venerdì 8 giugno 2012

Memorie di un'infamia

Avrei voluto fare una recensione anche di Memorie di un'infamia, il secondo libro di Lydia Cacho che è stato pubblicato in Italia e di cui parlo anche qui.
Il tempo per ora è mancato e così posto qui l'inizio di una bella recensione che è stata fatta da Maggie's blog, rinviando il resto della lettura a quel blog.
Del caso di Jean Succar Kuri e Kamel Nacif, argomento del libro, ho parlato anche qui, prima ancora che in Italia arrivasse Memorie di un'infamia.

Lydia Cacho è una giornalista messicana che nel suo sangue porta l’eredità di sciamani, navigatori e uomini liberi. È cresciuta a stretto contatto con realtà difficili, grazie all’attività filantropica della madre che se la portava appresso durante le sue escursioni quotidiane tra i più poveri. Quando Lydia un giorno le chiese perché ci fossero bambini che crescevano nelle discariche dei rifiuti, sua madre rispose: “E’ un’ingiustizia, un’ingiustizia bella e buona. E siccome voi siete in grado di soffrirne e capirlo, siccome avete il privilegio dell’istruzione e di tre pasti al giorno, avete anche l’obbligo di prepararvi perché le cose, nel vostro paese, cambino”.
Lydia prese il testimone che sua madre passò quel giorno, e lo portò avanti con orgoglio quasi a costo della vita.
Decise di focalizzarsi sui diritti delle donne: in Messico, le statistiche Onu del 2007 parlavano di una donna (o una bambina) stuprata ogni 18 secondi. La stessa Lydia Cacho era stata vittima di uno stupro.
Fondò un centro di accoglienza, che diventò poi un vero e proprio rifugio dove le donne potevano stare dai 3 ai 5 mesi prima di entrare nel programma di reinserimento sociale.

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