sabato 12 maggio 2012

Prostitu(i)te. Uomini, donne e le catene invisibili dello sfruttamento sessuale

Posto qui l'inizio di un post molto interessante di Alessia su Un altro genere di comunicazione, che riferisce sul convegno "Prostitu(i)te" tenutosi il 9 maggio a Milano. Grazie Alessia!

Mercoledì 9 maggio ho partecipato ad un convegno sul tema della prostituzione presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca coordinato da Patrizia Farina, Responsabile dell’Osservatorio Tratta e vittime di sfruttamento – Orim.
L’iniziativa era volta a portare in superficie un fenomeno largamente diffuso in Italia di cui però si parla ancora troppo poco e sul quale vengono poste domande sbagliate che non fanno altro che mistificare la realtà, evidenziando un problematico buco conoscitivo di consapevolezza. Oltre ad indagarne la portata e a svelare i retroscena di sfruttamento e sofferenza che accompagnano il fenomeno e che evidenziano un’emergenza democratica del paese, l’incontro poneva un quesito fondamentale: come si declinano le identità di genere rispetto alla domanda di prostituzione?
E’ chiaro che non possiamo più separare l’analisi del quadro di violenza di genere che fa parte ormai del nostro quotidiano e che comprende una cultura fortemente patriarcale, la mercificazione dei corpi, la sopraffazione nel rapporto tra i generi, il femminicidio e le relazioni di potere sociale ed economico che intercorrono tra uomo e donna dal tema della prostituzione.
La posta in gioco è insomma molto alta: si tratta di combattere un fenomeno di ordinaria normalità nel rapporto tra i generi ponendosi come obiettivo la civiltà.
Il convegno si è aperto con un quadro storico ed evolutivo del fenomeno. In breve dopo la legge Merlin del 1958, la lotta contro lo sfruttamento e l’impegno verso la liberazione della sessualità femminile degli anni ’70, sembrava che la prostituzione potesse considerarsi un fenomeno marginale nell’illusione di una parità di genere quasi raggiunta. Invece da 15 anni a questa parte assistiamo a un fatto che è sotto l’occhio di tutti: ogni notte sulle strade delle nostre città compaiono trans, ragazzini ma soprattutto donne prevalentemente rumene, nigeriane e albenesi che vengono prostituite in un intreccio tra immigrazione, criminalità organizzata e traffico di esseri umani e che testimoniano un fenomeno stabile, se non in crescita.
Le realtà che stanno dietro a queste storie raccontano di situazioni degradanti di povertà e sofferenza, di paesi d’origine dai quali si vuole scappare, di false promesse e debiti contratti per l’effettuazione del viaggio, rapimenti o famiglie desiderose di mandare le figlie in occidente per una vita migliore che poi si rileva invece un incubo. Assoggettamento, minacce, violenze, annullamento dell’identità, sottrazione dei documenti, forte condizionamento psicologico da parte dei trafficanti, alienazione.
I ragazzi delle unità mobili di contatto e gli operatori sociali che lavorano nei centri di prima accoglienza lo sanno bene. E sanno anche quanto sia difficile per queste persone uscire dal giro di sfruttamento, quanto sia difficile rimanere in contatto con le prostitute che vengono continuate spostate sul territorio per farne perdere le tracce, quanto sia difficile guadagnarsi la fiducia da parte di queste ragazze giovanissime che non sanno cosa sia la libertà d’azione e di scelta, che conoscono solo la sopraffazione, le minacce e la violenza.
Durante il convegno sono stati per me illuminanti gli interventi di Lea Melandri (Libera Università delle donne di Milano), impegnata da quarant’anni nel movimento delle donne, e Stefano Ciccone, (Associazione Maschile Plurale), che in un confronto tra generi hanno portato alla superficie la questione del rapporto sociale e sessuale tra femminile e maschile che è sotteso anche al fenomeno della prostituzione.
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