venerdì 16 dicembre 2011

I veri protagonisti dell'industria del sesso - 2


Come accennavo nel precedente post della serie, trovo fondamentale scoprire i veri protagonisti dell'industria del sesso commerciale, coloro che fanno soldi, ma davvero tanti soldi su questo business. Stranamente di questi personaggi non si parla mai e si parla solo delle prostitute, come se il fenomeno della prostituzione nel mondo attuale si esaurisse in una transazione privata tra una donna (o un uomo, o un transessuale) adulta, libera e indipendente e un cliente che paga per una prestazione sessuale. Quel che importa a una non piccola parte dell'opinione pubblica è soltanto che questo tipo di transazioni si svolgano lontano dagli occhi per salvaguardare il "decoro urbano" e la "moralità della famiglia" e al più si vuol essere rassicurati che non vi siano coinvolti minori o bambini. Indagare e capire invece chi guadagna e chi muove le fila del sistema prostituzionale, chi lo copre anche nei suoi aspetti illegali, chi se ne serve e a quali fini, interessa a ben pochi. Certo non fa glamour come una rivista patinata che reclamizza un bordello del Nevada o non suscita fantasie macabre, come un romanzo che ricama storie fantastiche sui mercanti di donne. E' semplicemente brutale e asettico, come un conto cifrato a nove zeri.
La protagonista di oggi è Matilde Manukyan, nata nel 1914 e morta nel 2001 e che è stata probabilmente la donna più ricca della Turchia e tra le persone più ricche del mondo. Prima di riportare integralmente quel che dice su di lei Lydia Cacho in "Schiave del potere", accennerò qualcosa sull'industria prostituzionale e la tratta in Turchia. In questo paese lo sfruttamento della prostituzione è legale al punto da esserci un bordello governativo diviso in tre edifici dove lavorano 131 donne adulte, oltre agli altri bordelli autorizzati dallo stato per un totale di circa mille lavoratrici registrate in tutto. Contemporaneamente ci sono tantissime case private che funzionano da bordelli illegali, per cui le organizzazioni stimano la presenza di circa 100.000 prostitute illegali, soprattutto moldave, russe, georgiane, ma anche rumene, cinesi, filippine, cingalesi, la cui venuta in Turchia e sfruttamento sono gestiti soprattutto dalla mafia albanese e russa in collaborazione con la mafia turca. Secondo i dati della OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) dal 1999 al 2010 250.000 persone sono state assoggettate a tratta di vario tipo, passando per la Turchia, data la sua posizione strategica tra Asia ed Europa e la sua contiguità con i Balcani. Il governo turco, che tiene all'entrata a pieno titolo nell'Unione europea (o almeno ci teneva fino a questa recente crisi) ha firmato gli accordi internazionali sulla tratta facendo vedere che se occupava, ma secondo l'informatore di Lydia Cacho - un poliziotto specializzato in questo settore - in realtà in Turchia la prostituzione è considerata una cosa normale e nessuno se ne vuole occupare davvero neanche quando consiste nella vera e propria schiavitù del racket o quando coinvolge minorenni.Il turco medio è abituato a questa doppia morale, tipica di ogni paese molto religioso: le prostitute turche sono poche perché una legge degli anni '30 ancora in vigore proibisce alle prostitute di sposarsi e avere figli e contemporaneamente usufruire della prostituzione con straniere è accettato correntemente (c'è anche un aspetto razzista che è la preferenza dei turchi per le donne dell'est, dalla pelle bianca e le gambe lunghe). Così come è proibito mostrare in pubblico la propria omosessualità, e contemporaneamente nelle case illegali specializzate in turismo sessuale ci sono 2000 transessuali, con un servizio perfettamente organizzato in cui si accettano anche carte di credito. La corruzione di funzionari pubblici, ambasciatori, poliziotti e l'accondiscendenza con la tratta sono all'ordine del giorno. Del resto il governo turco guadagna direttamente o indirettamente da questo affare, con i suoi bordelli legali di cui i migliori clienti (ma anche di quelli illegali) sono i numerosissimi militari presenti nel paese (che ha la seconda forza armata NATO dopo quella statunitense). Contemporaneamente l'industria del turismo fattura 21 miliardi di dollari all'anno e il turismo del sesso è in sensibile aumento, compreso quello dei pederasti.

