Condivido anche qui la lettera inviata da me al programma Le storie di Corrado Augias (lestorie@rai.it), segnalatomi da Paola, lettrice attenta di questo blog (grazie, Paola!). La trasmissione è visibile a questo indirizzo e penso vada vista, per rendersi conto di cosa viene veicolato e come alle nuove generazioni. Gentile Corrado Augias,
sono rimasta spiacevolmente sorpresa dal tenore della trasmissione "Le storie" da lei condotta il 3 febbraio scorso con ospite in studio Giuseppe Scaraffia.
Il tema della prostituzione è stato banalizzato, affrontato in modo superficiale, con diverse approssimazioni e inesattezze, tra risatine compiaciute e allusive che rimandano a un modello vecchio di uomo. Un uomo intento a compiacersi di un secolare preteso privilegio del proprio genere, e a crogiolarsi in comodi stereotipi sessisti.
Troppo comodo nascondere infatti le responsabilità di un'intera società e il problema sempre taciuto della grande domanda maschile di sesso a pagamento, dietro luoghi comuni come "il mestiere più vecchio del mondo". Che, tra parentesi, è semmai il protettore, come ricorda con saggezza la famosa giornalista messicana e attivista dei diritti umani Lydia Cacho nel suo libro "Schiave del potere" che, posso immaginare, né lei né Scaraffia avete letto.
Durante la trasmissione, è stata portata avanti la tesi della inevitabilità di uno scambio sessuo-economico come fondamento dei rapporti donna-uomo, come se per le donne la migliore condizione possibile possa essere divenire la favorita di un uomo molto potente, da cui ricevere graziosi benefici, scambiando "bellezza" e sesso con denaro. A quanto pare decenni di lotte delle donne di tutto il mondo sono passati invano e caduti nell'oblio, in buona compagnia con la senatrice Lina Merlin di cui neanche ricordavate il nome, mentre Scaraffia si produceva in una parodia su Marthe Richard, senza rispetto alcuno di figure che hanno fatto la storia.
Mi chiedo soprattutto cosa ha potuto imparare quella classe di liceo ospite in studio da quanto ascoltato. Soprattutto penso alla giovane ragazza, la cui domanda legittima - quale background socioculturale fa sì che una donna possa vendere per necessità il proprio corpo, la parte più nostra che possediamo? - è stata liquidata come mal posta, senza essere accolta ed elaborata, senza neanche meritare una risposta.
Di certo quei ragazzi non hanno potuto imparare da voi chi sono gli sfruttatori della prostituzione, da cosa si genera la domanda, chi sono le ragazze sulle nostre strade, argomenti che non sono stati neanche sfiorati. Neanche un accenno è stato fatto alla tratta di donne e ragazze ai fini di sfruttamento sessuale e alle gravi violazioni di diritti umani basilari che l'accompagnano. Proprio qualche giorno fa, altre tre giovani ragazze nigeriane sono state uccise, il corpo di una buttato in una discarica di spazzatura, la notizia pressocché ignorata dai principali quotidiani. Ma tanto l'importante è che ci siano "discariche sessuali" - proprio questo il termine usato da Scaraffia e da lei non contestato - in posizione strategica nelle periferie, così da assicurare una funzione sociale ritenuta da sempre necessaria da parte del potere, ma rigorosamente lontano dagli occhi delle persone "perbene" e salvaguardando l'urbano decoro e il "valore del proprio immobile". A proposito, visto che il suo programma racconta storie italiane,mi permetto di suggerirle di invitare per una prossima puntata Isoke Aikpitanyi, che può raccontarle stavolta "500 storie vere" realmente accadute oggi nel nostro civile paese.
Gentile Augias, mi duole dirle che mi sono vergognata per lei,soprattutto perché davanti a voi c'erano quei giovani ragazzi incolpevoli che oggi si stanno aprendo al mondo e a cui Scaraffia ha suggerito in conclusione quasi esplicitamente di fare anche loro "quest'esperienza".Così che i giovani, prima ancora di aver scoperto la loro propria maschilità, diventino magari le nuove leve che riconfermino negli anni a venire il triste primato italiano per il turismo sessuale nel mondo.
Stia certo che una nuova generazione di donne e di uomini sta crescendo che si fa molte più domande, che non si limita a recepire passivamente il vecchiume secolare della società sessista che ci è stata tramandata. Che non si riconosce nei modelli dominanti e li rovescia e ridiscute, che sente forte la responsabilità che abbiamo per i figli e le figlie che verranno.