E' uscito da poco il secondo libro di Isoke Aikpitanyi, coraggiosa attivista nigeriana che opera a favore delle vittime della tratta nel nostro Paese, fondatrice col suo compagno del progetto "La ragazza di Benin city".Lo segnalo, nell'attesa di leggerlo al più presto e di recensirlo qui sul blog.
Si tratta di una inchiesta molto ben documentata con 500 storie vere di ragazze schiavizzate nel nostro Paese dal connubio tra criminalità nigeriana e italiana e nella pressocché totale acquiescenza delle istituzioni, delle forze dell'ordine - che troppo spesso diventano a loro volta carnefici - e dei media che poco denunciano il fenomeno, compresi i tanti omicidi di molte ragazze.
La schiavitù a fini di sfruttamento prostituzionale riguarda le nigeriane, ma anche tante altre ragazze immigrate dai paesi dell'Est Europa, dalla Cina, dall'America latina. Troppo spesso da noi il dibattito sulla prostituzione non tiene conto a mio avviso abbastanza di questo aspetto del problema da cui invece dovrebbe partire ogni analisi sul tema. Si oscilla su questi argomenti tra l'approccio liberale e quello ipocritamente scandalizzato per la decenza sulle strade, entrambi drammaticamente errati e dannosi quando si assume il punto di vista delle vittime dell'industria del sesso.
Riporto di seguito una interessantissima intervista del 2008 ad Isoke Aikpitanyi, e un link a un'intervista più recente.
IN STRADA NON CI SONO PROSTITUTE MA SCHIAVE
Il problema non è la prostituzione e non è la clandestinità
La maggior parte delle ragazze che si prostituiscono nelle strade italiane sono vittime della tratta e sono schiave. Bisogna liberarle e basta, il che vuol dire offrir loro una concreta via di uscita. La via di uscita non può esser permetter loro di prostituirsi in quartieri a luce rossa o in aree "protette", perché saranno sempre i trafficanti a gestire tutto. E non può essere proporre loro di fare delle cooperative e di autogestirsi come prostitute, perché non sono venute a fare le prostitute, quindi se offriamo loro solo questa opportunità, non le liberiamo. Molte "sembrano" determinate a prostituirsi solo perché si sono rassegnate e adattate, perché non possono fare altro, spesso non hanno istruzione e sempre sono respinte dalla società.
Non sono delle criminali, ma delle vittime. Non sono io a dire queste cose, non io sola. Sono solo una voce, ma sono la voce dell’unica associazione vittime ed ex vittime che esiste. Perché politici, operatori sociali, preti e suore, poliziotti, giornalisti tutti vogliono dire la loro e non ascoltano noi? Come si può affrontare un problema e pensare di risolverlo senza ascoltare i protagonisti.
Io, come tante, come quasi tutte quelle che sono uscite dalla tratta, ho atteso a lungo prima di trovare una via di uscita che non mi era offerta; neanche quando mi hanno quasi uccisa perché ho detto il mio NO ai trafficanti, qualcuno mi ha teso una mano e allora è chiaro che da anni ciò che si fa "a favore" delle vittime della tratta è sbagliato o non risolve un bel nulla. Questa è la verità.
Retate, CPT, galera, rimpatri… quel che sta facendo o vuol fare il governo non è una novità, lo hanno fatto tutti i governi, solo che oggi se ne parla di più e se ne faranno di più.
Ma non si dica che così si liberano le schiave, perché è vergognoso raccontare bugie così grosse a persone che muoiono come mosche per arrivare qui, che qui sono uccise da trafficanti e balordi (più di 200 in tre anni), che qui sono massacrate di botte e solo a volte vanno in ospedale, che quando ci vanno è perché sono in condizioni gravissime, che abortiscono in modo terribili, che partoriscono e si vedono togliere i figli o dai servizi sociali o dai trafficanti che li tengono come ostaggi, che devono pagar un debito che arriva a 80 mila euro, che sempre più spesso sono minorenni, che sono senza istruzione e senza cultura, che credono in demoni tribali, che qui si ammalano, che qui sono stuprate ogni giorno, ecc. ecc. E il problema sarebbe la prostituzione?
Gli italiani vedono solo quella, e questo è vergognoso… non il fatto che tante giovani stiano in strada. Queste ragazze non sono un pericolo, ma vivono ogni giorno in pericolo. E i clienti? Ci si renda conto che il maggior numero di ragazze che esce dalla tratta è sostenuta da un cliente-ex cliente-amico-fidanzato-marito. Ma come? I clienti alimentano la domanda e sono responsabili della tratta ma sono anche la risorsa più concreta per le ragazze che vogliono tirarsi fuori? Segno evidente, anche questo, che la risposta data dalla politica e dalla società al problema delle vittime della tratta in genere non è adeguata.
Isoke Aikpitanyi
Associazione vittime ed ex vittime della tratta del Progetto la ragazza di Benin City
da http://www.storiemigranti.org/spip.php?article300
Link a un'altra intervista:
http://www.noppaw.net/?p=261