Ma veniamo ora a Matilde Manukyan, la regina dei bordelli turchi prima dell'avvento delle mafie straniere negli anni '90:

Matilde Manukyan, di origini armene, nacque in Turchia nel 1914 da famiglia aristocratica. Educata dalle suore francesi in una delle migliori scuole private, si sposò e rimase vedova, ereditando un bel palazzo nel quartiere rosso di Karakoy. Nel corso degli anni diventò la regina dei bordelli: ne controllava 32, oltre a possedere 14 edifici in cui operavano reti di prostituzione legale. Fu segnalata più di una volta per sfruttamento sessuale di bambine; tuttavia i suoi stretti rapporti con le autorità le assicurarono protezione vita natural durante. Il governo turco arrivò addirittura a premiarla - con tanto di diploma - per essere stata la cittadina che aveva pgato più imposte in un quinquennio (dal 1990 al 1995). Tutti i suoi profitti derivavano dal commercio sessuale. Nel 1975 un attentato dinamitardo colpì la sua autovettura, ma grazie a dodici interventi di chirurgia ricostruttiva riuscì a sopravvivere. Matilde si era procurata molti nemici nelle nuove mafie dei trafficanti. A partire dal 1990 le organizzazioni criminali transnazionali sconvolsero il mondo della prostituzione turca e lei, abituata a esserne la regina, rifiutò di pagare la protezione delle mafie, colluse con la polizia.
Nel 1996 si riuscì a dimostrare pubblicamente lo sfruttamento di minorenni nei suoi bordelli e l'alta società, che le aveva sempre fatto scudo, le girò le spalle. Smascherata come trafficante Matilde annunciò di essersi convertita all'Islam e, secondo il profeta Maometto, chi si converte all'Islam risponde solo dei peccati commessi dopo la conversione. Più tardi, appoggiata dal governo, con un'operazione che molti giudicarono indegna, utilizzò il denaro guadagnato dalla tratta e dallo sfruttamento di bambine per far erigere una magnifica moschea. Sebbene, a quanto si dice , Allah l'avesse perdonata, una buona parte della società turca continua a riferirsi a lei come a una "trafficante di donne e bambine". E' risaputo che i rapporti fra Matilde e la polizia turca furono molto stretti fino al 2001, quando morì e fu assolta grazie alla sua conversione religiosa. [seguono ,ma devo ometterle per brevità, intervista a Ulla, siriana che fu rapita e venduta a Istanbul a un uomo che la portò a Matilde e resa dipendente dall'oppio e a Sonya originaria del Montenegro che sapeva di essere destinata alla prostituzione e pagò il debito per tre anni]
La storia di Matilde Manukyan, la grande maitresse turca, è un esempio perfetto di come alcune ruffiane si trasformino in trafficanti di schiave sessuali. Non solo lavorano con il sistema alleandosi con polizia e governo, ma si spingono a mettere in piedi attività lecite in modo riconosciuto e addirittura stimato all'interno di determinati gruppi sociali, incluse le élite aristocratiche e politiche. Una volta inserita nel sistema della prostituzione legale, Manukyan si fece strada nell'ambito del traffico di minori. In seguito trasformò il denaro ricavato dal traffico di donne e bambine in solidi investimenti, arrivando a possedere, prima di morire, tre alberghi a cinque stelle, 120 appartamenti in varie località turistiche della Turchia, una ditta di esportazioni e un'impresa di autonoleggio con autista con un parco di macchine di oltre 300 modelli di marca. Nella sua collezione figuravano Rolls Royce, Mercedes-Benz e BMW. Costruì anche un albergo in Germania e possedeva un megayacht di lusso nel quale ospitava i suoi potentissimi amici.

