.
Alina si reca talvolta presso l'AIDRom, un centro di consulenza per le vittime di tratta, sito nella città romena di Timisoara Ovest, dove parla con la psicologa Georgiana Palcu, che cerca di trovarle un posto da apprendista parrucchiera o cuoca. Palcu spiega che le conversazioni con le giovani donne che sono ritornate dalla Germania <<sono molto lunghe e difficili>>.  Lei le incoraggia ad essere ottimiste. Ma non si fa illusioni. Anche se una ragazza riesce ad ottenere un posto da apprendista, non accetterà probabilmente l'impiego, perché  queste attività non offrono più di 200  euro al mese, per un lavoro che dura 40 ore alla settimana. Di conseguenza, dice Palcu, molte di quelle che sono ritornate dalla Germania dopo essere state maltrattate, lavorano di nuovo come prostitute. <<Che posso dire loro?>> chiede. <<E' la realtà. Non si può vivere con 200 euro>>.
"Le fighe dell'aeroporto", il bordello di Schönefeld, non esiste più. E' stato sostituito dal "Club Erotica" che non offre tariffe forfettarie. Ma i clienti  possono godere di molte altre opportunità nella regione. A qualche chilometro di distanza, a Schöneberg, il King George ha adottato la formula del prezzo forfettario. Il suo gestore  promuove il proprio locale con lo slogan "Geiz mach Geil" "L'avarizia vi rende ciechi". Per 99 euro, i clienti possono abbuffarsi di sesso e di alcool fino all'ora di chiusura del locale. Il sesso anale, il sesso orale non protetto e i baci con la lingua si pagano a parte. E il King George propone un "gang-bang party" tutti i lunedì, i mercoledì e i venerdì.
E' tutto legale.