Il caso di Matilde aiuta a cogliere la complessità necessaria ad analizzare, al di là del panico morale, la differenza tra prostituzione e sfruttamento sessuale ai fini commerciali. In quale momento una donna coinvolta nella prostituzione legale decide di rendere schiave adolescenti e bambine? Quante ruffiane come Matilde esistono nel mondo che in questo preciso momento stanno compiendo scelte decisive per la vita e il futuro di una bambina o di un'adolescente in nome del principio: " Se va bene per me, va bene per chiunque?" Che cosa succede quando prostituzione e tratta si incrociano? Quando la persona che gestisce le prostitute ha potere economico e politico, allora nulla si può fare per disarticolare la rete di schiavitù interna al sistema legale. (da Schiave del potere, di Lydia Cacho, Roma, Fandango, 2010, pp. 35-38)

2 commenti:

  1. Grazie Valentina S., parlare dei casi concreti mi sembra la migliore risposta a chi teorizza la regolamentazione della prostituzione volontaria.

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  2. Grazie a te, Paola! Sinceramente in questo blog evito di proposito di approfondire il tema dal punto di vista legislativo, anche perché trovo che la proposta di una legge piuttosto che di un'altra, oltre a non rappresentare mai la panacea per i problemi (spesso c'è una legge ma non è applicata e di fatto vige un altro ordinamento) sia sempre mal posta se non si sa quali sono gli interessi in gioco, in cosa consiste il sistema che si vorrebbe regolamentare o combattere. Io piuttosto mi sto orientando per quel che posso a raccogliere informazioni su come funzioni realmente questo sistema della prostituzione e dei suoi legami col traffico di persone. Parlare di prostituzione come se fosse un fatto privato tra due adulti e poi voler regolamentare questo fatto privato mi sembra fortemente contraddittorio. Cosa c'entra lo Stato con le relazioni tra le persone? Il punto vero è che la prostituzione non è un fatto privato, ma nei suoi aspetti legali come in quelli illegali (che variano da paese a paese) è soprattutto un grande business di terzi che muove miliardi su miliardi, addirittura un business su cui si regge il PIL di molte nazioni (persino un paese civile come l'Olanda fonda il 5% del PIL sull'industria del sesso). Se non si coglie questo importantissimo aspetto, ogni discussione rischia di restare astratta e inutile. Prostituzione volontaria e forzata pure sono concetti troppo astratti. Si possono applicare abbastanza correttamente nel caso di minorenni o di vittime di tratta che stanno scontando un debito da pagare e che sono evidentemente in condizioni di prostituzione forzata (sia che sapessero di doversi prostituire prima di partire che nel caso non lo sapessero). Ma una vittima di tratta che ha pagato il debito e pure non riesce a uscire da questo sistema perché non trova alternative oppure una ex vittima di tratta minorenne che compie la maggiore età, teoricamente rientrerebbero nella prostituzione volontaria. Ancora, se per esempio si considerano le adolescenti vietnamite di cui parla Lydia Cacho che volontariamente si recano ogni giorno nel bordello di un certo "Olandese" e poi tornano a casa a dormire dai genitori che le mandano a prostituirsi, il concetto di "forzato" può sfumare. Nessuno costringe quelle ragazze o le imprigiona. Come nessuno costringe le ragazze povere del Congo a prostituirsi per un piatto caldo. Eppure, considerare questi fenomeni non problematici, normalizzare la a schiavitù sessuale, è palesemente contrario a un'idea pur minima di diritti umani. Il mondo sta accettando che per tante donne e bambine sia normale la prostituzione come risposta alla povertà. Così è per le ragazze nigeriane da cui dipendono le famiglie che sanno solo protestare se le ragazze non vogliono più fare quella vita e non mandano più i soldi al paese. Il punto è se vogliamo accettare che sia normale che le donne non siano fatte studiare, che perdano il lavoro se incinte o che non lavorino affatto ec.. e che poi siano incoraggiate alla prostituzione da un intero contesto sociale,(e da un'industria che fa affari d'oro) oppure consideriamo questo un gravissimo sopruso da combattere.

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